Condizioni politiche e amministrative della Sicilia/IV

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17 dicembre 2011 25% Da definire

§ 84. - Scarsa influenza della legislazione posteriore al 1860 sulla distribuzione della proprietà.

Fatta ormai l'analisi degli elementi essenziali del vivere sociale in Sicilia, ci riescirà più facile e spedito l'esame degli effetti prodotti fino adesso dal regime inaugurato nel 1860, sulle relazioni economiche in generale ed in specie sulle amministrazioni locali. Per le medesime cagioni per cui la distribuzione della proprietà non potè dalla legislazione borbonica posteriore al 1812 esser modificata al punto d'influire sulle condizioni sociali dell'Isola, non furono molto più efficaci a tal uopo le leggi venute in vigore dal 1860 fino ad oggi(187). Le vendite e quotizzazioni dei beni demaniali ed ecclesiastici, il continuare della quotizzazione dei demani comunali(188), hanno più che altro servito ad ingrandire le proprietà già grandi. La divisione delle eredità sancita dal nostro Codice Civile senza le poche e limitate eccezioni che ammetteva quello delle Due Sicilie(189), non ha avuto ancora tempo di produrre effetti. L'aumento di alcune colture ed industrie, specialmente di quella sullo zolfo(190), se oltre a render maggiori le grandi fortune, ne ha create alcune nuove, pure non ha portato la classe media al numero ed al grado che deve avere in una società del tipo moderno. Laonde, nulla o ben poco è stato mutato alle relazioni sociali da noi già descritte(191). Nel senso giuridico universale il diritto continua a fare una cosa sola coll'interesse e la volontà dei più forti. E forti continuano ad essere i ricchi e gli abili. Scoppiata appena la rivoluzione del 1860, vi fu bensì un momento in cui i contadini credettero che la forza, e in conseguenza il diritto, era venuta nelle loro mani. Tentarono di sperimentarla. Vi furono in alcuni luoghi sollevazioni incomposte e barbare, giacchè nelle condizioni sociali dell'Isola non potevano esser diverse; promosse, come era inevitabile, da taluni della classe dominante stessa, che speravano di potere sfruttare. Ma furono presto represse in alcuni luoghi dai proprietari stessi, nella maggior parte, dalla forza del Governo. Ne risultò solamente che quelli della classe dominante in molti di quei luoghi dove erano avvenute sommosse, resi cauti dallo spavento avuto e dai danni momentanei sofferti, si affrettarono di operare fra i proletari quella divisione dei beni comunali alla quale erano tenuti per legge, e vanno adesso adagio nel caricare le imposte quasi esclusivamente sulla classe povera. I contadini, dopo aver fatto la prova che la forza privata e pubblica era sempre al servizio dei medesimi interessi di prima, si acquetarono, continuarono a riconoscere ciò che avevano fino allora riconosciuto per diritto, e d'allora in poi sperimentano la propria forza solamente allorquando gli si dà ad intendere che la forza del Governo ha cessato di esistere, e che su di essa non può più far conto la classe dominante(192).


§ 85. - Aumento negli affari. Suoi effetti.

Ma d'altra parte sopravvenne uno straordinario accrescimento di relazioni d'indole commerciale. Questo però non ebbe grande influenza sulla distribuzione della ricchezza se si tolgono i grandi centri. Imperocchè se fu in parte reale, per una parte molto maggiore fu fittizio: non solo ebbero incremento naturale il commercio dei prodotti agricoli e dello zolfo per la libertà di commercio e per le accresciute comunicazioni regolari col Continente, ma i numerosi appalti per opere pubbliche per un verso, e l'introduzione di numerose sedi e succursali di stabilimenti di credito per l'altro, fecero nascere una attività di affari, insolita per l'Isola, e relazioni d'indole complicata, alle quali le popolazioni non erano per nulla preparate.

Ne risultò da un lato, che i capitali offerti sul mercato dagli stabilimenti di credito, non trovando chi fosse capace di adoperarli nelle speculazioni produttive, per le quali l'Isola presenta pure campo sterminato ed incolto, e di cui ha tanto bisogno, vennero per la maggior parte usati da affaristi in imprese poco atte a produrre frutti nelle condizioni attuali della Sicilia e furono consumati improduttivamente. Codesto è stato mal comune non della Sicilia solamente, ma dell'Italia e dell'Europa intera, per tacere dell'America. Ma in Sicilia ha prodotto danni maggiori che altrove, perchè maggiori che altrove erano i bisogni ai quali siffatti capitali avrebbero potuto giovare, e minore che altrove era il numero delle persone capaci d'intendere i veri bisogni, e di salvare una parte dei capitali posti sul mercato, adoperandoli a soddisfar quelli; finalmente perchè il timore prodotto dall'esser fallite talune imprese, è molto maggiore che altrove in un paese dove la ripugnanza ad impiegar capitali fuori dalle poche vie consuete è incomparabilmente più grande che dove le condizioni economiche sono più progredite. Inoltre la popolazione dell'Isola, avvezza, fuori di pochissimi centri, a relazioni commerciali scarse e di una semplicità primitiva, vide ad un tratto non solo crescere il numero di queste, ma anche mutarsi l'indole loro, e questa diventar delicata e complicatissima. In conseguenza del sopravvenire di siffatte relazioni, vennero per necessità ad aver occasione di essere applicate quelle non meno complicate regole di diritto che sono indispensabili per sancirle, garantirne l'esecuzione, insomma per renderle possibili. Manifestamente, a queste regole di diritto non poteva corrispondere il senso giuridico dell'universale, giacchè fino allora il bisogno non ne era stato sentito. La loro importanza per il buon andamento della società non poteva essere intesa; non potevano da un momento all'altro imporsi moralmente. Il complicato meccanismo della cambiale, per prendere un esempio, il valore commerciale della firma, la importanza del pagamento a giorno fisso, non potevano dai proprietari dell'interno della Sicilia, avvezzi solamente a contratti di affitto e a compre e vendite alla buona, esser meglio capiti che non lo siano da buona parte dei più ricchi signori nelle principali città d'Europa. I quali ritardano indefinitamente il pagamento delle cose comprate dai commercianti, e sono per tal modo cagione perfino del loro fallimento. E mentre il commerciante ritiene sè stesso, per aver senza sua colpa mancato ai suoi impegni, disonorato al punto di togliersi la vita, i suoi debitori inesatti non si credono disonorati punto per aver commesso volontariamente il fatto medesimo, ma invece crederebbero di esserlo quando non pagassero nelle ventiquattr'ore un debito di giuoco.


