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Compendio storico della Valle Mesolcina/Capitolo XVIII

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Capitolo XVIII

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CAPITOLO XVIII.

(dal 1496 al 1525.)

Unione colla Lega Griggia; alleanza cogli antichi Cantoni, sanguinose battaglie; prodi della Mesolcina; Benedetto Fontana; pace coll’Austria; Milizia vallerana; Servizio estero; il figlio di due padri; definizione di confini; occupazione della Valtellina e Chiavenna; sommersione di Campo Bagigno; primo Congresso di riforma ecclesiastica.





La Mesolcina per assicurarsi che Pietro de Sax non venisse più ad offenderla, ma particolarmente per far parte d’un già alleato popolo al pari libero, trattò nel 1496 con la Lega Griggia, la quale accettò la Valle per l’ottavo Comun Grande di essa Lega, convenendo di [p. 104 modifica]sottomettersi alle leggi, statuti, ordini e decreti di essa Lega come appare alla convenzione chiamata la Carta dei cinque sigilli; e d’allora in poi i popoli della Mesolcina e Calanca furono riconosciuti come membri di quella Lega, e come tali presero sempre, parte in tutte le guerre che la Repubblica ebbe a sostenere in sostegno della sua libertà, nelle varie altre sopportate in seguito per vincolo d'unione, nella conquista e riconquista della Valtellina e Chiavenna, ed in tutti i trattati od alleanze che le Tre Leghe avevano incontrate od incontravano.

Magno Trivulzio il quale tre anni prima aveva comprato dai Conti di Verdemberg la Signoria della Val Reno, fu quegli che contribuì affinchè la Mesolcina venisse aggregata alla Lega Griggia.

Verso la fine del 1498 la repubblica delle Tre Leghe, ed i primi sette Cantoni vecchi stimarono opportuno di conchiudere una stretta unione d’alleanza contro qualunque nemico della loro ottenuta libertà, e ciò antevedendo un’imminente rottura coll’Austria, che da qualche tempo ed in diversi modi cercava di nuovamente soggiogare al suo imperio quei liberi paesi.

La Mesolcina come membro della Lega Griggia dovette prender parte nelle guerre e consecutive otto battaglie successe nei primi sei mesi dell’anno [p. 105 modifica]1499 in difesa della comune indipendenza contro Massimiliano I Imperatore d’Austria, nei quali sanguinosi fatti i Mesolcinesi erano accompagnati da due pezzi d’artiglieria che avevano levati dal castello di Mesocco, il di cui proprietario Giacomo Trivulzio come vallerano non osò opporsi a quell’utile consegna.

Allorché i Mesolcinesi erano in cammino per quella loro prima retica e sacra intrapresa, giunti sulla sommità della montagna di s.Bernardino, Giacomo Toscano, Donato Marca, Giovanna Sonvico, Pietro Tognola, Giulio Merino, Antonio Molina, e molti altri risoluti, come i prodi di Morgarten, rivolti verso la valle, e stendendo le loro mani sopra l'artiglieria che seco conducevano, giurarono di ritornare vittoriosi, o di morire piuttosto, difendendo la libertà della comune patria.

Si trova lodevolmente menzionato che in qull'occasione molte donne mesolcinesi aocompagnarono i loro mariti, parenti ed amici sino sulla sommità della montagna portando le loro armi e provvigioni, ed alcune d’esse bramavano persino di poter far parte di quella spedizione, ciocchè non fu loro permesso.

Nella Cronica di Sprecher si trovano nominati alcuni eroi griggioni che più si distinsero e che fecero maravigliosi prodigi nelle otto sopraccen[p. 106 modifica]nate battaglie, in cui rimasero morti venticinque mila austriaci, e solo ottocento griggioni e confederati1, fra i quali anche alcuni mesolcinesi perirono gloriosi in quella santa causa, ma sgraziatamente non ci sono conservati i memorabili loro nomi.

Accennando i vittoriosi elvetici fatti d’arme di quelle gloriose giornate, Enrico Zschokke2 cita il sorprendente eroismo di Benedetto Fontana, il quale all’assalto della Malseraida ritenendo con la sua sinistra mano le interiora che gli uscivano per larga ferita, combatteva colla destra eccitando coraggiosamente i suoi compatrioti alla vittoria, e spirò poco dopo. Il notaro Tomaso Castellino il quale ci ha lasciate alcune memorie suii fatti successi in quei primi tempi della mesolcinese retica libertà, pretende che gli antenati del citato Eroe fossero cittadini di Mesocco, uno dei quali era andato già lungo tempo avanti a stabilirsi nel centro della Rezia, patria di sua moglie. In fatti la Comune di Mesocco possiede ancora oggidì di quell'antica famiglia. Sprecher descrivendo questo fatto dice solo che Benedetto Fontana era Ritter d’Ober-Halbstein, vallata che si trova nella Lega delle Dieci Drit[p. 107 modifica]ture, e Giovanni Ardüser nella sua Descrizione delle più auliche e rinomate famìglie della Rezia chiama B. Fontana Cavaliere, Governatore e Colonnello, senza però notificare il luogo di sua nascita. Poco fa si sono trovate nell’archivio di Dissentis alcune relazioni concernenti quegli antichi fatti, dietro le quali pare che Fontana appartenesse alla nominata Comune, ciocché non distrugge però le congetture del notaro Castellino.

