Dei delitti e delle pene (1821)/XXI

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§ XXI.

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§ XXI.

Asili.

Mi restano ancora due questioni da esaminare; l’una, se gli asili sieno giusti, e se il patto di rendersi fra le nazioni reciprocamente i rei, sia utile, o no. Dentro ai confini di un paese non deve esservi alcun luogo indipendente dalle leggi. La forza di esse seguir deve ogni cittadino, come l’ombra segue il suo corpo. L’impunità e l’asilo non differiscono che di più e meno; e come l’impressione della pena consiste più nella sicurezza d’incontrarla, che nella [p. 74 modifica]forza di essa, gli asili invitano più ai delitti di quello che le pene non allontanano. Moltiplicare gli asili è il formare tante piccole sovranità; perchè dove non sono leggi che comandano, ivi possono formarsene delle nuove ed opposte alle comuni, e però uno spirito opposto a quello del corpo intero della società. Tutte le istorie fanno vedere che dagli asili sortirono grandi rivoluzioni negli stati e nelle opinioni degli uomini.

Alcuni hanno sostenuto, che in qualunque luogo commettasi un delitto, cioè un’azione contraria alle leggi, possa essere punito; quasi che il carattere di suddito fosse indelebile, cioè sinonimo, anzi peggiore di quello di schiavo; quasi che uno potesse esser suddito di un dominio, ed abitare in un altro, e che le di lui azioni potessero senza contraddizione essere subordinate a due sovrani e a due codici sovente contraddittorii. Alcuni credono parimente che un’azione crudele fatta, per esempio, a Costantinopoli possa esser punita a Parigi, per l’astratta ragione, che chi offende l’umanità merita di avere tutta l’umanità inimica, e l’esecrazione universale; quasi che i giudici vindici fossero della sensibilità degli uomini, e non piuttosto dei patti che li legano fra di loro. Il luogo della pena è il luogo del delitto, perchè ivi solamente, e non altrove, gli uomini sono sforzati di offendere un privato per prevenire l’offesa pubblica. Uno scellerato, ma che non ha rotti i patti di una società di cui non era membro, può essere temuto, e però dalla forza superiore della società esiliato ed escluso, ma [p. 75 modifica]non punito colla formalità delle leggi, vindici dei patti, non della malizia intrinseca delle azioni.

Ma se sia utile il rendersi reciprocamente i rei fra le nazioni, io non ardirei decidere questa questione, sinchè le leggi più conformi ai bisogni dell’umanità, le pene più dolci, ed estinta la dipendenza dall’arbitrio e dalla opinione, non rendano sicura l’innocenza oppressa e la detestata virtù: finchè la tirannia non venga del tutto dalla ragione universale, che sempre più unisce gli interessi del trono e dei sudditi, confinata nelle vaste pianure dell’Asia; quantunque la persuasione di non trovare un palmo di terra che perdoni ai veri delitti, sarebbe un mezzo efficacissimo per prevenirli.