De motu/Avvertimento

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De motu De motu

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AVVERTIMENTO.





Già Vincenzio Viviani, in certi commentari concernenti le Opere del suo Maestro, accennò «ad un manoscritto del Galileo in più quinternetti in ottavo intitolato fuori sulla coperta De motu antiquiora, il quale si riconosce esser de’ primi giovenili studi di lui, e per i quali nondimeno si vede, che fin da quel tempo non sapev’egli accomodare ’l libero ’ntelletto suo all’obbligato filosofare della comune delle scuole». E soggiunge subito: «Quello però di più singolare, che è sparso in tal manoscritto, tutto, come si vede, l’incastrò poi egli stesso opportunamente, a’ suo' luoghi, nell'opere che egli stampò».1 Di «alcuni studi fatti dal Fiorentino Filosofo in sua gioventù, e da esso trascritti in diversi quinterni, sopra uno de’ quali vedesi segnato De motu antiquorum etc.» tocca anche il Nelli, affermando che l’autografo ne era da lui posseduto:2 ed infatti esso è registrato fra i manoscritti della sua libreria;3 e lo vide anche il Venturi, il quale ammesso a cercare nelle Carte galileiane della privata biblioteca del Granduca di Toscana, delle quali la parte principale era appunto costituita dai manoscritti già appartenuti al Nelli, vi rinvenne «vari trattati latini sopra il moto, scritti dal Galileo intorno al 1590, i quali mostrano ch’egli sin d’allora discordava dalla dottrina di Aristotele».4 [p. 246 modifica]

Secondo l’ordine dato ai Manoscritti Galileiani fin da quando vennero raccolti nella Biblioteca Palatina di Firenze, non ve n’ha alcuno il quale porti il titolo De motu antiquiora, riferito dal Viviani, nè l’altro, evidentemente scorretto, dato dal Nelli: ed è probabile che la carta che lo conteneva sia stata strappata nell’occasione di quell’ordinamento, per effetto del quale, come noi crediamo, gli accennati quaderni non vennero più tenuti insieme; poichè uno di essi è unito ora, nel Tomo I della Parte III, con gli studi giovanili di cose astronomiche, od almeno come tali considerate dall’ordinatore, gli altri si trovano nel Tomo I della Parte V.

Tutte queste scritture sono autografe; e le più non furono per anco pubblicate nelle edizioni delle Opere di Galileo.5

Venendo ora ad esaminare la sostanza di questi studi, ai quali abbiamo voluto conservare almeno in parte il titolo primitivo, ci sembra di poter dire che in essi sono contenute in germe, e talvolta espressamente significate, le mirabili scoperte che posero poi l’Autore loro tanto sopra agli altri filosofi contemporanei, e mostrano in fiore i frutti allegati più tardi nei Dialoghi delle Nuove Scienze.

E quanto all’aspetto sotto il quale tali studi si presentano, ci pare che possano distinguersi in tre diverse categorie. La prima, costituita da quasi tutte le cose relative al moto contenute nel Tomo I della Parte III, ci offre alcune considerazioni sotto forma di appunti staccati, quasi note di un lettore o riflessioni di un pensatore; e lo stesso loro aspetto materiale ci sembra confortare il nostro giudizio. Questo codice contiene fino alla car. 100 li Iuvenilia e, a partire dalla car. 102, una serie di vocaboli latini col corrispondente italiano, la quale tuttavia occupa soltanto i principii di alcune pagine, mentre sulle parti rimaste bianche sono scritti i detti appunti sul moto. Quei vocaboli latini non sono però di pugno di Galileo, come non sono di sua mano alcuni esercizi di scrittura e di stile epistolare che si trovano nelle ultime pagine del codice; per la qual cosa sembrerebbe quasi potersi argomentare, che di questo libretto, il quale forse sarà stato già adoperato dal fratel suo, si servisse il giovane filosofo come d’uno scartafaccio cui consegnava i suoi pensieri, via via che gli venivano nella mente o gli erano suggeriti dalle letture che andava facendo. La seconda e la terza categoria sono costituite da quanto si legge nel Tomo I della Parte V:6 quella è rappresentata da diversi capitoli, nei quali si concretano alcuni principii intorno alle cause ed alle leggi del moto; questa contiene buon numero delle più notevoli questioni concernenti lo stesso argomento, esposte sotto forma di dialogo. E tale, [p. 247 modifica]meno qualche eccezione, di cui terremo fra poco parola, deve anche essere stata la natural genesi di cosiffatti studi nella mente di Galileo. Egli stesso, senza dubbio alcuno, pensò a dare a queste sue scritture un ordinamento logico; e forse non ne abbandonò del tutto il pensiero, se non quando, riprendendole in mano dopo molti e molti anni, d’una parte di esse volle profittare, inserendola quasi testualmente nei Dialoghi delle Nuove Scienze. Di una divisione in capitoli è tuttora evidente la traccia, tanto nelle intestazioni delle singole parti, quanto nel corpo di queste, le quali talvolta trovansi richiamate dall’una all’altra; ma disgraziatamente siffatti richiami non sono completi, nè sempre rigorosamente coordinati, ed anzi in qualche circostanza inducono a dubitare che tutto quanto Galileo dettò intorno a questo argomento non sia fino a noi pervenuto. Or dunque, accingendoci noi a procurare per la prima volta una edizione completa di tutto ciò che rimane di tali scritture, avevamo dapprima pensato ad una distribuzione della materia in vari libri, secondo la quale avremmo cercato, entrando nell’intenzione dell’Autore per quanto era permesso divinarla, di dar forma organica a quello che apparentemente ha soltanto un aspetto frammentario; ma ne abbiamo dismesso il pensiero, perchè la divisione in libri, facendo pensare ad una successione di argomenti trattati, non ci parve che si adattasse al caso nostro, nel quale abbiamo piuttosto un solo argomento in una serie di elaborazioni succedutesi l’una all’altra a non grande distanza di tempo.

