Delle biblioteche circolanti nei comuni rurali/Delle Biblioteche Popolari/IV. Della scelta de' libri popolari e delle condizioni per la stampa

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IV. Della scelta de’ libri popolari e delle condizioni per la stampa

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IV. Della scelta de’ libri popolari e delle condizioni per la stampa
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IV.

Della scelta de’ libri popolari e delle condizioni per la stampa.

Chi formerà la scelta di libri che han da entrare nella Biblioteca popolare? Acciocchè il catalogo di questi libri abbia l’autorità che è necessaria, e sia dall’universale accettato, fa d’uopo che i giudizi mercè cui questo o quel libro è ammesso nel novero di quelli che sono a leggersi, sieno pronunziati da persone competenti non solo pel sapere, ma ancora per la particolare conoscenza che hanno del carattere, degl’istinti e de’ bisogni generali del popolo italiano e de’ speciali degli abitanti le varie regioni d’Italia; in questa cosa ed in altre molte noi siamo [p. 46 modifica]partigiani della regione. Il sapere varrà per dichiarare se un libro è immune da errori; ma ciò non basta, vuolsi pure che sia accomodato al grado di cultura di questa o quella provincia.

In secondo luogo cotesti giudizi sieno pubblici, e resi autorevoli dalla conoscenza dei motivi su cui sono fondati, ed inoltre sieno accettati dai Consigli municipali, provinciali e regionali, se col tempo vi saranno.

Lo stesso consesso d’uomini determini quali libri sarebbero a farsi, s’invitino gli scrittori a scriverli; quali sarebbero a tradursi, quali fra gli antichi si potrebbero correggere ed emendare per ringiovanirli ed accomodarli al gusto ed alle esigenze della nostra età.

Il Sacchi non vorrebbe seguitato il riparto del sapere popolare proposto nel catalogo normale delle Biblioteche dell’Alsazia; egli darebbe la preferenza al principio di classificazione che si tenne nell’ordinare la grande Biblioteca di Milano, nella quale i libri vennero distribuiti secondo il metodo di Bacone, cioè per rispetto alle tre grandi relazioni che essi hanno colle facoltà conoscitive dell’uomo, che sono la memoria, la fantasia e l’intelletto. Sotto la prima facoltà si registrano tutti i libri che sono destinati a ricordare i fasti dell’umanità; nel regno della fantasia stanno i libri di letteratura e di estetica, e finalmente si riferisce all’intelletto tutto ciò che è prodotto della riflessione, appartenga esso al mondo morale, all’ideale od al fisico1.

Certo è che un buon catalogo deve cominciare da una sintesi semplicissima ed evidente. Ma sgraziatamente temo che presso di noi sarà questione per molti anni oziosa [p. 47 modifica]quella di stabilire il principio di classificazione da cui partire; per ora deve giovare assai più di ricercare nelle immense nostre Biblioteche, e sceverare dagli innumeri libri que’ pochi i quali per la materia e pel dettato, per l’edizione e per il prezzo possano dirsi veramente popolari. Quindi in sulle prime gioverà meglio un elenco che un catalogo; nè si tema che la lista abbia ad essere troppo lunga.

L’egregio prof. G. Somasca, trattando questa medesima questione nel giornale Patria e Famiglia, dissente un po’ da quanto qui si raccomanda: «Per cominciare una Biblioteca e’ ci vuole così poca cosa che ogni più meschino centro che abbia pure una scoluccia, non fosse altro per pudore, quattro librattoli vorrà comprarli. Non è picciolo vantaggio, si creda, il cominciare dal poco: anzitutto è più facile che i libri siano buoni, in secondo luogo che siano letti, in terzo luogo la difficoltà della spesa svanisce, in quarto luogo si lascia posto pei libri perfetti di là da venire, e finalmente si riesce ad aprire la finca libreria scolastica nel preventivo dei comuni, la quale alimentata sufficientemente con poche lire all’anno riuscirà tra breve ad una bella Biblioteca. E dico bella, perchè non è difficile, ripeto, a scegliere la prima dozzina di volumi, ed è ancora più facile trovare i seguenti mano mano che si vanno pubblicando e che sono indicati dalia pubblica opinione.» Coteste sono le ragioni per cui il signor Somasca vorrebbe si facesse presto, ed io invece penso che guai se questa istituzione non si impianta proprio bene, ci vorrà poi una doppia fatica a riavvivarla. Guai poi se la prima scelta de’ libri non fosse immune da censura; sarebbe motivo di screzio nelle opinioni e darebbe agevolmente origine ai partiti. Le Biblioteche possono aggiungere uno scopo eminentemente nazionale [p. 48 modifica]giovando a quella uniformità di educazione politica che in Italia tuttora si desidera. In ultimo io non ho tanta fede nella sapienza della grande maggioranza de’ Consigli municipali nostri. Se si eccettuano quelli delle grandi città, gli altri debbono condursi a mano.

