Considerazioni sulla importanza militare e commerciale della ferrovia direttissima Bologna-Firenze/Capitolo 5

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CAP. V. - Considerazioni riassuntive

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Capitolo 4
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CAP. V.

CONSIDERAZIONI RIASSUNTIVE.

Colle varianti per Barberino alle linee Protche e Zannoni abbiamo visto che, tanto seguendo la via per Citerna come quella per la Futa, si può ottenere fra Bologna e Firenze una ferrovia Direttissima eminentemente strategica, della lunghezza di circa 100 chilometri, tracciata con curve di raggio non inferiore a M. 400, senza oltrepassare il 12 per mille nelle pendenze, e senza incorrere in opere di difficoltà superiori a quelle ammesse per le linee appenniniche in costruzione. La Direttissima cosi ottenuta, con un tracciato indipendente dalle ferrovie esistenti e dalla viabilità ordinaria, è la sola che, per una favorevole combinazione di circostanze, soddisfa completamente, così pel suo andamento come per l’ubicazione delle stazioni estreme, agl’interessi commerciali e militari, sia locali che generali.

E questo felice accoppiamento di molteplici ed importanti obiettivi si ottiene senza pregiudicare i miglioramenti utili e possibili nella viabilità ferroviaria, tanto sulla linea principale verso Roma, quanto sulle laterali vie secondarie, sopprimendo ogni regresso a Bologna e nella valle dell’Arno, eliminando ogni dannosa ed inutile biforcazione, migliorando il servizio sulla ferrovia Faentina, e riportando vantaggiosamente il movimento longitudinale e trasversale su una sola arteria potentissima, che permette il transito inalterato e senza regresso di qualsiasi treno, da Torino, Milano, Venezia, Faenza, Livorno e Lucca verso Roma, e viceversa.

Perciò, quando si ammetta che la Direttissima indicata sia la più conveniente per conseguire tali resultati, le divergenze sul tracciato della medesima si ridurrebbero alla sola traversata dell’Appennino, che è possibile, in eguali condizioni di pendenza e di sviluppo, tanto per Citerna quanto per la Futa. E il problema, portato così nelle serene regioni ove i soli interessi tecnici e strategici sono prevalenti e degni di considerazione, colla scorta delle carte del R. Istituto geografico1 nonché col consiglio di eminenti geologi e delle nostre autorità militari potrà essere prontamente definito, senza che sia assolutamente necessario di anteporvi dettagliati, lunghi e costosi studi definitivi, i quali dovrebbero sempre essere preceduti da estesi e profondi studi di massima che abbiano saggiamente circoscritto il problema da risolvere. [p. 71 modifica]Sciolta in tal modo la questione del tracciato, conviene determinare se la nuova linea debba avere uno o due binari.

Nell’estesissima zona in cui si esercita l’azione della ferrovia Longitudinale centrale, Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli, e per essa della Direttissima Bologna-Firenze, noi vediamo raccolti i due terzi della popolazione d’Italia, la quale ha il massimo interesse di veder soppressa la barriera appenninica, e di veder collegata la fitta reta ferroviaria del Po a quella peninsulare tirrena con una grande arteria che corrisponda all’importanza che andrà acquistando la Longitudinale in discorso, coll’aprirsi delle nuove linee in costruzione nelle sue adiacenze.

Tale importanza è fin d’ora espressa dalla elevata produttività delle stazioni di Bologna e Firenze e delle linee che a queste fanno capo; e ci indica chiaramente che la nuova ferrovia transappenninica è destinata a raccogliere un traffico di gran lunga superiore a quello che generalmente si ammette per un binario solo, e che perciò dovrà impiantarsi a doppio binario.

D’altra parte abbiamo già osservato che, attesa la rilevante lunghezza delle gallerie occorrenti in qualsiasi linea appenninica, il doppio binario è indispensabile per potere nei sotterranei conseguire in ogni tempo una potenzialità corrispondente a quella della via scoperta; sapendosi, per l’esperienza che ci fornisce la Porrettana, come il semplice binario e le lunghe gallerie siano due nemici della trazione multipla e della continuità del transito, e ci rappresentino la minima potenzialità. Laddove col doppio binario, quando le gallerie siano opportunamente disposte, si ha una potenzialità illimitata, la celerità e sicurezza massima, e le migliori condizioni per il regolare ed economico esercizio.

