Comunicare il museo con i social media: il caso Caltagirone/Capitolo2/Paragrafo2 2 1

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Paragrafo 2.2.1: Il museo in mobilità

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Inizialmente, per le istituzioni museali l’adozione delle prime tecnologie digitali per la fruizione si presentava come una grandissima opportunità per aumentare l’appeal dell’offerta culturale; adesso anche quella della tecnologia “Digital – Mobile” aiuta enormemente in termini di fruizione, diffusione e, di conseguenza, di comunicazione dei contenuti (Bonacini, 2011).

Perciò, è per questo motivo che oggigiorno possiamo parlare sempre più di una “comunicazione in mobilità”, la quale, rappresentante anch’essa del mondo del web 2.0 e attuabile attraverso i molteplici dispositivi mobili, sta investendo e trasformando a grandi linee il mondo dei musei, convertendo in “Mobile” la loro azione divulgatrice del proprio patrimonio artistico – culturale, creando “non solo il visitatore – diffuso, ma il visitatore – wireless […]” (Bonacini, 2011, p. 216), il quale ha la possibilità di condividere in qualsiasi momento le sue esperienze museali e fruirne di altre in tempo reale, ed infine affermando l’idea di essere per di più visitatori “always on” (Solima, 2012). Inoltre, l’adozione delle “Mobile Technologies” rappresenta una risorsa fondamentale perché consente ai musei di rafforzare la comunicazione verso l’esterno e verso l’interno (Fitzcarraldo, 2014).

Certamente però, quanto detto richiede un consistente impiego delle risorse economiche museali; a riguardo, secondo alcuni studi statistici, si è riscontrato che i musei che possono permettersi un tale investimento sono in particolar modo quelli con 250.000 visitatori annui, mentre quelli con o meno di 50.000 visitatori annui tuttora sono costretti a rimanere ancorati a quelle prime forme di comunicazione digitali (audioguide, fotografie, ecc…) (Bonacini, 2011).

La tecnologia che consente la comunicazione mobile si è evoluta negli ultimi anni passando dai tradizionali sistemi Wi-Fi e Bluetooth15, integrati ormai in quasi tutti i dispositivi mobili, al GPS (Global Positioning System), alla tagRFID (Automatic Identifing and Data Capture), al QR code (codice a barre 2D di tipo quick response), al QR tag della Microsoft (tag più piccole sia in bianco e nero sia a colori) ed infine alla NFC (Near Field Communication) che verrà adottata oramai sulla maggior parte degli smartphone prodotti (Bonacini, 2011).

Detto ciò, adesso, ritornando al discorso sulle App museali, è opportuno puntualizzare che questi programmi, gratuiti o a pagamento, realizzati dalle istituzioni museali, per prima cosa riescono a fornire non solo moltissimi contenuti unici relativi alle mostre o alle collezioni, ma anche e soprattutto delle nuove modalità attraverso cui i visitatori – utenti possono relazionarsi col museo e il suo contesto di riferimento (Fitzcarraldo, 2014); interessante, a tale proposito, è l’app “AB EX NY” del MoMA di New York che permette di analizzare i quadri o gli artisti con l’ausilio di alcune immagini ad alta definizione, di alcuni video oppure ascoltando dei file audio (Fitzcarraldo, 2014).

Ecco che, allora, possiamo tracciare l’immagine del museo dei giorni nostri; un’immagine raffigurante il “museo in mobilità”, il quale, è presente in rete, si muove e si diffonde maggiormente lungo il canale della tecnologia digital – mobile.

Anche in Italia si è registrata questa accelerazione innovativa per la fruizione mobile del patrimonio artistico – culturale: infatti, secondo uno studio, condotto recentemente da alcuni esperti in comunicazione digitale, “sono sempre più numerose le istituzioni, le amministrazioni e gli enti che stanno provvedendo a realizzare applicazioni per i prodotti Apple e altri smartphone (soprattutto con piattaforma android) e basate su contenuti multimediali e georeferenziazione e su una accessibilità linguistica almeno allargata anche all’inglese” (Bonacini, 2011, p. 224). Pertanto, il primo segnale di questa nuova tendenza è il progetto “i-Mibac”, lanciato il 1° luglio 2010 dallo stesso Ministero del MiBAC; esso prevede la diffusione di alcune App, disponibili anche in lingua inglese e scaricabili dall’AppStore (Bonacini, 2011).