A formare questo elenco si presterebbero opportunamente ed utilmente le maggiori Accademie dell’Italia nostra, le quali contribuendo alla loro volta ed in modo diretto all’educazione popolare, potrebbero ringiovanirsi e rivivere un nuovo periodo di vita più rigogliosa di quella che ora conducono. La Crusca pronunzi intorno alle opere di letteratura; l’Accademia de’ Georgofili, intorno agli scritti di economia politica, domestica e rurale; la Reale di Napoli giudichi di legislazione e di morale; l’Istituto di Bologna, de’ libri di geografia; il Lombardo, de’ libri storici e drammatici; le Accademie di Torino e di Modena, delle opere di fisica e matematica; e se altre ve ne ha che io non nomino, si piglino altri consimili uffizi. Ma mi si dirà: vorranno eglino questi illustri corpi scientifici torsi un carico così lontanò dai loro statuti, il quale parrà a taluno eziandio pedestre e vile? Perchè nli faranno? Non vediamo noi che la grande Accademia di Francia non ebbe mai peritanza alcuna di prendere ad esame le azioni generose del popolo e gli atti di virtù de’ popolani, ed anzi i più illustri suoi membri ambirono mai sempre l’onore d’esserne i relatori? Non pare adunque che le nostre Accademie abbiano pur solo ad esitare dal contribuire in questo modo all’istruzione del popolo. D’altra parte non sarebbero le Accademie nominate che dovrebbero torsi la briga di andare alla ricerca delle opere che devono entrare nelle Biblioteche ad uso del popolo. Le Accademie riceverebbero le relazioni ed i giudizi belli e fatti da altri uomini meno alti nella scienza, ma [p. 49 modifica]più vicini al popolo, conviventi con questo, epperò pienamente consapevoli dei veraci bisogni di esso. A questi giudizi le Accademie darebbero il loro voto affermativo o negativo, giudicando il libro specialmente dal lato dell’arte e della scienza. Quando questo secondo giudizio sia favorevole e conforme al primo, allora il libro avrà come un diploma di licenza, mercè il quale merita di far parte della Biblioteca popolare.

Dunque le Accademie sanzionino l’ammissione de’ libri, ma la primitiva scelta de’ medesimi deve farsi da un’altra associazione più umile e più modesta, ma forse più utilmente laboriosa. Ecco come a un di presso potrebbe costituirsi quest’associazione nazionale:

1° In ogni regione d’Italia vi abbia un comitato destinato a raccogliere le obblazioni de’ comuni, delle Provincie, delle società operaie e de’ privati. Coteste obblazioni sieno di due specie, le une per la prima istituzione dell’impresa, e le altre per la sua continuazione. Chiunque paga cinque lire per una volta assume il titolo di promotore, chi le paga annualmente ha diritto di avere dodici volumi, che avranno fra tutti duemila pagine, che tanti almeno se ne stamperanno in ciascun anno;

2° Il comitato sceglie fra’ suoi membri, od anche fra estranei, dodici soci relatori, ciascuno de’ quali abbia l’obbligo di far conoscere, entro l’anno, almeno un’opera od un volume che meriti d’entrare nel novero di quelli che sono a ristamparsi, e di proporre un tema per un nuovo libro. Coteste relazioni saranno fatte per iscritto, dal comitato trasmesse a quell’Accademia che si sarà tolto l’incarico di darne il giudizio;