Le modalità che giovano ad ottenere sulla nuova linea tali risultati devono seriamente preoccuparci, quando si pensi che la Francia e la Germania malgrado le miti pendenze dominanti sulle loro reti ferroviarie2 (nelle quali perciò ogni binario ha una potenzialità di gran lunga superiore alle nostre principali linee strategiche, e le varie linee che corrono nella stessa direzione possono validamente sussidiarsi), pur nondimeno non si sono mai stancate di costruire linee a doppio binario; tantoché queste rappresentano la terza parte dello sviluppo delle rispettive reti: laddove tale rapporto in Italia (ove abbondano le forti pendenze, e le linee [p. 72 modifica] strategiche, essendo poche ed isolate, non sempre possono sussidiarsi), tale rapporto è appena di un venticinquesimo3.

Queste osservazioni diventano più sconfortanti se riflettiamo che durante l’ultima guerra, grazie alle miti pendenze ed alla moltiplicità dei binari, la Francia e la Germania hanno potuto muovere rapidamente imponenti masse d’uomini e di materiali; e che l’Italia, invece, dopo tanti sacrifizi fatti per la difesa del paese, è condotta a tal punto che le nostre artiglierie e la cavalleria forse troveranno più facile, per andare da Firenze a Bologna, l’antica via Etrusco-Romana che non le ferrovie costruite ed in costruzione.

Questo infelice stato di cose, che ci obbligherà a tenere un esercito sproporzionato ai nostri mezzi, senza poterlo distribuire ed utilizzare convenientemente (all’opposto di ciò che avverrà presso le nazioni vicine), deve ad ogni costo spingerci a farla finita una buona volta coi mezzi termini, ed a risolvere il più grande problema ferroviario che debba preoccuparci con largo e sicuro colpo d’occhio, come seppero fare il Governo Toscano ed il piccolo Piemonte colle linee a doppio binario Firenze-Livorno e Torino-Genova. In altre parole, per la sicurezza della patiia e per poter contenere entro giusti confini le spese militari, sia in tempo di pace che durante la guerra, dobbiamo almeno sulla principale nostra linea strategica, conseguire il massimo grado di potenzialità coll’applicazione del doppio binario a mite pendenza, poiché: con esso rimanendo abolita ogni restrizione nelle modalità, uso e circolazione del materiale mobile, e soppressi i vincoli dei passi a livello, degli incroci obbligatori e degli orari preventivi, si diminuiscono i pericoli di accidenti, si agevola e si restringe il còmpito assegnato ad ogni agente ferroviario; si limita il personale che ha ingerenza nella circolazione dei treni; si ottiene 1 eseicizio potente ed economico, nonché la circolazione tacile e celere, assicurando in ogni evento la continuità del transito fra le numerose linee che si allacciano a Bologna ed a Firenze.

Fissato cosi l’andamento generale della linea e le modalità principali a cui tleve subordinarsi la sua costruzione, per ottenere un arteria che abbia in sommo [p. 73 modifica] grado tutti i requisiti atti a soddisfare le esigenze militari e commerciali, sorge spontanea l’obiezione sul modo di provvedere alla sua attuazione.

La questione di massima si può considerare come risolta; poiché se recentemente il Parlamento trovò opportuno accrescere lo sviluppo delle ferrovie complementari di quarta categoria coll’aggiunta di 1000 chilometri di ferrovie innominate, e perciò di importanza incerta, con più ragione potrà completare la serie delle linee complementari di prima categoria, comprendendovi la Direttissima Bologna-Firenze, la cui importanza militare e commerciale è troppo evidente, e la cui costruzione si collega ad una grave questione economico-ferroviaria che merita di essere esaminata.

