Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro sesto – Cap. VI

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Libro sesto – Cap. VI

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Con che modi le macchine, et i pesi de grandissimi sassi si muovino da luogo a luogo, o si sollevino in alto.

cap. vi.


D
I questi habbiamo a trattare, quali e’ sieno, et come fatti: ma da che noi habbiamo detto del muovere le Pietre grandissime, questo luogo ne [p. 141 modifica]avvertisce, che noi raccontiamo prima in che modo tanto gran macchine si muovino, et in che modo elle si ponghino in luoghi difficilissimi. Scrive Plutarco, che Archimede in Siracusa tirava per mezo la piazza una Nave da carico carica con la mano, quasi come un Cavallo per la briglia, ingegno matematico. Ma noi andremo solamente dietro a quelle cose, che si accommodino a bisogni. Dipoi ne dichiareremo alcune altre, onde i dotti, et acuti ingegni potranno da per loro senza oscurità conoscere questa tal cosa. Io truovo che Plinio dice che la Aguglia condotta a Tebe da Fenice, fu condotta per una folla tirata dal Nilo, messa detta Aguglia sopra Navilii carichi di zavorra, accioche scaricata dipoi detta zavorra, portasse via il sollevato peso. Truovo in Ammiano Marcellino una Aguglia essere stata condotta per il Nilo con una Nave di trecento remi, et posta sopra curri presso a Roma a tre miglia, essere stata tirata in Circo Massimo per la porta che va ad Hostia, et che nel rizzarla durarono fatica parecchi migliaia di huomini, essendo tutto il Circo ripieno di instrumenti di grandissime travi, et di canapi grossissimi. Leggiamo in Vitruvio, che Ctesifone, et Metagene suo figliuolo condussono in Efeso colonne, et architravi preso il modo dal cilindro, con il quale gli Antichi insegnavano pareggiare il terreno, conciosia che egli impiombò in ciascuna de le teste de le Pietre uno perno di ferro, che usciva fuori, et serviva per fuso, et messe ne detti perni di quà, et di là alcune ruote tanto grandi, et tanto larghe, che dette Pietre stavano sollevate sopra di essi perni: Dipoi col girare de le ruote furono smosse et portate via. Dicono che Chemminio Egittio nel far la Piramide per essere opera alta più di sei ottavi di miglio, condusse quelle Pietre grandissime l’una sopra l’altra con havervi fatti di mano in mano monti di terreno. Scrive Erodoto, che Cleopa figliuolo di Rasinite haveva lasciato dal lato di fuori in quella piramide, nel far de la quale affaticò molti anni centomila huomini, certi gradi, su per i quali con piccoli legni, et instrumenti accommodati, facilmente si conducevano le grandissime Pietre. Trovasi scritto ancora oltra di questo, che in alcuni luoghi furono sopra grandissime colonne posti architravi di Pietre di smisurata grandezza in questo modo: sotto detti architravi, appunto nel mezo vi mettevano duoi baggioli a traverso, che si toccavano l’un l’altro: Dipoi all’una de le teste de gli architravi appiccarono una moltitudine di ceste piene di rena, per lo aggravo, et per il peso de le quali l’altra testa ove non erano ceste, si sollevasse a la aria, et l’altro baggiolo ne restava senza peso alcuno; levate quindi poi le ceste, et messe a l’altra testa già sollevata, in gran quantità, havendo prima però alzato il baggiolo, che era senza peso, mettendovi sopra da quel lato che si poteva, altri baggioli più alti, et cosi seguendo a vicenda venne lor fatto che quasi a poco a poco detta Pietra vi salisse da sua posta. Queste cose raccolte cosi insieme sotto la brevità lasciamo noi che si possino imparare più adilungo da essi Autori. Finalmente secondo l’ordine de l’opera nostra, e’ bisogna raccontare succintamente alcune poche cose, che fanno a nostro proposito. Nè vo perder tempo in raccontare che il peso ha da natura lo aggravare sempre, et che ostinatamente vadia cercando de luoghi più bassi, et che con tutto il suo potere contrasti di non si lasciare alzare, ne si muti mai di luogo se non come vincitore, o superato da un peso maggiore, o da alcuna portanza contraria che lo vinca. Nè starò a raccontare che i movimenti sieno varii, cioè da basso ad alto, da alto a basso, et all’intorno del centro, et altre cose essere portate, altre tirate, altre spinte, et simili. Di questi discorsi ne tratteremo altrove più a lungo. Teniamo pur noi questo per fermo, che i