3° I Comuni che sottoscriveranno per due quote, avranno tre esemplari delle opere che si stamperanno;

4° Un comitato supremo risiederà nella capitale del [p. 50 modifica]regno ed avrà a suo presidente d’onore il Ministro della pubblica istruzione;

5° Ogni comitato potrà prelevare un vigesimo delle sue entrate per le spese di amministrazione, le quali non potranno essere altre da quelle di cancelleria e di corrispondenza epistolare. Ogni altro uffizio dev’essere gratuito;

6° I Municipii delle città capitali delle regioni offriranno, non vi ha dubbio, un locale sufficiente per le adunanze del comitato e pel magazzino de’ libri;

7° Il sindaco ed il prefetto del capo-luogo dove ha sede il comitato, sieno membri nati del medesimo. Entrambi questi pubblici funzionari possono coadiuvare benissimo l’associazione;

8° I comitati saranno in Italia almeno dodici, e si potranno costituire appena abbiano raggiunto il numero delle sottoscrizioni di cento promotori e di cento comuni. Le loro sedi saranno Firenze, Napoli, Palermo, Torino, Milano, Bologna, Genova, Modena, Cagliari, Venezia, Ancona, Reggio di Calabria o Catanzaro;

9° Il comitato centrale determinerà le provincie che dovranno essere aggregate a questo o a quel comitato. Esso farà conoscere le sue deliberazioni e quelle de’ comitati, mediante un giornaletto settimanale;

10° Ciascun comitato amministrerà le proprie entrate, spendendo nel fare stampare i libri approvati dal comitato stesso, e che abbiano riportata l’approvazione superiore d’un’Accademia.

In tutte queste disposizioni onde si compone il progetto dell’associazione non feci veruna menzione del Governo. Ma dovrà egli proprio restarne del tutto all’infuori? Io sono tanto lontano dall’attribuire quanto dal vietare l’ingerenza governativa in queste faccende. Anche in questa questione non sono pochi gl’intemperanti, i quali [p. 51 modifica]vorrebbero interdire al Governo il favoreggiare con appositi sussidi e istituzioni educative. Quali inconvenienti potranno nascere qualora il Governo col mazzo de’ suoi prefetti eccitasse i comuni ad iscriversi a questa associazione, e quando concedesse gratuito l’invio de’ libri, che si stamperanno, alle varie Biblioteche? Quale spesa potrebbe cagionare al Governo se mandasse in dono alle Biblioteche popolari un esemplare di quelle leggi che voglionsi divulgare il più che sia possibile? Questa ingerenza salutare e benefica non dovrebbe far ombra ad alcuno.

Chi esamina il secondo articolo del progettato statuto vedrà un mezzo abbastanza facile di attivare un progresso sicuro nella letteratura popolare; giacchè ad ogni anno si avrebbe un buon centinaio di relazioni intorno ad opere di questo genere, le quali formerebbero un vero inventario, e preparerebbero gli elementi di quel catalogo utilissimo, di cui si parlò più sopra. Aggiungasi che lo studio di ciò che si ha, varrà ancora a far manifesto quello che ci manca. Quando l’intiera nazione rappresentata da questi comitati chiede una data opera, cotesta richiesta avrà più valore che la voce d’una sola Accademia. Chi mi sa dire quanti valenti scrittori, i quali reputarono sin qui il volgo come profano, ambiranno all’ultimo il nobilissimo onore di piacere a quel volgo che disprezzavano? L’odi profanum vulgus et arceo si lascierà ai poeti cesarei ed ai letterati cortigiani.

Col numero 3 si cerca d’incoraggire i Comuni a soscrivere per più azioni, acciocchè abbiano in pronto più esemplari della stessa opera. Il che è assolutamente necessario, ove si abbia in animo di fare Biblioteche circolanti. Un libro che molto piaccia ad un primo lettore, sarà ben tosto ricercato da altri; e la Biblioteca dev’essere in grado di appagare i voti di coloro che faranno ad essa ricorso. Non par [p. 52 modifica]egli che in questa maniera si perverrà a dare all’istruzione del popolo nostro un colorito quasi uniforme?

