Cose vedute/Il dottor Crisante
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IL DOTTOR CRISANTE Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/241 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/242 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/243 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/244 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/245 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/246 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/247 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/248 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/249 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/250 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/251 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/252 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/253 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/254 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/255 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/256 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/257 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/258 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/259 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/260 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/261 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/262 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/263 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/264 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/265 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/266 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/267 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/268 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/269 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/270 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/271 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/272 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/273 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/274 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/275 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/276 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/277 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/278 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/279 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/280 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/281 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/282 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/283 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/284 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/285 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/286 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/287 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/288 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/289 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/290 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/291 Pagina:Cose vedute - novelle.djvu/292 — 286 —
brighe gli potevano nascere. Eppoi, che farsi aiu- tare dal Paleari? Non era stato lui la causa di tutto quel suo trambusto? Ora lo odiava. E si chiuse ancora di più, cominciando a credere d’aver tutte le ragioni dalla sua.
Intanto, fuori, la gente che gli aveva tagliati i panni addosso cominciava a stancarsi di dire; ma nella farmacia del signor Saverio il capitano degli uccelli tirava sempre in ballo lui e i suoi guai. Avrebbe voluto vederlo almeno da un pertugio come doveva esser ridotto quel libertino! Gliele aveva date lui le Fenici! Capitava qualche volta il Paleari, mentre la compagnia era in quei discorsi; ma allora tutti tacevano o mutavano chiave. Invece in casa sua, quasi ogni giorno, si doveva parlare di Crisante perchè la signora Valeria non finiva mai di dolersi che per cagione di lui, ancorchè non l’avesse fatto apposta, il dottore si fosse ab- bandonato in quella miseria di vita.
— Mi dispiace — le disse un giorno il marito — che tu donna scusi tanto quell'uomo; me ne dispiace davvero. Tornerà a uscire, vedrai; tornerà a uscire.
Valeria non ne parlò mai più.
Ma in quanto a Crisante fu visto uscire soltanto alcune settimane dopo, e ancora non dalla porta di casa, ma da un usciolino dell’orto, e ficcarsi subito in una viottola che menava nella campagna. Però egli doveva aver voluto che Lupinella lo se- guisse, perchè qualcuno vide costei che, a distanza, lo teneva d’occhio. Passeggiò quella volta un poco, = ee
ma poi non ci tornò più: gli era parso d’aver sempre avuto gente alle spalle o appiattata dietro le siepi per fargli del male. Poi, come l’inverno venne, si tappò addirittura in casa e si mise a leg- gere, leggere, leggere, quasi non volesse rimanere neppur un istante da solo col proprio pensiero. Curioso però, che leggeva di preferenza il Libro di Giobbe, come se il percosso dalla sventura fosse stato lui. Quando non ne poteva più, allora si metteva, per dir così, all'ombra di Lupinella, sotto la quale si veniva curvando un tantino di più ogni giorno, ed essa per compensarlo e farsi voler bene gli ammanniva dei desinari e delle cene che, quasi quasi, quand’uno finiva, l’altra incominciava. Le ore ch’essa stava fuori di casa erano per lui ore di paurosa inquietudine, lunghe, contate.
— Che cosa dicono di me? — le domandava sempre appena essa tornava.
— Bah! — rispondeva Lupinella — non san nep- pure se siam vivi.
— Se siam vivi, se siamo! Veramente questo siamo... — brontolava egli quasi offeso. E lei pronta:
— Che cosa dice, che cosa vuole?
— Oh nulla! — le rispondeva il dottore, ben lieto che non avesse capito.
Così a poco a poco quella donna gli fece di- menticar sè stesso e la gente, e sino il brutto mo- mento cui s'era trovato, diceva essa, per le sue ubbie: onde alla fine egli s'accomodò a non pensar più nè a Prospero nè ad altri. Badava a mangiar bene e a ber meglio, e anche accadeva che qualche “
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sera Lupinella lo mandava a dormir alticcio. Quando si annoiava, essa lo incantava nella nicchia del fo- colare e gli faceva dire il rosario, o gli inventava storielle di donne e d’uomini conosciuti da lui; ed egli, che volentieri le credeva, ci provava un gusto matto, consolandosi di trovarsi con sì gran com- pagnia. Se Dio avesse poi perdonato gli altri, avrebbe perdonato anche lui. Ma qualche volta, ascoltando quei racconti, si scoteva, dava un crollo improvviso, che Lupinella credeva fosse alla fine il colpo; dava un crollo e si fissava in una visione che pareva gli passasse davvero dinanzi agli occhi.
— Lupinella! e quando mi porteranno via morto, che si dirà di me?
— Ma? — rispondeva essa, che per solito stava filando.
— Che sono stato un brav'uomo, no di certo! Forse non verranno a accompagnarmi neppur i cani.
— Faremo distribuire dei gran cestoni di pane, e la gente verrà. *
— Ah! sì, dei gran cestoni...! Ma quando mo- rirà il Paleari?
— Ci andrà meno gente che dietro lei!
— No, no! Oh! quel giorno, la gente è giusta! Ci andrà tutto il borgo!
Lupinella seguitava a filare e mandava il fuso con tal forza che pareva mandasse lui chi sa dove.
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