§ 86. - Gli avvocati, loro influenza.

Ma questa disproporzione fra il senso giuridico delle popolazioni e il diritto positivo, non avrebbe avuto effetti importanti e soprattutto durevoli come quelli che ha nel fatto prodotti, senza l'influenza di una parte della classe degli avvocati. La quale in Sicilia si divide in due categorie molto distinte. L'una, che pur troppo è la meno numerosa, composta di uomini dotti, onesti, intelligenti, coraggiosi. Istruiti ad una scienza coltivata per tradizione nelle province meridionali: quasi la sola nella quale la politica sospettosa dei Borboni tollerasse studi seri; famigliarizzati coi concetti di diritto che reggono le società moderne, essi hanno il tipo di queste nella mente e nella coscenza, e molti fra loro cercano d'informare a quello la società in mezzo alla quale vivono. Fra loro si trovano quegli uomini, i quali, con una fermezza d'animo, che in Sicilia non è coraggio solamente civile, denunciano gli abusi venuti così dall'alto come dal basso, e l'Italia aspetta molto da loro per la rigenerazione della Sicilia. Ma di fronte a questi si agita e s'arrabatta la turba degli avvocatucoli, di quelli che fin dal principio del secolo ebbero giudici il Balsamo e il Palmieri(193). Troppo numerosi per i veri bisogni del paese, vanno attorno offrendo i loro servigi a chi vuole e a chi non vuole, insegnano a girare intorno alle leggi senza incorrere nelle pene, si adoperano per influenzare le giurìe, s'internano negli uffici pubblici per sorprendere i segreti dalla buona fede o dalla fame degli impiegati, speculano sull'ignoranza e sull'inesperienza dei più per intromettersi fra loro e i funzionari pubblici. Accade ogni giorno che in qualche ufficio governativo capitino cittadini anche delle classi elevate accompagnati da qualcuno di questi intriganti. Questo prende la parola, espone verbosamente il caso. Coi gesti, colle intonazioni di voce fa intendere al cliente che fra esso e il funzionario v'ha intelligenza segreta, che si sono intesi a mezza parola. Spesso il favore richiesto è cosa cui il cliente ha diritto per legge e che viene concessa senza difficoltà; se non che, dopo, il cliente paga al preteso patrocinatore il compenso della sua fatica e gli rimborsa la mancia che egli pretende aver data al funzionario. Così avviene a meno che quest'ultimo, avvisato od istruito dall'esperienza, non imponga silenzio al mascalzone e non lo cacci via dalla stanza. Il che, per fortuna, accade spesso. Ad ogni modo, il lavoro per questa gente non manca mai. Sono i mezzani di tutte le corruzioni, i ministri di tutte le prepotenze legali, a loro si deve in gran parte se è diffuso in tutta la Sicilia "quel funesto contenzioso spirito" che nel principio del secolo era "ristretto nella sola capitale(194)," e se è tanto comune in Sicilia il caso che le leggi civili e i contratti si violino o si eludano non solo colla prepotenza aperta, ma anche coll'astuzia. Nè da tutto ciò è lecito conchiudere che la popolazione in Sicilia abbia senso del bene o del male più o meno raffinato che altrove. Avviene in Sicilia ciò che sarebbe avvenuto ogni dove nelle medesime condizioni. Difatti, sono esenti dal male comune da un lato molti fra coloro che per antiche ed estese relazioni di affari con altri paesi, non sono nuovi alle esigenze del commercio, dall'altro quei piccoli negozianti che trattano gli affari con semplicità primitiva. Abbiamo incontrato in talune bottegucce prove di buona fede che si cercherebbero invano girando molti e molti negozi in Parigi o in Londra.

Nonostante è impossibile negare che questa abitudine dell'astuzia ha reagito sui costumi, specialmente in quella categoria di persone che nell'interno dell'Isola ha accaparrato il commercio, gli appalti di opere pubbliche ec., la quale del resto, in un gran numero di casi, è quella stessa che si è impadronita delle amministrazioni locali. E siccome questa classe, e specialmente i più attivi e i più astuti di essa sono quasi soli in relazioni di affari continuati colle autorità, e in generale colle persone estranee all'Isola, è facile che molti, da questi campioni avariati, abbiano giudicato l'intera classe abbiente in tutti i suoi gradi. Della classe proletaria, non è questo il caso di parlare, giacchè, nelle sue attuali condizioni, in essa si trovano non cittadini, ma elementi coi quali se ne potrebbero fare.


§ 87. - Amministrazioni locali.

Ma se la tendenza all'astuzia e al dolo si può dire speciale ad una parte sola della classe abbiente e precisamente a quella parte che ha preso il sopravvento sul rimanente, è comune a tutta, meno eccezioni individuali, già lo dicemmo, quello stato delle menti e degli animi proprio di tutte le società nello stadio della siciliana, che produce un sentimento fortissimo ed esclusivo dei diritti ed obblighi reciproci fra individui; al quale corrisponde per necessità l'assoluta mancanza di sentimento degli interessi collettivi della società in tutte le sue manifestazioni dallo Stato al Comune o all'Opera pia.

