Compendio storico della Valle Mesolcina/Capitolo XIX

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Capitolo XIX

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[p. 108 modifica]simili capi d’alcuni altri Comuni grandi della Repubblica. Il Pannerher era nominato a vita, ma gli altri ufficiali soltanto per due anni, dopo i quali potevano però venir riconfermati, ciocché d’ordinario accadeva. In quell’istessa Riunione generale si nominarono tali ufficiali, scegliendo peir loro Capo Rodolfo a Ponte di Mesocco, uomo che era in grande riputazione per la sua probità e patriotismo; ma non trovandosi egli presente in quell'Assemblea, si nominò una deputazione di tre membri, incaricandola d’esternargli a nome del Pubblico la grande stima che il popolo mesolcinese gli professava dell’averlo scelto per suo Capo della milizia. Quella deputazione venne pure autorizzata di provvedere per conto della Valle i galloni d’oro che i Pannerher dovevano portare sul cappello in segno di distinzione, ed uno scettro di ferro segnale di comando, che doveva passare da un Pannerher all’altro. Ogni Capo della milizia che veniva nominato riceveva dalla Valle cinquanta scudi, circa cento franchi svizzeri, per provedersi i galloni di distinzione. La carica di Pannerher passava in quei tempi per la più importante e la più onoriBca della Valle. Allorché quella piazza era vacante, la Riunione generale che sola aveva il diritto della nomina, per un particolar riguardo sceglieva sempre un individuo della Comune di Mesocco. [p. 109 modifica]Verso quell’epoca molti giovani Mesolcinesi ad esempio dei numerosi altri Grigioni e Svizzeri, prendevano volontario servizio all’estero, chi sotto la bandiera di Francia, chi sotto quelle della Spagna, e chi sotto Venezia, nei quali servizi militari alcuni pervenivano meritevolmente a gradi superiori per mezzo dei quali si procacciavano più che mediocri fortune.

Nel 1510 al momento d’eseguirsi un matrimonio, non potè venir effettuato a motivo d’un inaspettata rivelazione. Nella Comune di santa Domenica Calanca, vivevano in famiglia ed in buona armonia due cognate mogli di due fratelli Splendori, chiamato l'uno Francesco e l’altro Pietro. Il primo avea due figliuoli, cioè un maschio ed una femmina, ed il secondo un figlio solo. Quasi all’improvviso e senza saputa di quei vicini morì entro l’anno di sua nascita l’unico figlio di Pietro. Presumendo quanto questa morte avrebbe afflitto il di lei marito, e sul dubbio anche di non aver più prole per l’avanzata sua età, la desolata madre non sapeva darsi quiete; allorché la commossa sua cognata con fidanza le propose per cosi tranquillizzarla di far un cambio, cioè per intanto le cedeva il proprio figlio vivente, e che il morto sarebbe apparentemente passato pel suo, giacché erano circa dell’istessa età e rassomiglianza. Combinato tal [p. 110 modifica]subitaneo concerto, fu messo in esecuzione, per cui il fanciullo defunto passò per essere, il figlio di Francesco, il quale con inganno non ne fu informato, trovandosi egli allora col suo fratello in esteri paesi. Intanto il fanciullo dei due padri cresceva misteriosamente in étà, ed arrivato a quella di dodici anni, il supposto di lui genitore lo condusse in Francia per istruirlo nella sua arte di vetrajo, durante la quale asserirà la moglie di Pietro venne pure a morire senza ch’essa avesse manifestato l’arcano riguardante il suo figlio! I due fratelli che in unione conducevano sempre i loro interessi e lavori, vedendo che i loro figliuoli erano pervenuti all’età di collocamento, combinarono d’unirli in matrimonio, al qual fine Pietro condusse in patria il creduto suo ragazzo. Tutto era disposto per il convenuto sposalizio, allorchè la vera madre del giovine non potè trattenersi di palesare l’avvenuto; e così i due sposi, causa un fatai cangiamento si trovarono con sorpresa di già uniti da un più stretto, legame che li privava d’altrimenti viver insieme telici.