E per ciò che concerne il Tomo I della Parte V, dopo mature considerazioni desunte dalla essenza delle scritture, dalla forma nella quale sono distese, da alcuni segni di richiamo che vi si riscontrano, e dalle tracce di una antica e originale numerazione delle carte del codice, noi siamo stati indotti a considerare come un primo getto ciò che si legge nelle car. 61 r.-124 v. (pag. 251-340): ed i vari capitoli in queste compresi abbiamo determinato di dare secondo l’ordine col quale il manoscritto li presenta. Per verità, ciò che si legge a car. 77 r.-78 v. (pag. 274-276) avrebbe potuto essere tralasciato senza danno sensibile per la continuità della trattazione, poiché non vi si rinvengono se non ripetuti richiami al contenuto del lungo capitolo che lo precede a car. 68 v.-76 r. (pag. 262-273); se noi non ci fossimo prefissa la massima indeclinabile che nulla sia trascurato di quanto i codici conservano di Galileo. In ciò che si legge a car. 133 r.-134 v. (pag. 341-343), seguendo i medesimi criteri, ci parve di poter riconoscere una seconda o posteriore lezione dei due capitoli iniziali della prima parte; nelle car. 43 r.-60 r. (pag. 344-366), una terza trattazione delle dottrine esposte a car. 61 r.-62 v. (pag. 251-253) e, con notevoli omissioni ed aggiunte, seconda di ciò che si legge a car. 62 v.-66 v. e 85 r. (pag. 253-260) e a car. 88 v.-92 r. (pag. 289-294). Al quale proposito, stimiamo opportuno di avvertire che a car. 49 v.-60 r. (pag. 352-366) i problemi sono in parte trattati ed ordinati altrimenti che nella prima lezione. Corrispondono tuttavia le car. 43 r.-60 r. (pag. 344-366) alle 61 r.-66 v. e 85 r. [p. 248 modifica](pag. 251-260) e alle 88 v.-92 r. (pag. 289-294), in quanto e nelle une e nelle altre non è ancora questione delle variazioni di velocità. In particolare poi il capitolo a car. 88 v.-92 r. apparisce di molto migliorato nella nuova lezione che se ne ha a car. 51 v.-56 r. (pag. 355-301).

A queste scritture abbiamo fatto seguire (pag. 367-408) la lezione dialogizzata (Par. V, T. I, car. 4 r.-35 v.), nella quale credemmo opportuno d’inserire pure un brano, egualmente dialogizzato (pag. 375, lin. 10 — pag. 378, lin. 3), che rinvenimmo nel Tomo I della Parte III (car. 102 r.-104 v.).

Nei dialogo sono interlocutori un «Alexander» ed un «Dominicus»; rispetto ai quali suppose il Nelli7 che Galileo abbia voluto porre in iscena Iacopo Mazzoni e Luca Valerio, ch’egli ebbe a compagni in Pisa nel tempo a cui risale la composizione di queste scritture. Del «Dominicus» nulla sappiamo; ma certamente «Alexander» altri non è che Galileo stesso, poiché in certo luogo Alessandro parla della bilancetta come d’uno strumento da lui inventato (pag. 379), ed ancora servendosi di termini da Galileo stesso adoperati nella relativa scrittura.