Ne risulta che quella persona o quel gruppo di persone cui venga affidato un interesse collettivo non può evidentemente intendere da sè l'indole ed il fine dell'ufficio ricevuto, e quando non sia guidato passo per passo dal controllo di un'autorità sociale superiore, non potrà non considerare non solo come diritto, ma anche come dovere l'impiegare il potere che ha in mano, a vantaggio proprio e dei suoi aderenti personali. Accadrà dunque quasi inevitabilmente che questo potere sia adoperato nell'interesse esclusivo, non diciamo della classe sociale cui è stato affidato, ma di una parte di essa, di quelle persone cioè alle quali è venuto in mano, e di coloro che sono legati con esse. Ora, la legislazione Italiana, in generale, e quella specialmente sulle amministrazioni locali, ed il modo in cui viene applicata sono tali che da un lato la classe proletaria viene per ogni verso data in assoluta balìa alla classe abbiente, e dall'altro una porzione di quest'ultima ed anche la minore, può impadronirsi dell'autorità in modo da signoreggiare senza controllo alcuno.


§ 88. - Come la legislazione italiana sancisca e ribadisca nelle province meridionali il potere illimitato ed assoluto della classe abbiente su quella povera. Gli effetti della nostra legislazione e della nostra pratica specialmente amministrative sulle relazioni fra la classe abbiente e la proletaria non sono speciali alla Sicilia; ed in tutte le province meridionali, vediamo ripetersi con una dolorosa uniformità il fatto che queste hanno ribadito e sancito la dipendenza delle classi povere dalle abbienti, ed alla servitù economica hanno aggiunto quella amministrativa. Le leggi hanno affidato gl'interessi locali alla popolazione abbiente di ogni luogo. I Consigli comunali e provinciali sono eletti dalle persone che pagano una data somma d'imposta rispettivamente nel Comune e nella Provincia, e fra quelle persone. Sono pure elette da loro le Giunte esecutrici di questi Consigli, la maggioranza dei Consigli scolastici, delle Congregazioni di carità ec. Nei Comuni, il sindaco è scelto dal Governo, ma fra i membri del Consiglio comunale. Al Consiglio comunale e al sindaco è dato per così dire, in balìa il Comune. Essi, da sè, o per mezzo della Congregazione di carità e della Commissione del Monte frumentario amministrano il patrimonio pubblico. Colla distribuzione delle tasse, la cui scelta è solamente sottoposta ad alcune limitazioni legislative piuttosto elastiche, possono influire sulla fortuna privata dei cittadini. Al sindaco s'indirizza l'autorità governativa per avere informazioni sulle condizioni economiche del paese. A lui tocca dare i certificati di stato civile, di moralità, di miserabilità. Da lui principalmente riceve informazioni il pretore sulle persone da sottoporsi all'ammonizione. Egli è ufficiale di polizia dove manca, e come tale ha diritto di eseguire arresti in certi casi. Sicchè il contadino non solo per i suoi guadagni e per la sua prosperità economica, ma anche per tutte le necessità della vita, nascita, matrimonio, morte, e per rimanere e per partire, per la sua libertà personale stessa, dipende in gran parte da coloro che sono alla testa del municipio. È facile imaginare quali possono essere gli effetti di quella onnipotenza assoluta della classe abbiente, combinata colla speciale condizione del senso giuridico che già descrivemmo. Le amministrazioni locali sono, ad esclusione di poche eccezioni, tanto più degne di ammirazione quanto sono più rare e contrarie allo spirito generale, dirette ad esclusivo vantaggio della classe abbiente (e più specialmente di una parte di essa, come esporremo tra breve). Parimente, nelle relazioni d'indole privata, la volontà di chi è ricco, o per qualunque altra ragione potente trova raramente ostacolo nelle leggi ed è assoluta di fronte non solo dei proletari veri e proprii, ma anche di coloro che hanno scarsa fortuna, o sono deboli per qualche altra causa. Per modo che il non imporre a torto la propria volontà è, nell'uomo potente, atto di carità, non dovere nel senso giuridico della parola. Sotto questo aspetto la differenza sola che distingua dalle altre la parte dell'Isola infestata dai malfattori, si è che in questa, alle cause ordinarie che rendono un uomo potente, alla ricchezza cioè, all'abilità, o alla cognizione della legge, bisogna aggiungere il potere usare direttamente o indirettamente la violenza. Se vogliamo ricercare le manifestazioni esterne di questo stato di cose, vediamo che le imposte municipali in grandissimo numero di Comuni sono distribuite in modo da gravare specialmente sulla classe povera(195). A questo proposito citeremo il fatto seguente che ci sembra abbastanza caratteristico. In un Comune dove la sovrimposta municipale gravava per una somma di 95.000 lire sul dazio consumo (il quale per l'indole sua colpisce più specialmente la classe povera), rimanendone intieramente esente la fondiaria, il