Già da lungo tempo esistevano delle contese fra la Mesolcina e l’allora travagliato contado di Bellinzona riguardo ai confini territoriali, per cui il Conte Trivulzio, per sostenere le pretensioni degli abitanti di Roveredo e di s.Vittore, [p. 111 modifica]intavolò la lite coi Cantoni Sovrani di quel Contado su tal oggetto. Dopo vari inutili trattati d’un amichevole accomodamento, si dovette rimettersi alla decisione d’un arbitro, Tschudi, il quale nel 1511, giudicò che i termini della Mesolcina arrivassero sino al Riale di Lumino, ma che l'alpe di Gierso appartenesse al contado di Bellinzona.

I Griggióni, i quali avevano fatta alleanza, insieme ad altri Cantoni, coll'Austria e sua Lega per iscacciare i francesi dalla Lombardia, superando le diverse montagne, discesero nel giorno 24 giugno 1512 nella Valtellina e nei due Contadi di Chiavenna e di Bormio, occupando quei paesi che per posteriori convenzioni e trattati conservarono sempre come loro sudditi sino alla fine del decimo ottavo secolo. In quella spedizione gli uomini delle Tre Leghe si misero ciascuno sotto quell’insegna a cui appartenevano, giacchè ognuna d’essa aveva il suo separato Capo, il quale li comandava indipendentemente dalle altre due. L’organizzata milizia Mesolcinese capitanata dal suo Pannerher ricevette l’ondire dalla sua Lega di raggiungere le truppe della Val di Reno per prendere assieme la via della Spluga, e discesero nel determinato giorno senz’ostacoli occupando Chiavenna e suoi contorni. Il solo comandante del castello di Chiavennà G. Fayet [p. 112 modifica]ha potuto sostenere l'assedio per qualche tempo; ma costretto dovette alla fine arrendersi.

Verso la sera del 28 settembre 1513 la montagna che perpendicolarmente soprastava alla Comune di Campo-Bagigno, nella Calanca, si staccò d’improvviso causa un forte terremoto accompagnato da dirotta pioggia, e spezzatamente piombò sopra quel paese e sulla piccola, ma bella sua campagna coprendola del tutto con ammucchiati macigni, in tal funesto momento trenta cinque persone rimasero vittime, il che era circa un quarto della popolazione, essendosi il restante trovata dispersa, parte in lontani paesi, e parte ancora sui monti. Li salvati, ma sventurati Bagignesi non volendo abbandonare i cari luoghi nativi, fabbricarono sulle istesse ruine, ma all’altra sponda del fiume Calancasca il paese che chiamarono Cauco, derivante da Cavcos suo nome primiero. Questa disgrazia arrivò nell'istesso tempo alla caduta della Val Crenone che sotterrò Biasca nel Cantone Ticino, quale giace occidentalmente e sull'istessa direzione di Campo-Bagigno. Con chiarezza si osservano in quei due luoghi le spaventevoli e disastrose ruine di quell'anno anche in giornata.

Nei 1S24 ai 24 aprile le Comuni della Mesolcina, come tulle le altre delle Tre Leghe si [p. 113 modifica]trovarono obbligate di spedire in Iante i deputati in Congresso per provvedere sulle generalmente da lungo tempo desiderate modificazioni ecclesiastiche, al qual effetto la Valle spedì per deputati G. Mazzio canonico della Collegiata di s.Vittore e F. Rinaldi di Mesocco secolare, ambidue dotti in cose teologiche. Quel Congresso solo unitosi per simili importanti oggetti non dando ascolto agli intrighi di chi cercava in quel tempo d'introdurre nella Repubblica una riforma ecclesiastica, sull’esempio d’alcuni Cantoni

Elvetici, decretò di vivere nella fede de’ suoi antichi padri. [p. 114 modifica]

CAPITOLO XIX.

(dal 1525 al 1583.)

La Mesolcina compra il castello di Mesocco e suoi privilegi; morte eroica di G. Boelini; bando dei Trivulzi; demolizione dei Castelletti, e descrizione del primo; citazione; decreto di riforma; Majnardo; assassinio di M. Boelini; separazione parrocchiale; rinuncia formale; divisione civile; capiluoghi; Centena; famiglie perseguitate; litigi; avvenimento; tariffe daziarie; diriti del Porto..