Dai diagrammi annessi alla Relazione sulle ferrovie per l’anno 1882, pubblicata per cura del Ministero dei Lavori Pubblici, risulta che nel ventennio dal 1863 al 1882 le spese d’esercizio sulle ferrovie italiane sono aumentate di circa 5000 lire al chilometro, e che quasi di altrettanto sono diminuiti i prodotti netti.

Questo fatto dimostra che la nostra rete ferroviaria considerata nel suo complesso, non ebbe alcun sensibile aumento nel prodotto lordo chilometrico, e che al contrario, in detto intervallo, vide crescere di una metà le spese d’esercizio, poiché esse salirono da 10,000 lire al chilometro a lire 15,000.

Tale anomalia devesi in massima parte attribuire al maggiore sviluppo dato, nell’indicato periodo, alle ferrovie poste in condizioni poco favorevoli per la natura dei terreni attraversati e per la disposizione altimetrica; ragione per cui le spese di trazione e quelle di manutenzione presero proporzioni assai maggiori di quelle relative alle linee da cui erano costituite le reti in esercizio nel 1863.

Oltre a ciò, gli ostacoli che gli Appennini e le Alpi presentano alla viabilità ferroviaria, e per conseguenza al transito dei viaggiatori ed allo scambio delle merci, ebbero per effetto di accrescere i trasporti a vuoto per mancanza di equilibrio nel movimento delle merci nei due sensi; e ciò sappiamo che avvenne in proporzioni notevoli nelle ferrovie peninsulari, e per conseguenza anche su quelle continentali a cui le prime sono allacciate.

Intanto le 5000 lire di maggiori spese, per ognuno dei 9000 chilometri di ferrovia esercitati nel 1882, ci rappresentano il limite raggiunto dall’imposta che l’Italia paga ai suoi monti, o che le linee di pianura pagano a quelle di montagna; imposta che è andata gradatamente crescendo coli’estendersi della nostra rete, e che nel 1882 raggiunse la rilevante cifra di 45 milioni di lire annue, dovuta ai 6000 chilometri di nuove linee aperte dal 1863 al 1882.

Ora queste nuove ferrovie, costruite durante un così lungo periodo di tempo, si estesero, è vero, nel piano e sui monti con linee passive; ma comprendono pure delle linee di pianura e di montagna di primaria importanza, le quali avrebbero dovuto compensare le perdite causate dalle prime; poiché fu appunto in tale periodo che si completarono le reti più importanti, che si apersero le nostre vie internazionali, che vennero costruite le numerose traversate appenniniche e che i prodotti delle principali arterie raggiunsero proporzioni colossali, specialmente sulle linee di pianura, ove le spese d’esercizio sono minime. Purnondimeno i prodotti netti medi generali scemarono e le spese d’esercizio crebbero a dismisura.

Ciò posto, quali effetti dobbiamo aspettarci dall’apertura di altri 6000 chilometri di nuove ferrovie comprendenti le linee complementari approvate e da [p. 74 modifica] approvarsi, le quali si troveranno certamente in condizioni tecnico-economiche assai peggiori di quelle costruite nel lungo periodo accennato?

Se si dovesse giudicare dell’avvenire dai risultati ottenuti negli ultimi quattro anni precedenti il 1882, dovremmo essere spaventati dal nuovo abisso che sta per aprirsi davanti al nostro bilancio ferroviario; imperocché in tale breve periodo le spese d’esercizio chilometriche crebbero, ed i prodotti netti diminuirono in un rapporto di gran lunga superiore alla media desunta dalle cifre esposte.

E siccome le nuove linee si estendono principalmente nel bacino peninsulare tirreno e nella valle inferiore del Po, ossia nella stessa zona in cui furono tracciate le linee principali costruite nel ventennio accennato, dobbiamo doppiamente essere sgomentati dei risultati economici che si otterranno; imperocché le nuove linee, e quelle specialmente del versante tirreno, avendo un’importanza assai minore di quelle aperte nell’indicato periodo, ed essendo lontane dalle grandi città, dalle grandi vallate e dai porti principali, daranno prodotti assai minori di quelle esistenti; laddove le spese di esercizio saranno aggravate dalle meno buone condizioni delle livellette e dei terreni attraversati.