Abbiamo posto alla fine gli appunti scuciti concernenti l’argomento di queste scritture, i quali rinvenimmo nel Tomo I della Parte III a car. 102 r., 104 v.-110 r. (pag. 409-417) e nel I della V a car. 3 v. (pag. 418-419): e ciò anche perchè non è del tutto senza fondamento il pensare che, almeno alcuni, si riferiscano o a lezioni ulteriori in ordine di tempo o a successive parti di quelle prime delle quali si è già tenuto parola.

Nell’edizione poi di tutti questi scritti abbiamo sempre voluto attenerci con la maggior fedeltà all’autografo. Le aggiunte e postille marginali furono inserite al loro luogo nel testo, pure avvertendone il lettore, allorchè vi erano da qualche segno richiamate; poste in nota, quando di richiamo non trovammo traccia. Non ci parve poi opportuno trascurare nemmeno alcuni passi che l’Autore cancellò sostituendovene altri; come quelli che, in certi particolari, talora di poca, talora di maggiore, importanza, ci mostrano anch’essi il lavoro successivo di elaborazione, e del pensiero e della forma, adoperato da Galileo intorno a questa sua opera. Riferimmo i tratti cancellati, che erano di qualche estensione, in note speciali: dove invece, e così è le più volte, la correzione risguarda soltanto qualche parola, registrammo la frase cancellata a piè di pagina, insieme con gli errori manifesti dell’autografo che, come sempre, credemmo dover emendare nel testo, rendendone però conto esattissimo. E gli errori sono pur troppo frequenti, più che non si crederebbe, per certo trascorrere della penna del grand’uomo ad assimilazioni o attrazioni, che dir si vogliano, di desinenza, o a costrutti viziosamente anacolutici. Tali errori notiamo in carattere corsivo; laddove le cassature del manoscritto sono indicate in carattere tondo, precedute e seguite dalle [p. 249 modifica]parole del testo (e queste in corsivo) in mezzo alle quali vengono a cadere, ancorachè non abbiano sempre relazione sintattica con esse.

Ad eccezione di un capitolo che fu steso parecchi anni più tardi, e che perciò sarà da noi dato al luogo che gli spetta nell’ordine cronologico, tutti gli studi intorno al moto, contenuti nel Tomo I della Parte I e nel I della III, appartengono al tempo in cui Galileo insegnò nello Studio di Pisa; e quando pur ne mancassero altri documenti, basterebbero a farlo presumere i ripetuti accenni alle celebri esperienze ch’egli esegui dalla Torre di Pisa intorno alla caduta dei gravi, e, più ancora, la scena del dialogo, che è a Bocca d’Arno. E probabilmente con le lezioni di Galileo a Pisa si riconnettono pure alcuni commentari sopra l’Almagesto di Tolomeo, ch’egli accenna in queste scritture (pag. 314) di aver già composti e d’esser tra breve per pubblicare; ma de’ quali ad ogni modo nulla è pervenuto fino a noi.




Note

  1. Quinto libro degli Elementi d'Euclide, ovvero scienza universale delle proporzioni, spiegata colla dottrina del Galileo, con nuov’ordine distesa, e per la prima volta pubblicata da Vincenzio Viviani ultimo suo discepolo. Aggiuntevi cose varie e del Galileo, e del Torricelli, i ragguagli dell'ultime opere loro, ecc. In Firenze, alla Condotta, MDCLXXIV, pag. 104-105.
  2. Vita e commercio letterario di Galileo Galilei, ecc. scritta da Gio. Batista Clemente de' Nelli, ecc. Volume II. Losanna, 1793, pag. 759.
  3. Intorno ad alcuni Documenti Galileiani recentemente scoperti nella Biblioteca Nazionale di Firenze per Antonio Favaro: nel Bullettino di Bibliografia e di Storia delle Scienze Matematiche e Fisiche; Tomo XIX, 1886, pag. 30.
  4. Memorie e lettere inedite finora o disperse di Galileo Galilei ordinate ed illustrate con annotazioni dal Cav. Giambatista Venturi, ecc. Parte Seconda, ecc. Modena, per G. Vincenzi e Comp., MDCCCXXI, pag. 330.
  5. Tutto quanto era stato omesso nelle precedenti edizioni venne in questi ultimi anni dato alla luce in: Alcuni scritti inediti di Galileo Galilei tratti dai Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Firenze, pubblicati ed illustrati da Antonio Favaro: nel Bullettino di Bibliografia e di Storia delle Scienze Matematiche e Fisiche; Tomo XVI, 1883, pag. 26-97 e 135-157.
  6. Veggasi una particolareggiata descrizione di questo codice in Favaro, Alcuni scritti inediti di Galileo Galilei, ecc. pag. 35-39.
  7. Vita e commercio letterario di Galileo Galilei, ecc.