All’incominciare del 1525 Gian Giacomo Trivulzio, figlio del Magno, ad esempio del suo antecessore, cercava pure d’introdurre arbitrari gravami sugli abitanti vallerani, per cui la libera Mesolcina vedendo che i proprietari del castello di Mesocco tendevano sempre ad assoggettarla, e desiderando essa di ricuperare la totale di lei indipendenza per mezzo di sborsi, come avevano fatto la maggior parte delle Comuni delle Tre Leghe, propose, entrò in trattativa per mezzo de’ suoi delegati, ed ottenne la cessione di quel castello annesso tutti i suoi pochi privilegi, consistenti in certi giu- [p. 115 modifica]dizj civili, nel diritto del dazio interno di Valle, della zecca, della general caccia vallerana, e della pesca dei fiumi Moesa e Calancasca, esclusi quei tratti non di sua competenza, perchè anteriormente già stati altrimenti disposti dai due de Sax; qual vendita fu fatta dal nominato Trivulzio alla Valle ai 14 luglio del sopraccitato anno per la somma di ventiquattro mila cinquecento fiorini da pagarsi in quattro rate, cioè la prima eseguita all'atto della scrittura, e le altre da effettuarsi di quindici in quindici giorni consecutivi.

Arrivato il termine della terza rata cioè del pagamento di sei mila fiorini, Giacomo Trivulzio pentitosi della vendita fatta, fece chiamare nella sua residenza Gaspare Boelini di Mesocco Cancelliere della Mesolcina, costringendolo con minaccie a segnare in nome delle Valle l'annullazione di tal vendita1; ma Boelini con eroica opposizione si rifiutò, per cui fu crudelmente gettato da un merlo del castello, ai 16 d’agosto, preferendo egli di morire piuttosto che tradire i suoi concittadini.

Per giustamente eternare un tanto amor di patria, si vede ai piedi dell'alta scoscesa rupe, [p. 116 modifica]e sul luogo ove Boelini fu precipitato, un Monumento portante una lapide ollare sulla quale si vede incisa la seguente iscrizione:


ALL’OMBRA . DELL’EROE .

GASPARE . BOELINI .

PATRIO . ZELO .

VITTIMA . GENEROSA.

XVI . AGOSTO . MDXXV .

I POSTERI . RICONOSCENTI .

P.


L’inumano Trivulzio credette con simile barbara azione d’intimorire i popoli della Valle, ma questi invece gridaron vendetta! dimandando da prima una pronta assistenza dalla Lega, la quale sentendo le lagnanze e le giuste domande della Mesolcina, ordinò immediatamente il bando al detto Trivulzio e la demolizione del castello di Mesocco con tutte le attinenti torri, ossia castelletti esistenti nella Valle, ciocché con giubilo ed unanimamente seguì al 24 di quell’Agosto dietro il convenuto segnale del tocco delle campane. Giacomo Trivulzio prevedendo quanto sarebbe accaduto, aveva nascostamente fatto evacuare tutti quei suoi fabbricati, di maniera cbe quando la popolazione si era affollata per lale distruzione, li trovarono deserti, eccetto che [p. 117 modifica]sul castello di Mesocco si rinvennero i due più grossi cannoni, essendo gli àltri due probabilmente stati spezzati e così portati via, quali due pezzi di campagna erano quelli di cui i Mesolcinesi si servirono nelle battaglie contro Massimiliano I., e gli altri due macchinosi che il fuggitivo Trivulzio non aveva potuto far trasportare, furono poi trasferiti sotto il tetto della casa comunale di Mesocco, ove restarono fino alla fine del passato secolo.

La famiglia Trivulzio aveva dominato nella Mesolcina durante quarantacinque anni, dopo il quale abbandono la Valle cessò per sempre d'essere molestata dai Castellani.

Gli avanzi dell’antico maestoso castello di Mesocco sono posti sulla sommità d’un arduo sorprendente scoglio che isolato s'alza nel mezzo e quasi nel centro della Valle, la maggior parte della quale viene dallo stesso dominata; ai suoi piedi ed a sinistra cupo gorgogliando scorre il fiume Moesa, ed alla sua destra insensensibilmente discende lo stradale. La sua forma presentanea è quasi quadrata, ed è attorniata da alte e massiccie muraglie della circonferenza di mille duecento piedi francesi, le quali rinchiudono i diroccati edifizj, le cui imprigionate torri si vedono orgogliosamente sopravvanzare le principali mura che hanno dieci piedi di gros[p. 118 modifica]sezza. È da osservarsi che essendo questo forte stato più volte rimodernato, perdette affatto la sua primiera forma. Le rovine del castello di Mesocco, cosi chiamato perchè è situato ad un quarto d’ora ed a mezzo giorno di questo paese, sono la più rimarchevole antichità di tal genere che esista nella Svizzera.