Queste osservazioni sono ampiamente confermate dai risultati ottenuti sulle Ferrovie Romane, le quali, come si disse al Cap. III, rappresentano una delusione ferroviaria dipendente in principal modo dall’influenza che le forti rampe, quando anche sieno brevi, esercitano sulle lunghe linee a miti pendenze; e provano come tale delusione abbia colpito non solo l’industria ferroviaria per maggiori spese di impianto e di esercizio, nonché per minori introiti, ma anche la stessa Nazione, per maggiori sovvenzioni pagate alle Società ferroviarie e per il minore sviluppo che ebbero l’industria agricola ed il commercio.

Così pure i nostri valichi alpini, che destarono tante rosee speranze sull’avvenire del movimento di transito, alla lor volta ci procurarono amare delusioni dipendenti dall’abitudine invalsa di giudicare le ferrovie alla stessa stregua delle vie marittime, tenendo conto delle sole distanze: come se il salire colla locomotiva a più di mille metri sul livello del mare, e su forti pendenze, fosse la stessa cosa come il camminare in piano.

Praticamente le cose procedono ben altrimenti; e l’economia dell’esercizio ferroviario ossia i limiti di concorrenza di due linee, una pianeggiante e l’altra a forti pendenze, determinati colla scorta delle sole distanze e tariffe, sono ben lontani dal rappresentare la convenienza per le Società ferroviarie di seguire una via piuttostochè l’altra; non potendosi, nello stabilire le tariffe delle forti rampe, tener conto di tutte le spese dirette ed indirette dalle medesime dipendenti, ed essendovi d’altra parte la questione del maggior tempo impiegato nel percorso e nelle soste al piede delle rampe stesse, il qual tempo è moneta tanto per il materiale mobile male utilizzato, quanto per le merci che viaggiano a passo di lumaca4.

Ma ciò che non è espresso dalle tariffe è sentito dalle amministrazioni ferro[p. 75 modifica]viarie, dai commercianti e da ognuno che paragoni un treno di 80 veicoli, il quale, grazie alle miti pendenze, procede regolarmente ed inalterato, con pochi freni, con poco personale, con poche soste e nessun ritardo, su una linea di pianura a doppio binario (come la Paris-Lyon-Méditerranée) ad un convoglio d’ una diecina di veicoli il quale stentatamente, fra i venti e le nevi, si avanza sulle rampe alpine od appenniniche, ad un solo binario, fermandosi ad ogni stazione d’incrocio, accumulando coi propri i ritardi degli altri treni, e portando il fardello di numeroso personale e di molti freni, i quali poi si trasporteranno anche in gran parte inutilmente nel piano dopo le lunghe soste al piede delle rampe.

L’espressione molto attenuata di tutti questi inconvenienti si ha osservando: che le spese di esercizio per tonnellata-chilometro-brutta sulle rampe del Semmering al 25 per mille sono quasi triple di quelle risultanti per la parte a mite pendenza dell’intera linea Vienna-Trieste; che tali spese sul Brennero superano di un terzo quelle del Semmering; e che i rapporti indicati diventano sensibilmente maggiori quando siano riferiti al peso utile trasportato, anziché a quello lordo, per la tara più elevata dei treni che transitano sulle linee di montagna rispetto a quelli delle ferrovie pianeggianti.

Tutte queste considerazioni ci fanno presentire quello che avverrà della rete peninsulare tirrena e della rete inferiore del Po, perdurando lo stato attuale delle comunicazioni attraverso l’Appennino, ossia lasciando il movimento longitudinale centrale della penisola vincolato alla Porrettana, che è una copia fedele del Semmering, ed alla Faentina che, per maggior lunghezza di linea e di forti rampe (aggravate da un’ enorme contropendenza), è in peggior arnese della prima.