sindaco rispose alle osservazioni in proposito dell'autorità politica, che il territorio del Comune essendo tutto in mano di pochi proprietari, quando si fosse sovrimposto la fondiaria, ognuno di essi avrebbe dovuto pagare una grossa somma, e sarebbe stato in conseguenza ingiustamente gravato. Il medesimo spirito si manifesta nella distribuzione delle spese in molti luoghi, dove vediamo sprecate somme considerevoli per spese edilizie di lusso, mentre mancano in campagna le strade e talvolta in città le cose più necessarie per la generalità della popolazione(196). Del resto, la cagione della cattiva distribuzione delle imposte non sta sempre in chi regge i Comuni, ma talvolta anche nei difetti della loro circoscrizione territoriale(197). Pur tuttavia esistono, benchè rari, esempi di autorità comunali che anche con gravi sacrifizi pigliano i provvedimenti più atti a giovare le classi meno fortunate. Se non che nell'assoluta mancanza d'unità nell'indirizzo del governo, o nell'inaudita confusione dei concetti che lo dirigono, accade talvolta che questi provvedimenti vengano dall'autorità governativa avversati od anche impediti per cagioni d'indole burocratica. L'amministrazione delle Opere pie(198) è in un disordine tale che la minor parte delle loro rendite giunge alla classe povera, cui è destinata; lo stesso dicasi per il maggior numero di quei pochi Monti frumentari che esistono ancora. Riguardo alle relazioni fra privati, non staremo a parlare degl'innumerevoli abusi nell'esecuzione dei contratti fra padroni e contadini, specialmente in quanto riguarda la misurazione o la qualità dei generi, nella restituzione delle anticipazioni. Queste sono conseguenze pur troppo inevitabili dell'assoluta dipendenza economica dei lavoranti della campagna. Ma che dire, per esempio, del fatto di un accollatario di lavori, influente e prepotente in paese, che per la costruzione di una strada si fornisce della ghiaia occorrente nel fondicello di una povera vecchia rifiutando di pagarla? È impossibile conoscere nemmeno alla lontana quanti casi di tal genere avvengano in Sicilia, giacchè la maggior parte di essi, per la stessa natura loro, riman nascosta, o per lo meno conosciuta da pochissimi, che non trovano la cosa strana. Ma è un fatto che i rimedi dati dalla legge contro siffatti abusi sono illusorii. In un paese dove molte persone della classe ricca sono convinte della necessità che intervenga un faccendiere quando abbiano che fare colle autorità, sarà ben raro che una persona della classe inferiore creda poter ricorrervi direttamente. E quando ciò non fosse, quando d'altra parte l'autorità morale dei prepotenti non fosse così grande, e quella della legge così piccola, da toglier dalle menti perfino il pensiero di ricorrere ai magistrati, quale giustizia potrebbe nel più dei casi ottenere un pover uomo dal giudice conciliatore, persona per lo più del paese, o dal pretore, quale è adesso, sottoposto alle influenze locali? Ne risulta che il povero non ha altro rimedio che la rassegnazione o la reazione violenta; ch'egli ha maggior garanzia contro i soprusi dove i costumi sono violenti e sanguinari; che può accadere talvolta al brigante o al malandrino di acquistare nelle classi inferiori fama di giustiziere, mentre fa una speculazione per conto proprio, operando un ricatto lucroso, o uccidendo taluno per incutere salutare timore agli altri. Riguardo agli abusi nelle amministrazioni locali, poi, la legge non concede neppure rimedi teorici alle classi inferiori, giacchè i miserabili non sono elettori. Le altre libertà garantite dai cosiddetti immortali principii dell'89 non sono nemmeno fatte per essi. Il parlare a proposito di loro della libertà di stampa o degli altri modi d'influire sull'opinione pubblica, è ridicolo. Del diritto di riunione, i contadini non sanno usare che per correre addosso ai proprietari, ucciderli e bruciar loro le case. Contro i soprusi amministrativi, come contro gli altri, la violenza è il loro solo rimedio. Il quale del resto non è sempre del tutto inefficace. È curioso osservare come in molti dei Comuni i quali ebbero a sperimentare che cosa siano le sommosse di una plebe semiselvaggia, si vada a rilento nell'imporre le tasse che gravano più le classi povere, quella di fuocatico, per esempio; e come, quando si siano stabilite, ai primi segni di malcontento, si alleggeriscano o si tolgano del tutto. Per modo che in Sicilia, lo Stato si trova in questa dolorosa condizione, che nell'adempiere al primo dei doveri di uno Stato moderno, il mantenimento, cioè dell'ordine materiale, esso non difende la Legge, ma le prepotenze e i soprusi di una parte dei cittadini a danno degli altri. Difatti, mentre l'azione del Governo è efficacissima e pronta contro i disordini popolari, rimane miseramente impotente contro quelli i quali, come il brigantaggio e la mafia, si fondano sopra la classe abbiente, o almeno sopra la parte dominante di essa.

