Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni/Libro settimo/16. Vittorio Amedeo II

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16. Vittorio Amedeo II

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[p. 71 modifica]16. Vittorio Amedeo II [1675-1700]. — Or torniamo all’ultimo quarto del languido Seicento, e finiamolo. — In Piemonte incomincia un nuovo regno anche piú lungo che non quello di mezzo secolo di Carlo Emmanuele I, sorge un principe anche piú grande, Vittorio Amedeo II. Fanciullo di nove anni, crebbe sotto la reggenza di sua madre, Maria Giovanna, nata d’un ramo collaterale di Savoia. Né fu turbata se non da una sollevazione di Mondoví [1679], fattasi contro alle tasse, e in breve per allora repressa. Nel 1681, Carlo Gonzaga carico di debiti vendeva Casale a Luigi XIV, il quale aveva giá Pinerolo, e diventava cosí piú che mai signore in Piemonte. E dicesi volesse diventare del tutto, e perciò favorisse un progetto di matrimonio del duca di Savoia con una erede presuntiva di Portogallo; sperando, ch’egli andrebbe a regnar lá, e Piemonte, governato da lungi, se ne scontenterebbe e volgerebbesi a Francia. Ma perciò appunto sollevossi l’opinione piemontese contro tale idea; e resta memoria, che uno della corte dicesse al duca, con parola piú grossa che non dico io: — Che altri sudditi andate voi cercando? Piú buona gente di noi non la troverete in nessun luogo. — Né, tolta la rozzezza, fu mai detta piú gran veritá, o piú utile a ridir ora per tôr di mezzo molte vane speranze e molti vani timori: non esiston popoli e principi piú fatti gli uni per gli altri, piú indissolubilmente uniti dai secoli e dalla natura, che piemontesi e casa Savoia. — Ad ogni modo, fu rotto il matrimonio portoghese. E intanto fatto adulto il duca e continuando la madre a voler reggere, egli sostò alquanto per rispetto e vergogna, ma scoppiò poi per natura, e prese in mano il governo. Era poi il tempo della maggior potenza o prepotenza di Luigi XIV, e si faceva sentire anche in Italia. Nel 1684, guastatosi con Genova per non so che affar di sali, la facea bombardare crudelmente, e il doge andava a far le scuse a Versailles. Quali tempi! Nel 1686, spingeva il giovinetto duca a volgersi contro a’ valdesi, e cacciarli di lor valli; come egli Luigi XIV [p. 72 modifica] (dopo revocato l’editto di tolleranza di Nantes) avea cacciati gli ugonotti. Nel 1688, volle sforzare papa Innocenzo XI a lasciar l’asilo de’ malfattori nel palazzo dell’ambasciador di Francia a Roma; e non gli riuscendo, sequestrò Avignone. Ma quel buono e forte papa resistette allora colla pazienza; e tra breve resistette e sollevossi il duca di Savoia con l’armi. In Roma e Savoia era ogni resto di virtú italiana; l’ecclesiastica ne’ papi, la militare ne’ duchi piemontesi. Ai 3 giugno 1690, s’aggiunse Vittorio Amedeo alla lega di quasi tutta Europa contro al prepotente Luigi XIV, e riaprí lor valli a’ poveri valdesi. Scese Catinat a capo d’un esercito francese, e devastò Piemonte, incendiando case e villaggi, ed ammazzando popolazioni innocenti; e vinse una gran battaglia a Staffarda [1690]. Ma vinse il duca a Cuneo [1691] ed invase Delfinato [1692]; e stava per saccheggiare a rappresaglia, quando il vaiuolo sorvenutogli lo salvò di quella nequizia, e lo fece ritrarsi. Vinse Catinat una seconda gran battaglia a Marsiglia [1693]; ma perdé Casale nel 1695. Ondeché, stanco giá Luigi XIV, e volendo provedere colla pace alla prossima eventualitá della morte e della successione di Carlo II di Spagna, s’allentò in Italia la guerra, e s’incominciarono negoziati; e si conchiusero con un trattato [30 maggio 1696], per cui Vittorio Amedeo riebbe tutto suo Stato, Pinerolo stessa, quella ultima spina straniera rificcatagli in corpo. Che piú? In questo trattato, uno de’ piú belli firmati mai da casa Savoia, Vittorio Amedeo fece da arbitro d’Italia cosí, che vi patteggiò la neutralitá universale di essa. La quale poi non riconosciuta da Spagna sua antica alleata, ei si volse contro essa, e la sforzò ad aderire; e cosí egli condusse alla pace universale, che si fece poco appresso a Riswick [1698]. E quindi esso il glorioso guerriero e pacificatore, e il pacificato Luigi XIV, e Spagna, e tutti, posarono aspettando, ed apparecchiandosi con nuovi trattati (tutti inutili poi) all’evento della grandissima successione. — Nel resto d’Italia, intanto, non eran succeduti guari altri casi. In Parma, era a Ranuccio II succeduto il figliuolo di lui Francesco [1694]. — Ed era succeduto nel medesimo anno a Francesco II, Rinaldo suo figliuolo, in Modena. — In Mantova e Monferrato [p. 73 modifica]continuava Carlo II, il venditor di Casale. — E continuava Cosimo III in Toscana. — In Roma pontificò Innocenzo XI [Odescalchi, 1676-1689], buon papa, non nepotista, quegli che resistette a Luigi XIV, quegli che confortò l’immortal Sobieski, gl’immortali e generosi polacchi, a salvar dai turchi, cioè dalla distruzione [1683], quella casa d’Austria, quell’aristocrazia, quella Vienna, or tanto immemori! Seguirono Alessandro VIII [Ottoboni, 1689-1691]; Innocenzo XII [Pignatelli, 1691-1700], papa ottimo anch’egli, che non solamente non fu nepotista, ma fece una bolla [1692] contro al nepotismo, e vi pose l’obbligo di giurarla a tutti i cardinali entranti in conclave e a tutti i papi nuovi; onde fu, non estirpato pur troppo, ma scemato il brutto vizio, durante il secolo seguente. E governò lo Stato non solamente colla bontá solita, ma con ordine insolito colá. — Finalmente, Venezia anch’essa parve ridestarsi alquanto in quegli anni; ché aggiuntasi ad Austria e Polonia nella guerra contro a’ turchi, guerreggiò fortemente, costantemente, quindici anni [1684-1699], ed ebbe un ultimo grand’uomo di guerra e di mare, il Morosini; il quale conquistò a sé il nome di «peloponnesiaco», ed alla patria la Morea, Egina, Santa Maura e parecchi luoghi di Dalmazia. La pace di Carlowitz [1699] sancí tutte queste conquiste; sancí il primo indietreggiare della potenza ottomana, giunta al colmo, minacciante Germania e la cristianitá poc’anni addietro.