Però, anziché spaventarci dell’abisso in cui sta per precipitare il nostro bilancio ferroviario, dobbiamo esaminarne le condizioni e trovare il modo di ridurre, da una parte, le spese di esercizio; e di accrescere, dall’altra, il traffico, per ottenere l’equilibrio indispensabile al regolare andamento di ogni amministrazione.

Come abbiamo visto nel Cap. III e come è dimostrato dai risultati dell’esercizio delle nostre ferrovie nell’ultimo ventennio, le spese dirette ed indirette delle linee di montagna, e specialmente delle forti rampe, sono tali e tante che non possono essere compensate dal movimento delle merci che si effettua su tali linee; e dette spese, terminando per ricadere sul movimento che ha luogo sulle linee di pianura, contribuiscono ad aumentare le spese generali di esercizio, e quindi a mantenere elevate le tariffe di tutta un’intera rete, con danno pel traffico che si svolge unicamente sulla parte pianeggiante di questa.

Ma vi è di peggio ancora: poiché, crescendo continuamente lo sviluppo delle linee di montagna, si aumentano le spese chilometriche medie di esercizio e le nostre condizioni economico-ferroviarie vanno sempre più peggiorando.

Ad ovviare a tale inconveniente, per potere cioè diminuire le spese di esercizio e quindi le tariffe, anziché correre il rischio inverso, almeno per la parte più difettosa delle nostre ferrovie peninsulari, è necessario di riportare il traffico longitudinale centrale, che è il maggiore, su linee a miti pendenze; destinando le ferrovie di montagna al solo movimento locale che, essendo di poca entità, grava meno sul bilancio ferroviario.

Ciò si otterrebbe appunto colla Direttissima Bologna-Firenze, la quale, [p. 76 modifica] procurando una grande arteria longitudinale a mite pendenza nel centro della penisola, raccoglierebbe il movimento sparpagliato per le molteplici traversate dell’Appennino a forti pendenze, con un’economia rilevante nelle spese d’esercizio e nel materiale mobile occorrente: economia che si consegue sempre, anche data l’ipotesi sfavorevole che i prodotti non aumentino.

Ma non vi è dubbio che la Direttissima, colle minori percorrenze che presenta al traffico, colla maggior celerità e comodità del transito, tanto pei viaggiatori quanto per le merci, determinerà un notevole incremento nei prodotti ferroviari.

Ed in tal caso si avrà un altro grande vantaggio: quello di aumentare gli scambi e favorire il transito delle merci, ora deficiente, dal Nord al Sud, e per conseguenza di scemare i trasporti a vuoto per insufficienza di traffico o per disequilibrio nel movimento di andata e ritorno: laonde il maggior prodotto che potrà ottenersi, collo stesso materiale mobile e colle stesse spese di trazione, potrà considerarsi come utile netto.

Tali miglioramenti del servizio, ed i ribassi di tariffa che in conseguenza si potranno concedere alle merci ed ai viaggiatori destinati a lunghi percorsi (poiché non vi è ragione di escludere i viaggiatori dal godimento delle tariffe differenziali) e specialmente al movimento transappenninico, permetteranno di sviluppare potentemente le relazioni commerciali fra i due principali nostri bacini, ora divisi dall’Appennino, nonché il movimento di esportazione dall’estesissimo versante occidentale della penisola verso il Nord d’Europa. In tal modo si determinerà un grande incremento nel traffico longitudinale centrale, il quale potrà compensare le passività delle nuove linee peninsulari: imperocché se il traffico di queste, con opportune disposizioni, potrà rendersi in parte notevole, costituito dalle merci destinate a lunghi percorsi sull’arteria centrale, l’utile netto che su questa si otterrà, a causa delle miti spese di trazione, potrà essere rilevante e tale da compensare le passività del breve tronco secondario da cui proviene la merce.

Avuto riguardo a tali considerazioni, si può affermare che una ferrovia di florido aspetto il cui movimento abbia principio e termine fra le stazioni estreme, contribuirà assai meno al miglioramento economico della rete a cui appartiene, di un’altra ferrovia meno produttiva, il cui traffico sia invece destinato a proseguire per lungo percorso sull’arteria principale, quando le miti spese di trazione rendano su questa i trasporti produttivi.