Le sanguinose battaglie del 1499 le quali riuscirono di tanta gloria e vantaggio ai Griggioni e Svizzeri, risolsero l'Imperatore a conchiudere con loro una pace che fu segnata in Basilea nel mese di settembre dell’istess’anno; dopo il qual tempo tutte le Potenze europee cercarono generale od individuale amicizia, alleanza ed ajuti dai Cantoni confederati.

Nella prima Radunanza del 1500 d’Assemblea Generale che si tenne in Lostallo, si fissò che i membri del Magistrato governativo e quelli dei Tribunali civili dovessero d’allora in avanti restare due anni consecutivi in carica. In quella Riunione si passò pure alla formazione d’un regolamento sulla milizia vallerana, determinando che dovesse aver un Capo, due Capitani, ed un numero sufficiente d’Alfieri che erano gli ufficiali subalterni. Al Capo della milizia fu dato il titolo di Pannerher, nome che portavano già [p. 108 modifica]simili capi d’alcuni altri Comuni grandi della Repubblica. Il Pannerher era nominato a vita, ma gli altri ufficiali soltanto per due anni, dopo i quali potevano però venir riconfermati, ciocché d’ordinario accadeva. In quell’istessa Riunione generale si nominarono tali ufficiali, scegliendo per loro Capo Rodolfo a Ponte di Mesocco, uomo che era in grande riputazione per la sua probità e patriotismo; ma non trovandosi egli presente in quell'Assemblea, si nominò una deputazione di tre membri, incaricandola d’esternargli a nome del Pubblico la grande stima che il popolo mesolcinese gli professava dell’averlo scelto per suo Capo della milizia. Quella deputazione venne pure autorizzata di provvedere per conto della Valle i galloni d’oro che i Pannerher dovevano portare sul cappello in segno di distinzione, ed uno scettro di ferro segnale di comando, che doveva passare da un Pannerher all’altro. Ogni Capo della milizia che veniva nominato riceveva dalla Valle cinquanta scudi, circa cento franchi svizzeri, per provedersi i galloni di distinzione. La carica di Pannerher passava in quei tempi per la più importante e la più onorifica della Valle. Allorché quella piazza era vacante, la Riunione generale che sola aveva il diritto della nomina, per un particolar riguardo sceglieva sempre un individuo della Comune di Mesocco. [p. 109 modifica]Verso quell’epoca molti giovani Mesolcinesi ad esempio dei numerosi altri Grigioni e Svizzeri, prendevano volontario servizio all’estero, chi sotto la bandiera di Francia, chi sotto quelle della Spagna, e chi sotto Venezia, nei quali servizi militari alcuni pervenivano meritevolmente a gradi superiori per mezzo dei quali si procacciavano più che mediocri fortune.

Nel 1510 al momento d’eseguirsi un matrimonio, non potè venir effettuato a motivo d’un inaspettata rivelazione. Nella Comune di santa Domenica Calanca, vivevano in famiglia ed in buona armonia due cognate mogli di due fratelli Splendori, chiamato l'uno Francesco e l’altro Pietro. Il primo avea due figliuoli, cioè un maschio ed una femmina, ed il secondo un figlio solo. Quasi all’improvviso e senza saputa di quei vicini morì entro l’anno di sua nascita l’unico figlio di Pietro. Presumendo quanto questa morte avrebbe afflitto il di lei marito, e sul dubbio anche di non aver più prole per l’avanzata sua età, la desolata madre non sapeva darsi quiete; allorché la commossa sua cognata con fidanza le propose per così tranquillizzarla di far un cambio, cioè per intanto le cedeva il proprio figlio vivente, e che il morto sarebbe apparentemente passato pel suo, giacché erano circa dell’istessa età e rassomiglianza. Combinato tal [p. 110 modifica]subitaneo concerto, fu messo in esecuzione, per cui il fanciullo defunto passò per essere, il figlio di Francesco, il quale con inganno non ne fu informato, trovandosi egli allora col suo fratello in esteri paesi. Intanto il fanciullo dei due padri cresceva misteriosamente in età, ed arrivato a quella di dodici anni, il supposto di lui genitore lo condusse in Francia per istruirlo nella sua arte di vetrajo, durante la quale assenza la moglie di Pietro venne pure a morire senza ch’essa avesse manifestato l’arcano riguardante il suo figlio. I due fratelli che in unione conducevano sempre i loro interessi e lavori, vedendo che i loro figliuoli erano pervenuti all’età di collocamento, combinarono d’unirli in matrimonio, al qual fine Pietro condusse in patria il creduto suo ragazzo. Tutto era disposto per il convenuto sposalizio, allorchè la vera madre del giovine non potè trattenersi di palesare l’avvenuto; e così i due sposi, causa un fatal cangiamento si trovarono con sorpresa di già uniti da un più stretto legame che li privava d’altrimenti viver insieme felici.

