Della eccellenza e dignità delle donne/De la magnanimità

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De la magnanimità

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De la temperanza De la dilezione e amore


Dirò ora de la magnanimità, la quale ne le femine tanta si ritrova che quantunche sia in loro, come ho già detto, naturalmente più desiderio de’ carnali congiungimenti, non per tanto non s’è udito ancora mai che alcuna per atutare la voglia sua richiedesse l’uomo de sì fatta bataglia, anzi sempre con animo eccelso e troppo generoso sostengono de esser non una volta ma mille e mille pregate, e Dio volesse ancora che non indarno, perché leve parerìa la fatica de porgere tanti preghi se una volta almanco fossero exauditi, né solamente circa li notturni combattimenti consiste la loro magnanimità; ma noi leggemo ancora di Cleopatra che in gettare le immense richezze non volse cedere a quei ricchissimi imperatori romani.

E ne le sanguinolente guerre sì grande è il numero de le donne che hanno fatto cose maravigliose e quasi incredibili, che non solo non cedano agli uomini, ma ancora gli adeguano e oso dire gli vincono. Se volemo comparare il fatto de la vedova ebrea quando dal padiglione de’ nemici portò il capo d’Oloferne, la memorabil vendetta de Tomiri contra colui che gli aveva il figliuolo ucciso, li vari eventi ne le lunghe battaglie di Zenobia, l’animo invitto de le donne aquileiane quali, essendo la loro città da Maximino imperatore assediata, quasi a l’estremo redotte, si tagliorno i capelli e diedergli a’ loro mariti e fratelli per far le corde agli archi acciò potessero fin a l’ultimo defendersi.

Il somigliante fecero le Cartaginesi contra il minor Africano e il romano essercito. Fecerlo eziandio le Romane quando pel francesco furore furono assediati in Campidoglio avante che il buon Camillo, dimenticata la ingiuria fattagli da l’ingrata patria, a tempo la sovenesse, per il che fu poi consecrato un tempio a la calva Venere.

Né lasciaremo de le donne di Persia che una volta vedendo li loro mariti, parenti e fratelli ne la battaglia fugire, fatteglisi arditamente a l’incontro, poiché con parole non poterono la loro fuga castigare, levatesi in alto i panni gli mostrarono quelle parti che la natura con ogni studio s’ingegnò di coprire, interrogandogli se forse volessero ivi entrare e ascondersi, e così li costrinsero ritornare a la battaglia.

Che diremo de le Spartane? Le quali a’ loro figliuoli andando a la battaglia, poscia che avevangli armati, gli acconciavano alla finestra il scuto dicendo: «O con questo o in questo», facendogli intendere che o morti o vivi a casa onoratamente ritornassero, né per pusillanimità e timore si rendessero a’ nemici pregioni. Per la qual cosa assai mi maraviglio, onde sia intrata a’ nostri tempi la consuetudine de non torre le arme da man di donne quando andiamo alla guerra o in altro viaggio. La quale usanza come scioccamente fu introdutta così devesi rompere, né d’altrui mani mi parrìa più convenevole prendere l’arme che da le donne amate, perché io porto ferma oppinione che più animosamente ciascun le adoprarebbe.

Lascio da canto innumerabili che si potriano racontare ne’ marziali conflitti a qual uomo si sia non inferiori, Antiope, Mirina, Orizia, Ippolite, Menalippe e Pentesilea, che prima trovò la scure, Marpesia e Lampedo figliuole di Marte, Camilla regina de’ Volsci e Bundvica de Britannia quale, udita la crudelità di Paulino Nerone che prendeva le donne e per i capelli le sospendeva, passato il mare con validissimo essercito venne in Francia e uccise tutte le genti de Paulino, facendo a lui patire la medesima pena che egli immeritatamente aveva fatto a le donne sostenere.

Lascio molte altre che sarìa troppo prolisso e soverchia fatica a raccontare e concludendo dico che affaticansi gli uomini quanto vogliono in fare cose grandi e malagevoli, le quali pare più a loro per gagliardezza del sesso suo appartengano, nondimeno non mi si torrà che infinite non siano state quelle donne che di magnanimità abbiano fatto prove sopra naturali, quali in loro sono tanto più mirabili e degne quanto per la loro imbecillità e aviso gli siano più disdette.