Dei delitti e delle pene (1821)/XXII

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§ XXII.

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§ XXII.

Della taglia.

L’altra questione è, se sia utile il mettere a prezzo la testa di un uomo conosciuto reo, ed armando il braccio di ciascun cittadino, farne un carnefice. O il reo è fuori de’ confini, o al di dentro: nel primo caso il sovrano stimola i cittadini a commettere un delitto, e gli espone ad un supplizio, facendo così un’ingiuria ed una usurpazione di autorità negli altrui dominii, ed autorizza in questa maniera le altre nazioni a far lo stesso con lui: nel secondo, mostra la propria debolezza. Chi ha la forza per difendersi, non cerca di comprarla. Di [p. 76 modifica]più un tal editto sconvolge tutte le idee di morale e di virtù, che ad ogni minimo vento svaniscono nell’animo umano. Ora le leggi invitano al tradimento, ed ora lo puniscono. Con una mano il legislatore stringe i legami di famiglia, di parentela, di amicizia; e coll’altra premia chi li rompe e chi gli spezza: sempre contraddittorio a se medesimo, ora invita alla fiducia gli animi sospettosi degli uomini, ora sparge la diffidenza in tutti i cuori: invece di prevenire un delitto, ne fa nascere cento. Questi sono gli espedienti delle nazioni deboli, le leggi delle quali non sono che istantanee riparazioni di un edifizio ruinoso che crolla da ogni parte. A misura che crescono i lumi in una nazione, la buona fede e la confidenza reciproca divengono necessarie, e sempre più tendono a confondersi colla vera politica: gli artifizi, le cabale, le strade oscure ed indirette, sono per lo più prevedute, e la sensibilità di tutti rintuzza la sensibilità di ciascuno in particolare. I secoli d’ignoranza medesimi, nei quali la morale pubblica piega gli uomini ad ubbidire alla privata, servono d’istruzione e di sperienza ai secoli illuminati. Ma le leggi che premiano il tradimento, e che eccitano una guerra clandestina spargendo il sospetto reciproco fra i cittadini, si oppongono a questa così necessaria riunione della morale e della politica, a cui gli uomini dovrebbero la loro felicità, le nazioni la pace, e l’universo qualche più lungo intervallo di tranquillità e di riposo ai mali che vi passeggiano sopra.