Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro terzo – Cap. V

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Libro terzo – Cap. V

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Del fare i ricinti da basso, o fondamenti, secondo gli esempi, et gli avertimenti delli Antichi.

cap. v.


N
El fare i ricinti da basso, cioè nel finire i fondamenti insin suso al piano del terreno, non truovo cosa alcuna che gli Antichi ci insegnino, salvo che una, cioè che quelle Pietre, che saranno state come dicemmo all’aria duo anni, et che haranno scoperto mancamento, si debbon cacciare ne fondamenti. Percioche si come in l’arte del soldo, gli infingardi, et i deboli che non possono sopportare il Sole, et la polvere, ne sono (non senza vergogna) rimandati a casa loro, cosi ancora queste Pietre tenere, et senza nervo, si ributtano: accioche ignobili si riposino nel loro ocio primiero, et nella loro usata ombra. Ancor che io trovo appressso gli historici, che gli Antichi costumarono nel piantare i detti fondamenti nel terreno, et si sforzarono con ogni loro industria, et diligentia, che la muraglia fusse quivi per ogni conto quanto più si poteva saldissima, come in tutto il resto dell’altre mura. Afite Re delli Egittii figliuolo di Nicerino, che fece quella legge che chi fusse preso per debito, desse in pegno le ossa del Padre; Havendo a fare una Piramide di mat[p. 56 modifica]toni, nel fare i fondamenti, ficcò nel Padule travi, et sopra vi pose i mattoni. E’ si sà ancora che Tesifo quello ottimo, che edificò il celebrato Tempio di Diana in Efeso, havendosi eletto uno luogo piano et purgato, il quale dovesse finalmente essere sicuro da Tremuoti: accioche i fondamenti di si gran machina non si gittassino a caso in quel terreno tenero, et poco stabile, che egli inanzi tratto vi fece nel fondo un suolo di carboni calcati. Et truovo oltra questo che vi sono stati pieni gli intervalli fra pali, et pali, divelli, et di spessi carboni, et pillati, et che ultimamente vi son state distese Pietre quadrate con longhissime congiunture. Truovo ancora appresso di Ierosolima ne fondamenti delle opere publiche, esser stati alcuni che vi posono Pietre lunghe quindici braccia, nè meno alte che sette et mezo. Ma io ho avertito che in altri luoghi quelli antichi esperitissimi nelle opere molto grandi, tennero in riempiere i fondamenti vario ordine di regola. Al sepolcro degli Antonii usarono nel riempiere i fondamenti pezzami di durissimi sassi, non maggiori che quelli, ch’empiono la mano, et gli feciono notare nella calcina: Nel Mercato Argentario, di pezzami d’ogni sorte di Pietra spezzata: appresso al Comitio, di pezzami come zolle di Pietra ignobile. Ma a me piacquono molto coloro i quali immitarono la natura, presso a Tarpeia, et massimo con lavoro accommodatissimo alle Colline: Percioche si come ella nel fare de monti mescola infra le dure Pietre le materie più tenere, cosi costoro vi poson sotto un filare di Pietre riquadrate, quanto più potevano salde, di duoi piedi. Et sopra questo feciono ancora quasi uno smalto di calcina, et pezzami, et cosi dipoi con un’altro ordine di Pietre, et con un’altro di smalto, riempierono i fondamenti. Io ho veduto ancora altrove che gli Antichi fecero opere di fondamenti simili, con ghiaia di cava, et con sassi ragunaticci, et muraglie ancora saldissime che sono durate gran tempo. Disfaccendosi a Bologna una altissima, et saldissima Torre, si trovarono i fondamenti ripieni di sassi tondi, et di creta, quasi che insino a quattro braccia, et mezo. Le altre cose erano murate a calcina: perilche in queste cose è varia la ragione, et quel che io più lodi di queste, non dirò io cosi facilmente, trovando che l’una, et l’altra sorte è durata gran tempo, et fermissima, et saldissima. Ma io giudico che si habbia rispetto alla spesa, pur che tu non vi cacci calcinacci, et cose atte a corrompersi. Sonci ancora altre sorti di fondamenti: una si aspetta a Portichi; et a quei luoghi, dove si hanno a mettere ordini di colonne: l’altra si aspetta a quello, che noi usiamo ne luoghi marittimi, dove non si hà modo di trovare o scerre come tu vorresti la saldezza del terreno. Delle cose marittime ne tratteremo allhora quando tratteremo del Porto, et del Molo da collocarsi nella profondità del Mare: Percioche questo veramente si aspetta non alla opera di tutti gli edificii, della qual cosa noi parliamo in questo luogo, ma a una certa particolare parte della Città, della quale tratteremo insieme con l’altre cose del suo genere, quando membro per membro tratteremo di simili opere publiche. Nel fondare sotto gli ordini delle colonne, non fa mestiere tirare a dilungo una fossa tutta continovata ripiena di muraglia, ma è cosa conveniente fortificare prima il luogo ove tu vuoi porre le sedie, et il letto di esse colonne: et dall’uno all’altro gittare poi archi voltando il dorso di qual s’è l’uno verso il perfondo, di modo che il ricinto, e lo spazzo del primo piano, serva per corda di detti archi. (Tav. 5. B) Percioche stando cosi, saranno manco pronte a forare il terreno in un luogo solo, postovi sopra, et di quà, et di là più pesi, per i fortificamenti de gli Archi che in questo modo se gli contraporranno. Et quanto le colonne sien atte a forare il terreno, et quanto elleno sieno pericolose, et aggravate da i pesi postivi sopra, lo dimostra la cantonata del nobile Tempio di Vespasiano, ch’è volta verso l’Occidente estivo. Percioche havendo voluto lasciare sotto vota la via publica, da potervi passare, che veniva occupata dalla cantonata, intralasciando alquanto di spatio della pianta, et addat[p. 57 modifica]tata alla muraglia una volta, lasciarono essa cantonata quasi che in modo d’un pilastro a lato alla via, et l’afforzificarono con saldezza di opera, et con aiuto di un barbacane. Ma questa finalmente sforzata dalla gravezza di si grande edificio, et mancandoli lotto il terreno, si pelò. Et di questi sia detto a bastanza.