Per altro, se tutta la classe povera, meno poche eccezioni individuali, riceve danno nella maggior parte dei Comuni dall'attual sistema di amministrazione locale, non tutta la classe abbiente ne trae ugual vantaggio. Anzi, in questo campo, più che in qualunque altro, è elemento di potenza l'intelligenza e l'astuzia, per modo che talvolta chi trae maggior vantaggio dalle amministrazioni locali, non è il ricco proprietario, ma l'uomo di mediocre fortuna e perciò più attivo. Di più, in molti Comuni dove i ricchi non risiedono o non vogliono occuparsi direttamente delle faccende municipali, la cosa pubblica è in mano di piccolissimi proprietarii e commercianti e di membri della classe media inferiore(199).


§ 89. - Come la legislazione e la pratica amministrativa in Italia siano impotenti ad impedire un numero ristrettissimo di persone dall'assicurarsi un predominio assoluto e durevole sulle amministrazioni locali. Ad ogni modo, una buona parte, per non dire la maggiore, delle amministrazioni municipali dell'Isola, sono in mano ai faccendieri, e si possono distinguere in tre categorie: o questi sono divisi in due o più partiti che si contendono l'autorità, o sono tutti uniti, o finalmente hanno al disopra di loro, qualche ricco signore, prepotente di alta sfera, che non mira ai guadagni, ma all'influenza. In ogni caso, il patrimonio e le entrate del Comune diventano preda di coloro che si sono impadroniti del municipio, e dei loro parenti, amici e aderenti. Abbiamo già accennato ai modi praticati fra' partiti avversari in taluni Comuni(200). Comunque siasi, il partito vinto sopporta i soprusi, vede e tollera le rapine nell'amministrazione, ma tace, o tutt'al più manda all'autorità denuncie anonime, perchè o ha già fatto, o si ripromette di fare quello stesso che fanno gli altri. Quando chi comanda nel Comune, è solamente ambizioso e non ricerca il lucro, lascia rubare quelli che sono sotto di lui per acquistarsi aderenti. Le amministrazioni locali di ogni genere, principiando con quella della provincia, non sono gli ultimi fra gl'innumerevoli mezzi coi quali si acquista e si stabilisce l'autorità di una camarilla o di una persona. Chi riesca a dominarvi non solo acquista il mezzo d'influire sugli interessi materiali d'infinite persone, ma acquista inoltre nelle sue relazioni col Governo i vantaggi di una posizione ufficiale. Del resto, tutte le nostre leggi amministrative secondano efficacemente i costumi e le condizioni sociali dell'Isola nel dare i modi di acquistare una preponderanza indiscussa ad infime minoranze quando siano fortemente organizzate. Le disposizioni della nostra legge comunale e provinciale intorno al rinnuovamento parziale dei Consigli comunali, alla divisione in frazione dei Comuni, sono specialmente efficaci in questo senso. Ma peraltro, le leggi amministrative più perfette, non potrebbero tener luogo di una numerosa classe media che in Sicilia non esiste, e non potrebbero in conseguenza impedire il dominio assoluto delle camarille. Il formarsi di queste, è vero, non è vizio della sola Sicilia, e la legge le favorisce in ogni provincia d'Italia. Vediamo pure in altre province gruppi di persone cercare d'impadronirsi a poco a poco delle amministrazioni locali d'ogni specie, degli stabilimenti di credito, di tutti i simili mezzi d'influenza e riescirvi. Ma in altri paesi rimangono così numerosi gli interessi indipendenti i quali sono in grado di sottrarsi a quella influenza, che, per quanto una camarilla possa riescire ad essere potente, ed anche in talune cose a signoreggiare interamente, non può mai diventare padrona assoluta di un Comune, od acquistare in una provincia autorità siffatta, che niuno affare pubblico si possa sbrigare senza la sua approvazione. In un paese, invece, dove la ricchezza è in pochissime mani, dove i modi di acquistarla mancano quasi del tutto per chi già non la possiede, l'essere in posizione indipendente, e il dominare sugli altri, è una sola e medesima cosa, quando alla ricchezza sia unita un'intelligenza sufficente per usarla. Di tutte quelle forme di associazione, per mezzo delle quali cercano di unirsi per acquistar vigore le forze minori della società, il solo nome e le apparenze esterne hanno potuto esser portati in un paese dove mancano quelle forze stesse. Difatti, tutte le società cooperative, operaie ec., nate ad imitazione delle continentali, non sono per lo più che istrumenti e mezzi d'azione per qualche ambizioso, oppure sono usate da taluno per riunire capitali altrui e prenderseli poi. Le relazioni sociali, pigliando forma di relazioni personali di clientela, fanno per necessità capo ad una o a pochissime persone, di modo che non esistono che interessi personali subordinati gli uni agli altri.


§ 90. - Come in Sicilia sia per regola generale inefficace e dannoso il controllo o la tutela esercitati sulle amministrazioni locali da corpi composti essi stessi di elementi locali. Per questa ragione, non è possibile per adesso il controllo degl'interessati sulle amministrazioni locali. Qualunque sia il numero di riscontri e tutele legali alle quali le si vogliano sottoporre per parte di altri corpi composti di elementi locali, tutti avranno il vizio d'origine. L'intervento della tutela della deputazione provinciale nell'amministrazione dei Comuni e delle Opere pie, potrà bensì farvi trionfare l'interesse di una o più persone piuttostochè di altre, non l'interesse comune. Il solo ente atto a concepire e rappresentare l'interesse comune è il Governo.


§ 91. - Come il Governo sia, coll'attuale sistema amministrativo italiano, impotente a conoscere e reprimere gli abusi nelle amministrazioni locali. Ma il Governo è impotente a impedire i disordini. Le Opere pie sottoposte alla tutela delle Deputazioni provinciali, sono sottratte alla sua azione. Del resto, quando pure esso intervenisse a sorvegliare la loro amministrazione, l'essere a queste imposto l'obbligo di presentare all'autorità tutrice i soli conti consuntivi e non i bilanci(201), toglierebbe efficacia a qualunque sorveglianza. L'amministrazione dei Consigli provinciali è in alcuni suoi atti sottoposta alla sorveglianza ed anche alla tutela del Prefetto(202). Così pure quella dei Consigli comunali(203). Per quanto limitate, le facoltà del Prefetto gli permetterebbero di evitare per lo meno i disordini maggiori, e d'altra parte quando fosse in grado di scuoprire le disonestà, avrebbe la risorsa d'invocare la giustizia penale, quantunque anche per questo, l'articolo 110 della legge comunale e provinciale gli leghi singolarmente le mani.

Ma quand'anche esso avesse pieno arbitrio per reprimere i disordini e le disonestà, non potrebbe farlo perchè non le conosce. Già avemmo occasione di descrivere qual sia la sua posizione in mezzo alla popolazione. Esso, nel fatto, non ha altro mezzo di conoscere ciò che accade nei Comuni, che le carte di ufficio o le informazioni di quelle autorità locali stesse che si tratta di sorvegliare, o di quando in quando qualche accusa anonima, o quelle relazioni che possa piacere ai carabinieri di fargli, sopra fatti che non sono propriamente sottoposti alla loro sorveglianza. Egli si trova ugualmente al buio del vero, sia che le magagne vengano da abili persone nascoste sotto bilanci di forma inappuntabile, sia che l'inettezza degli amministratori gli presenti bilanci incomprensibili per gli errori e la confusione. E ciò in un paese, dove i Consigli municipali in non pochi piccoli Comuni sono composti in tal modo, che l'autorità politica non sa trovarvi una persona di onestà abbastanza riconosciuta per poterla proporre al Governo per la carica di Sindaco; in un paese, dove il sentimento e la cognizione della legge manca al punto, che si vedono in taluni Municipii dei sindaci fare eseguire arresti arbitrari per contravvenzione alle leggi sulla tassa del macinato, ed altrove dei Consigli comunali che impongono per conto proprio, con sistema di esazione proprio, una tassa municipale sul macinato.