Da tutto ciò dobbiamo inferirne che i criteri che possono determinare la convenienza economica di costruire una data linea secondaria non sempre devono essere desunti dall’utile netto probabile; ma spesse volte, e questo avviene per molte delle nostre linee peninsulari, l’utilità di una data ferrovia dovrà giudicarsi tenendo anche conto dell’utile netto che essa procura alle linee a cui trasmette il proprio traffico; il quale utile è tanto più rilevante quanto maggiore sarà il percorso effettuato su questa dalle merci e dai viaggiatori provenienti dalla prima.

Analogamente, la convenienza di costruire una scorciatoia importante non deve essere desunta dall’utile netto che procurerà, ma dall’influenza che essa può esercitare tanto sull’economia dell’esercizio e sull’aumento del traffico nelle linee comprese nella sua zona d’azione, quanto sulla difesa del paese e sullo sviluppo dell’agricoltura e delle industrie nazionali. [p. 77 modifica]Giudicando a tale stregua le nuove ferrovie, chi può valutare quale sarà l’importanza della rete peninsulare tirrena, il cui movimento è destinato a propagarsi in grandi proporzioni al di là dell’Appennino e delle Alpi? Chi poi potrebbe calcolare i resultati economici della Direttissima Bologna-Firenze, che estende la sua influenza sui tre quarti delle nostre ferrovie nonché sulle città e regioni più inclinate ai mutui scambi per le diverse condizioni del suolo, del clima e delle industrie, e che permette il transito celere ed economico di qualsiasi treno sulla linea passante pei centri di gravità del traffico peninsulare da Milano a Napoli?

Sotto l’aspetto militare l’importanza e l’urgenza della Direttissima è più evidente ancora. Durante la discussione fattasi sulle nostre vie strategiche nella Camera dei Deputati allorché si approvarono le nuove ferrovie in costruzione, venne dichiarato che occorrono otto giorni per trasportare 60,000 uomini dalla valle dell’Arno in quella del Po per la via Porrettana, quando fosse possibile di fare la restituzione dei materiale mobile per altre linee; e dodici giorni quando la restituzione avvenga per la linea stessa 5

Ora, quando si sa che tutto ciò è subordinato alla possibilità, alquanto problematica durante la guerra, di ottenere sulle forti rampe appenniniche ad un solo binario un servizio regolare; quando si sa che in otto o dieci giorni, coi mezzi che oggi si adoperano per far la guerra e collo stato delle nostre coste, si possono decidere o compromettere seriamente le sorti della patria, tanto nella valle del Po, ove si troveranno schierate le maggiori nostre forze, quanto nel bacino tirreno ove saranno sparpagliate quelle che devono difendere la capitale, le nostre spiaggie e le nostre vie di comunicazione interne; quando si sa che, colle grandi masse oggidì occorrenti per far pendere la bilancia da una parte, e colla rapidità fulminea che richiedono le mosse per essere efficaci, non è con 60 mila uomini, ma col doppio, col triplo, col quadruplo di forze che bisogna piombare, e prontamente, sul nemico ovunque si presenti o sia prevalente; quando si sa che la Porrettana e la Faentina valgono poco più di una buona strada ordinaria, e che, per deficienza di materiale mobile idoneo, per false manovre, sviamenti, scontri o guasti in piena corsa, possono essere ridotte all’inazione; quando lo stesso servizio di approvvigionamento e rifornimento dell’esercito accampato sul Po può essere compromesso, poiché uno scontro od uno sviamento nelle gallerie appenniniche può interrompere il servizio per parecchi giorni, noi dobbiamo rimanere atterriti alla vista del filo di paglia, rappresentato dalle rampe appenniniche, al quale è legato l’avvenire della patria.