Durante il bando di Giacomo Trivulzio, la Mesolcina per mezzo di trombette lo fece nei due luoghi di Zurigo e di Mendrisio in modo pubblico citare a comparire entro un dato termine per ricevere il restante del pagamento derivante dalla vendita da lui fatta alla Valle di tutti i possessi e diritti che aveva avuti sopra di essa, ed ultimare le vertenze delle generali e particolari pretensioni che esistevano nel paese a di lui carico; ma nissuno di sua famiglia si presentò per tal fine, perchè detto Trivulzio si lusingava di poter pervenire a far annullare la cessione che aveva fatta per mezzo dei suoi salariati, i quali infatti pervennero, massime nella Calanca, a suscitare sollevazioni e contesti tendenti a richiamar i Trivulzi, nelle quali sedizioni alcuni di quei vallerani restarono morti. Simili vergognosi disordini furono ben presto ultimati anche per intervento della Lega2. [p. 119 modifica]Morto Gian Giacomo, Francesco suo successore, si trovò necessitato di comparire in Sessame, destinato dalla Lega come luogo neutrale per rispondere alle domande della Mesolcina che ottenne ragione di tutte le sue pretese, coll'obbligo però di saldare il citato Trivulzio, il quale non volle allora riconoscere le avanzate pretensioni della Valle.

Nel 1526 al 3 di gennajo il Congresso si radunò di nuovo in Iante espressamente per affari di religione, giacché il desiderio e gl'intrighi per la riforma ecclesiastica crescevano nella Repubblica. La Mesolcina vi spedì pure i suoi due anzinominati deputati.

In questa straordinaria Radunanza, grande era il concorso d’ecclesiastici e di politici d’ogni condizione, anche di lontani paesi, ivi concorsi per sentire l'importante annunciata disputa sulle tesi di riforma proposta da Giovanni Comandro, già Arcidiacono della cattedrale vescovile e parroco di s.Martino in Coira, proposizioni generali da lui già state anticipatamente divulgate in istampa; ma Teodoro Schlegel allora Vicario ed Abate di s.Lucio, s’impegnò affinchè l'odiosa disputa non avesse luogo, e cosi il Congresso si sciolse.

Posteriormente poi dopo ulteriori decisioni d'altri appositi simili Congressi tenuti entro l'i[p. 120 modifica]stess'anno, fu emanato il decreto della libertà di religione nella Repubblica, dietro il quale ben tosto alcune, ed in seguito più tardi molte Comuni delle Tre Leghe accettarono la riforma secondo quella stata adottata dalla chiesa di Zurigo che sempre in poi conservarono.

Anche nella Mesolcina e Calanca s’intrigava in quel tempo per l'introduzione della riforma, al qual effetto si spargevano nella Valle le tesi di Comandro che venivano pubblicamente lette e spiegate. Più tardi poi, allorchè molti preti d’Italia fuggivano dalla loro patria per godere della libertà di religione, ritirandosi nei paesi dei Grigioni, particolarmente ove è in uso la lingua italiana, si sentivano predicare in diversi luoghi delle due Valli sulla necessità d'una riforma ecclesiastica. Il primo di questi fu un certo Majnardo già Priore d’Asti, uomo assai letterato e passionato riformista, il quale sapendo che nei Grigioni esisteva tal libertà si portò nella Mesolcina credendo di mettervi in pratica i suoi talenti; ma avendo ricevuta poca accoglienza, egli stimò opportuno di partirsene pochi giorni dopo la sua venuta, rendendosi a Chiavenna, ove fece progressi, giacché nei venti e più anzi che colà dimorò, lasciò due chiese riformate.