§ 92. - Perchè il migliorare la legislazione e la pratica di Governo sia insufficente ad impedire i soprusi non violenti a danno delle classi inferiori, e gli abusi nelle amministrazioni locali.

È ancora più difficile il trovar rimedi per provvedere ai mali accennati in questo capitolo che per ristabilire la sicurezza pubblica. Difatti le condizioni di questa sono un effetto indiretto e derivato dallo stato sociale dell'Isola, mentre ne sono effetti immediati, e quasi diremmo necessari, le relazioni fra la classe ricca e quella più povera o assolutamente proletaria, ed in gran parte anche l'attuale condizione delle amministrazioni locali. Sicchè è lecito dubitare che si possano trovare rimedi efficaci all'infuori della modificazione di quello stato sociale stesso, il quale, fa una sola e medesima cosa colle condizioni economiche, colla distribuzione cioè della ricchezza.

Difatti, se consideriamo le amministrazioni locali in qual modo si potrà, per esempio, impedire l'iniqua distribuzione delle imposte comunali? Il sostituire il Governo ai Municipii nell'amministrazione dei Comuni non è praticabile, e quando lo fosse, recherebbe più danno che vantaggio, perchè l'innumerevole personale di cui dovrebbe provvedersi il Governo per dirigere siffatti uffici, sarebbe probabilmente peggiore, certo non migliore di quello che attualmente dirige ed amministra i municipi siciliani. L'assicurare a priori con una legge l'equa ripartizione delle gravezze comunali è impossibile, giacchè la equità o l'ingiustizia di una data imposta in un luogo dipende esclusivamente dalla forma che ivi assume la ricchezza e dalla sua distribuzione. Il legislatore dovrebbe dunque conoscere quali sieno queste condizioni della ricchezza in tutti i Comuni d'Italia, dividere questi per categorie in ordine a queste condizioni, e determinare per ogni categoria l'ordine e la proporzione nella quale si dovessero imporre le varie tasse comunali. E ciò coll'infinita varietà delle forme e della distribuzione della ricchezza nelle varie parti d'Italia. La cosa è evidentemente impraticabile nell'attuale ignoranza delle condizioni economiche delle varie province del Regno, e lo sarebbe pure, molto probabilmente, anche quando queste fossero perfettamente conosciute(204). La sola garanzia per un'equa distribuzione delle imposte comunali, è la partecipazione efficace o l'influenza nel governo delle cose locali, di tutte le classi della popolazione che sottostanno alle medesime; il che in Sicilia non è, nè può essere nelle attuali condizioni economiche.


§ 93. - Dei mezzi che si potrebbero usare colla speranza di diminuire il numero dei disordini nelle amministrazioni locali, e dei soprusi non violenti a danno dei deboli.

All'infuori di questo, non v'è altro modo per impedire l'ingiusta distribuzione delle imposte, che la influenza personale che possa acquistarsi dai rappresentanti del Governo, quando sia tale da porli in grado di ottenere colla persuasione ciò che non possono imporre in forza della legge, oppure i mezzi indiretti che possa fornire la legge stessa. Ma prima che vi sia luogo di pensare a tentare siffatti mezzi, è necessario che i rappresentanti del Governo siano persone capaci di distinguere che cosa sia equa distribuzione d'imposte nel territorio di loro giurisdizione.

Per ciò che riguarda i disordini o gli abusi nelle amministrazioni locali di ogni genere, qualche miglioramento si potrebbe probabilmente procurare, con grandi sforzi. Ma la prima condizione per provvedervi, è che i prefetti e sotto-prefetti conoscano almeno un poco il territorio di loro giurisdizione: per ciò dovrebbero visitarlo. Non mancano a queste visite le difficoltà pratiche, la principale delle quali, in quanto riguarda i sotto-prefetti non è, in molti casi, la spesa, o la difficoltà materiale del viaggio, bensì una cosa molto meno prevedibile: la rivalità d'uffizio che può nascere fra il prefetto e il sotto-prefetto, quando il primo veda il secondo affiatarsi più di lui cogli amministrati. Ma oltrechè il rendere siffatta visita obbligatoria per legge toglierebbe occasione in molti casi al nascere di questo sentimento, esso s'incontrerebbe probabilmente ben di rado quando i prefetti fossero persone tali da non lasciarsi vincere in attività e in amore all'ufficio dai loro inferiori gerarchici.

Del resto queste visite che per le grandi difficoltà del viaggio nell'interno della Sicilia e per il tempo che richiedono, non potrebbero generalmente esser fatte dal capo della provincia o del circondario più di una volta nel corso della sua residenza, lo porrebbero bensì in grado di prendere un'idea generale dei luoghi e delle persone, e di procurarsi talvolta delle intelligenze nei Comuni, non di scuoprire le magagne delle amministrazioni locali di ogni genere. Per provvedere a queste, sarebbe necessario in Sicilia, come nelle province meridionali del Continente, come forse in tutta Italia, l'istituzione di commissari itineranti che andassero Comune per Comune rivedendo i conti e le casse delle amministrazioni dei municipi delle Opere pie, dei Monti frumentari, raccogliessero informazioni ed avessero facoltà di promuovere l'azione dell'autorità giudiziaria. Rimarrebbe da studiare il modo di coordinare l'azione di questi commissari con quella delle altre autorità amministrative e giudiziarie. Questa medesima istituzione potrebbe fino ad un certo punto giovare a reprimere i soprusi fra i privati. Noi non pensiamo certamente a rendere di azione pubblica le querele civili, ma molti soprusi presenterebbero elementi per un'azione penale, e di questi dovrebbesi approfittare.