A questo filo, se vogliamo essere sicuri e forti in casa nostra, bisogna sostituire un fascio poderoso di rotaie; e questo si ottiene appunto colla Direttissima Bologna-Firenze, quando sia costruita a doppio binario ed a mite pendenza. Poiché, allora, destinando la Porrettana e la Faentina al trasporto degli approvvigionamenti e del materiale vuoto, avremo sui due binari della nuova linea una potenzialità immensa pel trasporto dell’esercito combattente; e quand’anche, per guasti od altro, venga meno il sussidio delle rampe appenniniche, le sorti della patria saranno sempre affidate a due binari potentissimi, e, quel che più monta, di facile e sicuro


(1) V. Atti della Camera dei Deputati, seduta del 22 Maggio 1879 (pag. 6478), [p. 78 modifica] esercizio, qualunque sia il materiale mobile e qualunque sia il carico; poichè i treni, potranno correre ed inseguirsi in ogni senso, di notte e di giorno, ad occhi chiusi.

Allora il doppio binario che si otterrà da Bologna a Livorno, ed i miglioramenti possibili sul tratto Firenze-Roma-Napoli, costituiranno la più formidabile opera di difesa contro il nemico schierato nella valle del Po e contro le forze che volesse sbarcare sulle nostre coste, poichè l’Italia potrà, in ogni istante portare e riportare le sue forze al di qua ed al di là dell’Appennino, e concentrarle ovunque sia minacciata nella sua esistenza.

Adunque nella Direttissima Bologna-Firenze sta nascosto il nostro più importante problema militare, ferroviario, agricolo e industriale, e ad essa devono tendere i nostri sguardi e tutti i nostri sforzi. E come il sangue affluisce al cuore per una via e ne riparte per un’altra, così attraverso l’Appennino che divide il cuore d’Italia dalla valle del Po, dobbiamo creare una grande arteria a doppio binario, la quale permetta il flusso e riflusso del movimento longitudinale senza i vincoli che inceppano il servizio sulle forti rampe e sulle linee ad un solo binario. Noi dobbiamo in altre parole distruggere gli effetti del vizio organico da cui è affetta la grande arteria longitudinale-centrale della penisola, e conseguire, dal Po al Sebeto, l’unità ferroviaria, se vogliamo conservare l’unità politica, raggiungere quella economica e permettere a tutti gli Italiani di concorrere alla difesa ed alla prosperità della Nazione.



Note

  1. Ved. i fogli N. 87, 98 e 106 della carta d’Italia alla scala da 1 a 100000.
  2. Prospetto altimetrico delle ferrovie sotto indicate.

    RETI FERROVIARIE TRATTE IN PENDENZA
    MITE MEDIA PORTE
    Lunghezza Pendenza
    per mille
    Lunghezza Pendenza
    per mille
    Lunghezza Pendenza
    per mille
    Kilom. Metri Kilom. Metri Kilom. Metri
    Paris-Lyon-Méditerranée (1878) (a) 6000 0 - 10 700 10 - 15 300 15 - oltre
    Prussia (1878) 17524 0 - 10 412 10 - 20 21 20 - oltre
    Italia (1883) 6461 0 - 05 2,529 5 - 15 609 15 - oltre
    (a) La rete Paris-Lyon-Méditerranée comprende le ferrovie francesi che trovansi nelle condizioni altimetriche meno buone.
  3. Prospetto delle ferrovie a semplice e a doppio binario

    nei principali Stati d’Europa.

    INDICAZIONE
    degli
    STATI
    LUNGHEZZA DELLE LINEE
    A BINARIO TOTALE
    semplice doppio
    Kilom. Kilom. Kilom.
    Francia (1878) 12490 7855 20345
    Prussia (1878) 11346 6611 17957
    Austria (1878) 15972 1465 17437
    Italia (1883) 8960 638 9602
  4. Per avere un’idea concreta delle soste al piede delle forti rampe, bisogna riflettere che ogni pesante treno merci proveniente da una linea di pianura deve essere suddiviso in parecchi treni minori per il transito delle rampe indicate, i quali treni, non potendo inseguirsi, impiegano un tempo considerevole per raggiungere la linea di pianura posta al di là del valico, ove deve effettuarsi l’operazione inversa.
  5. V. Atti della Camera dei Deputati, seduta del 22 Maggio 1879 (pag. 6478).