Della congiura di Catilina/XXXVI
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Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
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Risaputesi in Roma tai cose, il Senato dichiara nemici Catilina e Manlio; agli altri tutti, fuorchè ai rei convinti di capital delitto, prefigge il giorno anzi cui possan l’armi deporre senza incorrere in pena nessuna. Ordina inoltre, che i Consoli arruolino; che Antonio coll’esercito si affretti d’incalzar Catilina; e che rimanga a guardia della città Cicerone. Infelicissimo in que’ giorni mi parve lo stato di Roma; che mentre il mondo intero alle di lei armi soggiogato obbediva; mentre le ricchezze e l’ozio, sovrani Numi degli uomini, al di dentro abbondavano, alcuni cittadini pure nel seno trovavasi cotanto ostinati e perversi, che rovinare voleano in un con se stessi la Repubblica. E tanto, e sì forte, e sì universale contagio aveva il più dei Romani ammorbato, che nè pel primo decreto del Senato erasi fra tanti congiurati trovato chi indotto dal premio li tradisse; nè, pel secondo, persona alcuna abbandonate avea le bandiere di Catilina.