Ma questo provvedimento e qualunque altro migliore si potesse imaginare, non avrebbe efficacia alcuna se non si ponesse in tutti i gradi dell'amministrazione civile e giudiziaria un personale scelto. Non parliamo poi delle qualità speciali e del coraggio eccezionale che dovrebbero avere i commissari incaricati di visitare i Comuni come pure tutto il personale delle prefetture e sotto-prefetture. Già avemmo luogo di dire come il miglioramento del personale inaugurato nel 1874 sia stato solamente parziale. Anche adesso, in molte amministrazioni governative(205), o prevale l'elemento siciliano che per le ragioni già esposte, potrà esser buono sul Continente, ma non può, salvo distinte eccezioni individuali, che esser pessimo in Sicilia, oppure sono mandati impiegati continentali per tirocinio o per punizione, di modo che dove non v'è corruzione vera e propria, pure prevale una cedevolezza, una compiacenza a violare il proprio dovere, la quale trova poi il suo compenso in un ricambio di favori, di protezioni, d'intercessioni presso l'autorità superiore. La prima condizione per ottenere un buon personale così amministrativo come giudiziario, è di escluderne del tutto l'elemento siciliano, facendo eccezione solamente per quei pochissimi cui già avemmo occasione di alludere, ed ai quali l'altezza dell'ingegno e l'energia del carattere ha concesso da un lato di conoscere e capire l'indole delle società moderne, dall'altro di liberarsi da tutti quei sentimenti che sottopongono i Siciliani alla fitta rete degli interessi locali. Per gli impiegati poi delle altre parti d'Italia, converrebbe lasciarli in Sicilia tempo sufficente perchè potessero conoscere il paese ed approfittare delle cognizioni acquistate; converrebbe che fossero tanto intelligenti da capire ciò che vedono, e qual sia l'indole vera del paese, da sventare le astuzie da cui sono circondati; tanto onesti e tanto energici da resistere alle tentazioni d'ogni genere. Però, non basta l'energia, l'intelligenza e l'onestà; è necessaria anche una grande abilità e molto tatto. I rappresentanti del Governo potrebbero ottener molto in Sicilia per mezzo della influenza personale. La cosa sembra a prima vista inverosimile a chi ripensi a tutti i discorsi che si sono sentiti sulla diffidenza e sull'antipatia che dimostrano i Siciliani per le autorità, specialmente se continentali, sentimenti di cui già esaminammo gli effetti riguardo alla sicurezza pubblica. Eppure nulla è più vero.


§ 94. - Come la diffidenza e l'antipatia che ispirano i rappresentanti del governo a molti Siciliani, si possano vincere, e con quali mezzi.

Che questa diffidenza e questa antipatia esistano, è indubitato. Diremo più: il Governo e tutto ciò che lo rappresenta o che è da lui rappresentato, è in molti luoghi profondamente disprezzato. Ma, prima di tutto, questi sentimenti sono molto meno generali che non si creda, ed inoltre, essi nascono da cagioni diverse da quelle che generalmente s'imaginano. Che gli accennati sentimenti non sieno insiti nella natura dei Siciliani, e comuni a tutti, lo dimostrano esempi di ogni specie. Da un lato, abbiamo vista la bassa mafia al servizio della polizia, dall'altro vediamo ogni giorno delle autorità, specialmente le nuove venute, circondate ed accarezzate dai principali del paese dove sono. Queste cortesie sono spesso interessate, e con esse ciascun partito cerca impadronirsi del nuovo funzionario, però talvolta sono anche senza secondo fine. Se d'altra parte ci volgiamo ad analizzare l'antipatia, la diffidenza, il disprezzo che ispirano le autorità, la spiegazione si presenta chiara ed evidente alla mente. Fino adesso in Sicilia la legge ed il Governo che la rappresenta, sono stati, tutt'i conti fatti, i più deboli dappertutto. In conseguenza, il sentimento pubblico, secondo una legge psicologica di cui già cercammo dimostrare l'esistenza, s'informò agl'interessi di chi realmente dominava, i quali sono contrari a quelli delle leggi. Ne risultò una tendenza generale a considerare le leggi, e in conseguenza i loro rappresentanti come intrusi, la quale, aiutata dalla tradizione, influì sulle menti dei più, e costituì un'opinione pubblica, la cui pressione determinò gli atti esterni anche di coloro che non dividevano il sentimento generale. Cotale essendo lo stato delle menti, è facile imaginare con quali sentimenti la popolazione sottostia ai sacrifizi che l'autorità non riconosciuta del Governo riesce ad imporre. Le tasse, quand'anche fossero leggerissime, sarebbero considerate come soprusi da coloro stessi che ne pagano regolarmente delle gravissime all'autorità riconosciuta dei briganti o della mafia. E molto più sono considerate come soprusi delle tasse gravi accompagnate da formalità che le rendono più gravi ancora. Inoltre il Governo, continuando nella sua debolezza non dà in cambio delle tasse quei vantaggi di sicurezza pubblica, di opere pubbliche ec., ch'egli promette, e che i Siciliani conoscono per fama essere in altri paesi assicurate da lui. Bene è vero, che se esso è impotente ad assicurare questi vantaggi specialmente in ciò che riguarda la pubblica sicurezza, la colpa è principalmente delle condizioni sociali dell'Isola; ma i Siciliani non ne hanno coscenza. Per modo che, anche all'infuori delle speciali influenze che determinano in Sicilia l'indirizzo dell'opinione pubblica, la maggioranza della classe abbiente siciliana che dall'attuale prevalenza della potenza privata trae maggior danno che vantaggio, potrebbe considerare come ingiustificate le gravezze imposte dal Governo. Da ciò che precede risulta che allorquando la legge per mezzo del Governo diventasse realmente la più forte, sparirebbe in gran parte quell'antipatia che prova per esso la classe abbiente (della classe povera non è qui luogo di parlare). Perchè da un lato sparirebbe quella forza che imprime all'opinione pubblica un indirizzo avverso al Governo; dall'altro, lo sparire della prepotenza privata recherebbe alla maggioranza della classe abbiente vantaggi sensibili. È vero che d'altra parte una rigida applicazione della legge, toglierebbe alla totalità di questa classe molti vantaggi materiali e morali nelle sue relazioni colle classi povere, ma il malcontento prodotto da questa perdita sarebbe forse compensato dagli altri vantaggi recati dal dominio della legge. E ad ogni modo, quando il Governo avesse impresso negli animi il sentimento della sua forza, erediterebbe quella simpatia che adesso è privilegio dei prepotenti. Preparato per tal modo il terreno, il rappresentante del Governo, quando non fosse persona volgare, potrebbe valersi nelle sue relazioni colla classe abbiente siciliana, la cui educazione intellettuale, specialmente in provincia, è generalmente piuttosto scarsa, di quell'autorità morale che viene assicurata ad una mente di coltura superiore; la sua influenza potrebbe lottare vantaggiosamente contro quella dei faccendieri, e per mezzo delle conversazioni private, gli sarebbe più che in ogni altro paese possibile ottenere in via ufficiosa, colla persuasione, dei miglioramenti che la legge la più complicata sarebbe impotente a procurare.


