Considerazioni sulla importanza militare e commerciale della ferrovia direttissima Bologna-Firenze/Capitolo 1

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CAP. I. - Un po' di storia

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Capitolo 2

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CAP. I.

UN PO’ DI STORIA.

La ferrovia direttissima Bologna-Firenze, benché proposta da pochi anni solamente, ha, come parte della grande arteria centrale longitudinale vagheggiata da molto tempo e non mai concretata con soluzione perfetta, una storia di cui daremo le notizie principali riassumendo brevemente lo stato attuale della questione.

Il primo ad occuparsi della traversata dell’Appennino centrale fu il celebre inventore della locomotiva, Stephenson, il quale fin dal 1845 indicava come più facile il passaggio per la Futa ed il Santerno rispetto ai valichi prescelti posteriormente per la ferrovia Porrettana e per la Faentina.

L’ingegnere Pietro Ganzoni, svolgendo il concetto di Stephenson, concretò successivamente un tracciato da Firenze verso Imola pel Santerno, con pendenze non superiori al 18 per mille.

Un altro tracciato, più al Nord, fu studiato dagli ingegneri Ciardi e Giuliani, che fin dal 1852 si occuparono d’una linea a forti pendenze da Prato a Bologna per le valli del Bisenzio, del Setta e del Reno.

Più tardi il padre Antonelli, dopo aver scandagliato col barometro le vallate interposte tra Firenze e la Romagna, valendosi anche degli studi eseguiti dal Ganzoni, faceva (1860-1863) una serie di raffronti fra le varie traversate corrispondenti alle valli che fanno capo ad Imola, Faenza e Forlì movendo da un concetto giusto ed elevatissimo, quello di ottenere con una sola linea una doppia arteria longitudinale e trasversale nel ganglio della penisola.

Egli si prefiggeva fin d’allora di raggiungere la lunghezza di 5 chilometri nelle gallerie appenniniche, e, seguendo anche per le livellette un concetto largo per quei tempi, studiava ogni linea nella doppia ipotesi di adottare la pendenza massima del 20 per mille, o del 25, giungendo a pronunciarsi per la Faentina, «come tronco della migliore e più breve longitudinale centrale italiana, come il più breve cammino fra la bassa Romagna e Livorno per Firenze, e come parte della migliore [p. 6 modifica] e di una delle tre più brevi possibili da Brindisi e da Ancona a Firenze, a Livorno ed alla Spezia.»

Costruitasi la ferrovia Bologna-Pistoia, l’arteria longitudinale vagheggiata dall’Antonelli, dopo aver pencolato a ponente ed a levante, fu riportata nel Santerno dal Comm. Tarducci, col lodatissimo progetto della linea Firenze-Imola a pendenze non superiori al 18 per mille1 La prima parte di tale ferrovia venne a costituire il tronco Firenze-S. Piero della linea per Faenza, ora in costruzione; la quale, come la Porrettana, colle sue pendenze massime del 25 per mille, segna rispetto alla Imolese un regresso; poiché mentre per gli interessi generali, la differenza di sviluppo, d’ ubicazione e di costo delle due linee ha poca importanza, la differenza delle pendenze massime è molto significante, ed ha una grande influenza sulla potenzialità e sicurezza della strada, nonché sulle spese d’esercizio.

Dopo le molte peripezie che condussero all’adozione dei tracciati per Porretta e Faenza, ritenuti dallo Stephenson i meno idonei per la traversata dell’Appennino centrale, era riservato all’ingegnere Zannoni di portare il problema delle comunicazioni centrali longitudinali della penisola in un campo assolutamente nuovo, vasto ed importantissimo.

Nel 1882 egli ideò, con grande arditezza, una nuova linea attraverso le numerose valli ed i monti che s’incontrano sul percorso quasi rettilineo Bologna-Firenzuola-S. Piero a Sieve, senza oltrepassare la pendenza massima del 15 per mille, senza ricorrere a sviluppi artificiali, e mantenendo le opere principali dentro i limiti ammessi per le traversate dell’Appennino in via d’esecuzione.

