Comunicare il museo con i social media: il caso Caltagirone/Capitolo2/Paragrafo2 1

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Paragrafo 2.1: Il museo nell'era del web 2.0

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La nostra quotidianità, dal 1994 fino ai giorni nostri, è attraversata da quella rivoluzione silenziosa e travolgente che gli esperti di comunicazione digitale sono soliti definire “rivoluzione digitale” (Bonacini, 2011). Pertanto, così facendo, si è sempre più andata a delineare quel tipo di realtà, per così dire, “digitale” che è talmente pervasiva e attiva in ogni istante della nostra vita che ormai è difficile ricondurla e allo stesso tempo ricondurci al suo stato primordiale, il quale era privo di quegli strumenti che invece oggi riescono a trasferire tutto ciò che accade in un mondo altro, virtuale, nel “cyberspazio”. Quindi, questa realtà, più comunemente chiamata col termine “web”, è divenuta importante anche perché permette la consultazione e la divulgazione di una grande quantità di contenuti.

Il web però non è rimasto tale ma si è evoluto: infatti dal “Web 1.0”, in cui l’utente subiva l’informazione senza interagire con essa, si è approdati oggi al “Web 2.0”, in grado di rendere l’utente un soggetto attivo nella produzione e condivisione dei contenuti, divenendo a tutti gli effetti un “utente 2.0” (Bonacini, 2011).

Pian piano “ad essersi evoluta adattandosi alla realtà digitale è prima di tutto la Cultura […] entrata essa stessa nella fase della Cultura 2.0, trainando e spingendo al rinnovamento tutte le istituzioni culturali […] (Bonacini, 2011, p. 15): infatti ad esse sono state attribuite varie definizioni: ad esempio, avendo parlato finora dell’istituzione museale, gli esperti di comunicazione digitale le hanno assegnata quella di “Museo 2.0” (Bonacini, 2011).

Certamente però, per garantire questa totale trasformazione dell’istituzione museale, diventa essenziale abitare nel web in quanto permette la fruizione del proprio patrimonio oltre i confini geografici, dotarsi di tutte quelle applicazioni digitali (social media, blog, forum) che consentono l’interazione web e utente2 e, di conseguenza, la comunicazione partecipativa con i pubblici tantoché ormai dovremmo più correttamente parlare di “Participatory Museum” (Bonacini, 2011).

Ebbene, una modalità impiegata nel web per amplificare la visibilità del museo è il “digital storytelling” (#Svegliamuseo, 2014). Esso consiste nel raccontare eventi, storie sul medium digitale “capace di suscitare emozioni, spiegare i perché, illustrare i come e invogliare l’ascoltatore a cercare il cosa” (#Svegliamuseo, 2014, p. 49). Per di più, come afferma Gary Carson, questa idea di storytelling rappresenta “la condizione principale e fondamentale per rendere un museo rilevante alle persone” (#Svegliamuseo, 2014, p. 49).

Per questo motivo, allora, è essenziale andare oltre questa semplice affermazione analizzando in particolar modo le tre modalità principali di digital storytelling:

• Lo storytelling diretto in cui è il museo a raccontarsi in prima persona3 (#Svegliamuseo, 2014);

• Lo storytelling indiretto in cui il museo viene raccontato dai suoi visitatori4 (#Svegliamuseo, 2014);

• Lo storytelling partecipativo in cui l’azione di racconto èsvolta sia dal museo sia da altre voci narranti (#Svegliamuseo, 2014).

A questo punto, avendo finora parlato dei vantaggi che il web 2.0 offre in termini di storytelling, di prosumer di contenuti e di comunicazione partecipativa, è opportuno venire a conoscenza delle cinque massime alle quali la comunicazione innovativa museale, associata all’utilizzo delle molteplici tecnologie digitali, deve sottostare:

• La comunicazione deve essere tempestiva (Fitzcarraldo, 2014);

• L’istituzione museale deve permanere nella rete (Fitzcarraldo, 2014);

• La comunicazione partecipativa deve essere gestita in ogni suo passo (Fitzcarraldo, 2014);

• Il pubblico, guidato dallo stesso interesse, deve essere coinvolto da una comunicazione di informazione, contenuti e relazioni caratterizzate da continue interazioni (Fitzcarraldo, 2014);

• L’azione della comunicazione deve servirsi di media digitali differenti (Fitzcarraldo, 2014).