Già da lungo tempo esistevano delle contese fra la Mesolcina e l’allora travagliato contado di Bellinzona riguardo ai confini territoriali, per cui il Conte Trivulzio, per sostenere le pretensioni degli abitanti di Roveredo e di s.Vittore, [p. 111 modifica]intavolò la lite coi Cantoni Sovrani di quel Contado su tal oggetto. Dopo vari inutili trattati d’un amichevole accomodamento, si dovette rimettersi alla decisione d’un arbitro, Tschudi, il quale nel 1511, giudicò che i termini della Mesolcina arrivassero sino al Riale di Lumino, ma che l'alpe di Gierso appartenesse al contado di Bellinzona.

I Griggióni, i quali avevano fatta alleanza, insieme ad altri Cantoni, coll'Austria e sua Lega per iscacciare i francesi dalla Lombardia, superando le diverse montagne, discesero nel giorno 24 giugno 1512 nella Valtellina e nei due Contadi di Chiavenna e di Bormio, occupando quei paesi che per posteriori convenzioni e trattati conservarono sempre come loro sudditi sino alla fine del decimo ottavo secolo. In quella spedizione gli uomini delle Tre Leghe si misero ciascuno sotto quell’insegna a cui appartenevano, giacchè ognuna d’essa aveva il suo separato Capo, il quale li comandava indipendentemente dalle altre due. L’organizzata milizia Mesolcinese capitanata dal suo Pannerher ricevette l’ordine dalla sua Lega di raggiungere le truppe della Val di Reno per prendere assieme la via della Spluga, e discesero nel determinato giorno senz’ostacoli occupando Chiavenna e suoi contorni. Il solo comandante del castello di Chiavennà G. Fayet [p. 112 modifica]ha potuto sostenere l'assedio per qualche tempo; ma costretto dovette alla fine arrendersi.

Verso la sera del 28 settembre 1513 la montagna che perpendicolarmente soprastava alla Comune di Campo-Bagigno, nella Calanca, si staccò d’improvviso causa un forte terremoto accompagnato da dirotta pioggia, e spezzatamente piombò sopra quel paese e sulla piccola, ma bella sua campagna coprendola del tutto con ammucchiati macigni. In tal funesto momento trenta cinque persone rimasero vittime, il che era circa un quarto della popolazione, essendosi il restante trovata dispersa, parte in lontani paesi, e parte ancora sui monti. Li salvati, ma sventurati Bagignesi non volendo abbandonare i cari luoghi nativi, fabbricarono sulle istesse ruine, ma all’altra sponda del fiume Calancasca il paese che chiamarono Cauco, derivante da Cavcos suo nome primiero. Questa disgrazia arrivò nell'istesso tempo alla caduta della Val Crenone che sotterrò Biasca nel Cantone Ticino, quale giace occidentalmente e sull'istessa direzione di Campo-Bagigno. Con chiarezza si osservano in quei due luoghi le spaventevoli e disastrose ruine di quell'anno anche in giornata.

Nei 1S24 ai 24 aprile le Comuni della Mesolcina, come tulle le altre delle Tre Leghe si [p. 113 modifica]trovarono obbligate di spedire in Iante i loro deputati in Congresso per provvedere sulle generalmente da lungo tempo desiderate modificazioni ecclesiastiche, al qual effetto la Valle spedì per deputati G. Mazzio canonico della Collegiata di s.Vittore e F. Rinaldi di Mesocco secolare, ambidue dotti in cose teologiche. Quel Congresso solo unitosi per simili importanti oggetti non dando ascolto agli intrighi di chi cercava in quel tempo d'introdurre nella Repubblica una riforma ecclesiastica, sull’esempio d’alcuni Cantoni Elvetici, decretò di vivere nella fede de’ suoi antichi padri.

  1. Porta, storia della Rezia, cap X, pag. 213.
  2. Storia della Svizzera, versione italiana di Franscini, tomo 1. pag. 196.