Come la maggior parte del popolo mesolcinese non voleva invenzioni di religione, così i [p. 121 modifica]pochi ministri riformatori erano anche poco ascoltati, come il Majnardo; anzi in alcuni luoghi venivano insultati, motivo che gli obbligò alla partenza, fra i quali si trovava il Ministro regolatore che era stato espressamente inviato dal Sinodo per dimorare in Mesocco, giacché premeva assai a quei Concilio d’indurre la Mesolcina nella sua credenza, come vallata limitrofa all’Italia. Le cose restarono così in disordine, cioè, se la religione cattolica non era dimenticata, veniva però mal osservata sino alla venuta in Valle di s.Carlo.

In quei procellosi tempi in cui i Griggioni erano internamente agitati dallo spirito di riforma ecclesiastica, ed in Italia insieme ad altri confederati Svizzeri si sacrificavano a migliaja per il sostegno dei loro alleati, essi dovevano ancora combattere per riacquistare le loro provincie suddite, parte delle quali Gian Giacomo Medici detto Medeghino Castellano di Musso3 e vassallo del Duca di Milano, con dispotismo si era impossfessato. Sebbene i Griggioni avessero scacciate le truppe del Medici dalla Valtellina e Chiavenna, non di meno quel usurpatore teneva ancora occupate lei tre Pievi ap[p. 122 modifica]partenenti pure alle Tre Leghe, ed andava erigendo delle fortezze che ingelosivano i Grigioni, i quali per mezza dei loro ambasciatori, ricorsero dall’Imperatore e da Francesco Sforza allora Duca di Milano, affinchè il piccol tiranno venisse chiamato all’ordine.

Le Tre Leghe per portare tali loro lagnanze a Milano scelsero l'eloquente Martino Boelini di Mesocco Dottor di legge, stato Vicario in Valtellina e zio dell’eroico Cancelliere Gasparo Boelini. Allorché quest'Inviato ritornava da Milano venne crudelmente assassinato, nel mese di marzo 1531, col suo figlio che seco aveva preso come segretario, insieme del loro servitore, da quattro manigoldi del Medici4. Come questo assassinio fu commesso sul territorio del Duca, dava a supporre che non fosse avvenuto senza sua saputa, onde le Tre Leghe ricorsero subito agli altri Cantoni Svizzeri dimandando ajuto contro un comune nemico, i quali si prestarono prontamente e scacciarono i nemici dai paesi sudditi dei Grigiori, distruggendo altresì tutti i forti ripari che il Medici vi aveva fatti construrre; indi per una capitolazione stabilita in maggio dell'istess’anno, i Grig[p. 123 modifica]gioni vennero di nuovo al pacifico possesso delle loro provincie soggette.

Nel 1548, la Comune di Sta. Domenica, causa i prodotti giusti motivi di lontananza, ottenne con condizione dal Vescovo diocesano la separazione da Santa Maria, e di formar parrocchia divisa, alla quale s’unirono le altre tre più vicine Comuni di Augio, Rossa e Cauco.

Volendo Francesco Trivulzio confermar alla fine quanto il suo padre aveva conchiuso colla Mesolcina, segnò sotto la data del 2 ottobre 1549, la rinuncia formale delle sue pretensioni che ancor credea d’avere sulla Valle, dimandando soltanto che questa gli sborsasse l'altra metà non per anco ricevuta, cioè dodici mila e cinque cento fiorini; ma siccome la Valle portò a di lui carico sei mila e cinque cento fiorini per tante spese generali e pretensioni particolari, che furono riconosciute dallo stesso Trivulzio, non gliene vennero pagati che sei mila in conpimento dei venti quattro mille cinque cento tenor la scrittura segnata dal suo antecessore.

La Mesolcina che quasi da quattro secoli aveva formato un sol Magistrato governativo, nel 1551, si divise, coll'approvazione della Lega, in tre Giurisdizioni totalmente separate riguardo al civile, dandosi i nomi di Vicariati, ma formanti un solo inappellabile Tribunal cri

  1. In quel tempo la sola firma del Cancelliere di Valle era di tal'importanza, che bastava per validare qualunque generale o privato istrumento.
  2. E Zschokke, Storia delle Tre Leghe, seconda Edizione, pag. 153.
  3. Forte sul Lago di Como.
  4. Sprecher, Cronica Retica, lib. III, pag. 146.