Per condurre a Firenze la sua Direttissima, da S. Piero a Sieve ove doveva innestarsi alla ferrovia Faentina, l’Ing. Zannoni presupponeva la parziale rettifica di questa nel tratto Vaglia-Firenze, allora in progetto, allo scopo di diminuirne lo sviluppo e di ridurne la pendenza massima dal 18 al 15 per mille. Ma quando nell’appalto deliberato di detto tronco egli credette vedere un ostacolo insormontabile all’attuazione del suo concetto, piegò la sua Direttissima verso Pontassieve, mirando più direttamente a Roma.

Allora sorse l’idea di contrapporre alla linea Zannoni una Direttissima che dovesse toccare ad ogni costo Firenze. Il Comm. Protche, di ciò incaricato, dopo essersi proposto, come l'ing. Zannoni, di seguire un tracciato che «si prestasse all’esecuzione di una discesa verso Firenze addirittura,» ne abbandonò l’idea per i «lavori di grandissima mole» che avrebbe incontrato sull’andamento prescelto; e si limitò allo studio di un allacciamento delle ferrovie esistenti fra Sasso e Prato, per le valli del Setta e del Bisenzio.

Egli però fece fare egualmente un altro grande passo al problema, lasciando vedere la possibilità di ridurre la pendenza massima della Direttissima al 12 per mille mediante l’interposizione di una galleria, lunga quasi 18 chilometri, fra le valli del Setta e del Bisenzio.

Se la lunghezza e le difficoltà eccezionali di questo tunnel, detto di Montepiano, [p. 7 modifica] rispetto alle opere consimili eseguite ed in corso di esecuzione per le traversate dell’Appennino, costituiscono un grave ostacolo alla pronta attuazione del concetto dell’Ing. Protche, non ne menomano però l’importanza astratta, avendo egli colla sua incontestata ed incontestabile autorità confermato ed esteso, oltre i limiti previsti per le nostre linee interne, un grande principio che merita di essere ripetuto colle stesse sue parole:

«Quante volte, mentre terminava di fare eseguire la ferrovia da Bologna a Pistoia, non ebbi a pensare, davanti all’ardimento dei sommi Sommeiller, Grandis e Grattoni: triste cosa il salir tanto alto, coll’imporre alla costruzione tanti costosi chilometri di strada in più ed all’esercizio tanti chilometri di maggior percorrenza, pieni di forti pendenze e di curve, e tutto ciò al solo fine di ridurre la lunghezza della galleria culminante!»

Facendo tesoro di queste idee, non abbastanza penetrate nella pratica delle costruzioni ferroviarie, abbiamo esaminato il problema delle comunicazioni ferroviarie fra Bologna e Firenze allo scopo di farne emergere l’importanza strategica, commerciale ed economica. Inoltre, prendendo come punto di partenza i progetti dei Comm. Protche e Zannoni, abbiamo tentato di ricondurli all’obiettivo cui erano stati diretti dapprincipio, con opportune varianti ottenute senza oltrepassare la pendenza del 12 per mille, senza incorrere in opere di difficoltà eccezionali, e conciliando gli interessi generali della Nazione con quelli del Mugello, di Firenze, Siena e Livorno.

Il risultato di questi studi, sviluppati colla scorta di pubblicazioni ufficiali e dei rilievi eseguiti dal R. Istituto Geografico Militare per la formazione della gran carta d’Italia a curve orizzontali, è qui raccolto; e rappresenta un tributo d’ammirazione a coloro che si occupano del perfezionamento delle comunicazioni ferroviarie fra Bologna e Firenze, dalle quali dipendono in proporzioni assai maggiori di quelle previste generalmente, i più vitali interessi della Nazione, come ora si vedrà.

Note

  1. Il limite massimo delle pendenze, segnato nel progetto, era del 16 per mille che si può ritenere equivalente al 18 mettendo le pendenze dei sotterranei in armonia con quelle allo scoperto, come all’atto pratico si è tatto sul tronco Firenze-S. Piero. —