pesi non si muovono mai in alcun luogo più facilmente, che quando vanno a lo in giù; perciò che vi vanno spontaneamente, nè mai più difficilmente, che quando vanno a lo insu: percio che di lor natura a ciò repugnano, et che egli è un certo movimento mezzano infra questi, et forse che terrà dell’uno, et de lo altro, il qual certo non si muove di sua natura; nè anco contradice [p. 142 modifica]obbedire, sicome è quando i pesi si muovano a piano, et per vie non impedite. Tutti gli altri movimenti, che sono più vicini o a questi, o a quelli, sono o tanto più facili, o tanto più difficili. Ma in che modo i grandissimi pesi si possino muovere, pare che la stessa natura de le cose in gran parte l’habbia dimostro. Però che e’ si può vedere che i grandissimi pesi che si pongono sopra una ritta colonna, sono perturbati da piccola percossa, et quando e’ cominciano a muoversi per cadere, non si possono con forza alcuna ritenere. Puossi ancor vedere che esse colonne tonde, et le ruote, et le altre cose da girare son facili a muoversi, et malvolentieri si fermano se cominciano a rotolare, et se si tirano di maniera che non ruotolino, non camminano cosi facilmente. Oltra di questo si vede manifesto che i grandissimi pesi de le Navi si muovono sopra l’acque ferme con poco spignerle se tu continovi di tirarle: Ma se tu le percoterai di qual si voglia grandissimo colpo, non si moveranno cosi subito, come vorresti. Et per il contrario con un subito colpo, et con una furiosa spinta si muovono alcune cose, che giamai senza una straordinaria forza di pesi grandissimi si sariano possute muovere. Sopra il diaccio ancora i grandissimi pesi non repugnano a chi gli tira. Veggiamo ancora che quelle cose, che pendono da un lungo canapo, per alquanto di spatio son pronte ad esser mosse. Il considerare le ragioni di queste cose, et lo imitarle sarà a proposito: noi ne tratteremo succintamente. Bisogna che il disotto del peso sia saldissimo et uguale, et quanto e’ sarà più largo, tanto manco consumerà il piano ordinatoli sotto: ma quanto e’ sarà più sotile, tanto sarà più espedito: vero è che e’ farà solchi nel piano, et affonderavvi. Se nel disotto del peso vi saranno angoli, se ne servirà come di ugnoni ad afferrarsi nel piano, et a resistere al viaggio. Se i piani saranno lisci, gagliardi, uguali, forti, non pendendo da alcun lato, non si alzando da alcun’altro, non affondando da alcun lato, che impedisca, quel peso certamente non harà cosa alcuna che li contrasti, o per il che recusi di obbedire, eccetto questa sola cosa, cioè che esso peso di sua natura è grandissimo amico de la quiete, et però tardo, et lento. Considerando forse Archimede a simili cose, et esaminando più profondamente la forza de le cose, che noi abbiamo dette, fu indotto a dire, che se e’ si trovasse basa di tanta gran macchina, che gli darebbe il cuore di tramutare il Mondo. Lo ordinare il fondo del peso, et il piano sopra a che si hà a tirare, il che noi quì cerchiamo, ci verrà fatto commodamente. Distendinsi travi tante, et tanto grosse, et tanto gagliarde, che sieno bastanti al peso, salde, uguali, lisce, congiunte pari insieme, infra il fondo, et il piano: vi è di bisogno d’un certo che di mezo, che faccia il cammino lubrico, il che si fa con sapone, o con sevo, o con morchia, o forse con belletta. Ecci ancora un’altro modo di fare il cammino lubrico, cioè con curri messivi sotto a traverso, i quali se in questo luogo saranno assai, difficilmente si acconcieranno diritti, a linee uguali, et determinate al disegnato viaggio, il che è di necessità che si faccia, acciò non dieno noia, et non conduchino il peso a l’una de le bande: Ma che ad una sola spinta faccino tutti bene l’offitio loro. Et se e’ saranno pochi, certo che durando sotto il peso fatica, o si consumeranno, o stiacciatisi si fermeranno, overo con quella una sola linea con la quale toccano il fondo del peso, si ficcheranno, et si fermeranno quasi come un taglio nel peso, o nel piano. Il curro è composto di più cerchi congiunti insieme, et i Mathematici dicono che il cerchio non può toccare una linea retta più che in un punto: per questo chiamo io taglio del curro quella linea sola del curro che dal peso è aggravata: a questi curri si provederà bene se si torrà legnami sodi, serrati, et con il disegnare et dirizzare le linee secondo la squadra.