§ 95. - Conviene che i funzionari siano assicurati dell'appoggio del Governo.

Comunque siasi, il personale amministrativo e giudiziario per quanto sia bene scelto, sarà impotente a togliere o scemare i guai nelle relazioni fra classe e classe e nelle amministrazioni locali, quando l'opera sua non sia assicurata sull'appoggio del Governo a dispetto di ogni e qualunque influenza od interesse locale. Non diremo altro per adesso sopra questo argomento dovendolo trattare nel capitolo prossimo.


§ 96. - Le opere pubbliche.

Fra i principali mezzi per rimediare ai mali non solo amministrativi, ma di ogni specie, devesi annoverare la facilità delle comunicazioni, la costruzione di una fitta rete di strade ruotabili e di ferrovie. Certamente le strade da sè sole non potrebbero recare grande utilità almeno in breve tempo, ma senza di esse, qualunque altro rimedio perderebbe ogni efficacia. L'argomento sul fatto e sul da farsi in questa materia, è stato dalla Relazione della Commissione d'inchiesta per la Sicilia dottamente e distesamente trattato(206). Ci contenteremo dunque di rinviare a quella il lettore, e per parte nostra aggiungeremo solamente poche osservazioni. Di fronte allo spreco di forze e di denari adesso cagionato dal mancare l'unità di direzione per la costruzione della rete stradale siciliana, di fronte all'urgente bisogno di compierla nel più breve tempo possibile, noi proporremmo di affidare allo Stato la costruzione non solo delle strade comunali obbligatorie (come propone la Commissione d'inchiesta) ma delle strade di ogni categoria, rivalendosi esso delle spese anticipate sugli enti cui spettano per legge. E daremmo anche all'amministrazione incaricata di questa opera in Sicilia quella certa autonomia di fronte al potere centrale, che la Commissione d'inchiesta propone di dare all'amministrazione incaricata della costruzione delle ferrovie. La riescita di un tale sistema, dipenderebbe esclusivamente dal personale cui venisse dallo Stato affidata la sua esecuzione. Finchè dureranno ad esser fatti come lo sono adesso gli studi preliminari e le perizie dei lavori da farsi; finchè i prezzi posti agli appalti de' lavori saranno tali da dar margine agli accollatari a pubblici e scandalosi guadagni di centinaia di mila lire sulla costruzione di pochi chilometri di strada; finchè i collaudi dei lavori si faranno in guisa tale che, anche dove il prezzo dell'accollo riesca giusto od anche inferiore al giusto, pure l'accollatario possa trovare sicuro guadagno colla cattiva costruzione delle strade, l'affidare la direzione allo Stato, alle Province, ai Comuni o ad altri sarà tutt'uno. Il personale dovrebbe dunque essere intelligente, istruito, laborioso e coraggioso per potere studiare sui luoghi le condizioni dei terreni e i tracciati. Dovrebbe essere inaccessibile alle influenze e pressioni di ogni genere e tener conto solamente degli interessi generali dell'Isola nella determinazione dei tracciati delle strade e dell'ordine di tempo nel quale si dovessero costruire, e per ciò dovrebbe essere composto esclusivamente di persone del Continente.

Ma perchè queste qualità del personale approfittassero alla Sicilia e all'Italia, converrebbe che il Governo centrale non fosse il primo a lasciarsi influenzare od ingannare da quegli interessi esclusivi di persone, di camarille, di località che dappertutto in Sicilia si fanno innanzi, s'impongono ai Siciliani stessi, si presentano sotto forma d'interesse generale e come tali si fanno trattare a danno degli interessi generali veri. Nella combinazione di questo prevalere ed imporsi degli interessi e dei desiderii d'infime minoranze, collo spirito della legislazione e della pratica di Governo italiano, sta la cagione prima e il fondamento della straordinaria impotenza di questo a riparare a tutti i mali di Sicilia di ogni genere e specie. Preparato ormai il campo coll'analisi degli elementi della società siciliana, potremo, senza troppo dilungarci, esporre nel capitolo seguente in quali modi e con quali forme siffatta cagione possa produrre tali effetti.