Finqui della scelta de’ libri; ora è mestieri accudire alla loro stampa, e prima di tutto vuolsi badare diligentemente alla loro correzione. Il volgo de’ lettori ed il lettore volgare ha bisogno di avere libri scevri da errori tipografici; perchè da sè non arriverebbe a correggerli. Uno o due membri del comitato abbiano il peculiare uffizio di attendere alla correzione de’ libri che si stampano.

Non è parimente senza importanza la scelta del carattere, il quale vuol essere grosso anzichè no. Il popolo per solito, e specialmente quello di campagna, ha la vista un po’ grossa e stenterebbe a leggere i libri che fossero impressi in carattere troppo minuto.

Il sesto migliore per comodità è l’in-12°, quello per l’appunto che oggi si è adottato dai più valenti editori per le opere letterarie.

La carta sia forte e consistente, perchè il libro abbia la maggiore durata. Finalmente si pensi eziandio alla legatura.

Una questione ancora, che non mi pare punto oziosa, si è quella della tipografia a cui affidare la stampa de’ nostri libri. In molti istituti, vuoi filantropici, vuoi penali, si sono introdotti da alcuni anni i lavori dell’arte tipografica. Or bene a questi istituti vorrei di preferenza affidata la stampa delle nostre opere, per più ragioni, La prima si è di procacciare lavoro durevole a queste tipografie senza cagionare una dannosa concorrenza alla tipografie de’ privati, ed ecco due istituzioni benefiche che si darebbero amicamente la mano. Pochi compositori, ancorchè mediocri, bastano; il massimo del lavoro sta nella impressione, tiratura e legatura. In secondo luogo i nostri libri sarebbero letti in prima da certi uomini che ne hanno maggiore [p. 53 modifica]bisogno. Finalmente ciò potrebbe pur contribuire a semplificare la nostra amministrazione. Sì, per l’appunto la nostra Biblioteca deve giovar eziandio alle carceri ed alle caserme, e potrà servire per i premii nelle scuole popolari. I comuni avrebbero sicurezza nella scelta e buon mercato; giacchè il profitto a cui mira la società non è di moltiplicare i suoi capitali, ma di allargare il benefizio della civiltà.

Donde si può di leggieri argomentare che le edizioni dovrebbero farsi a più migliaia di esemplari; non men di ventimila, perchè dal grande smercio si ha il buon prezzo a cui si potranno vendere i nostri libri.

Finalmente la società dovrebbe pubblicare un giornale ebdomadario col titolo della società stessa, il quale faccia sommariamente conoscere gli atti de’ varii comitati, esponga in sunti brevissimi le notizie intorno alle scuole serali ed alle conferenze popolari, proponendosi di far comprendere come queste scuole sieno tutt’altra cosa dalle scuole de’ piccini, indi dia le notizie delle scoperte scientifiche, le quali possano giovare all’avvenire industriale ed economico della patria nostra, e tratto tratto ancora cenni bibliografici de’ libri i quali possano essere utili alla cultura del popolo.

Un’altra via, in apparenza più facile, venne seguìta dalla Direzione della Biblioteca circolante di Prato (la quale è la prima che siasi stabilita in Italia ed esiste fin dal 1861), la via di raccogliere le interessanti attualità della stampa italiana ed i libri più utili e più istruttivi all’oggetto di formare una Biblioteca circolante per la istruzione del popolo. La stessa Direzione rivolse per lettera una parola ai giornalisti, editori, librai. «I giornali, scrive, gridano da ogni parte che occorre educare e istruire il popolo, e noi lavoriamo a tal uopo; ma se dessi non ci aiutano anco coi fatti oltre che colle parole, i più bei [p. 54 modifica]tentativi abortiranno quasi prima del nascere, e gli stranieri e i nostri avversarii udendoci molto gridare e poco fare, potranno ripeterci il vecchio motto: aliud in pectore, aliud in ore. I signori librai ed editori si persuadano che non si formerà mai in Italia una vera letteratura popolare, e non saranno mai in gran quantità ricercati i loro libri, per quanto buoni essi siano e popolari si appellino, finchè non attecchiranno le Biblioteche popolari e non s’invoglierà col mezzo di esse il popolo a leggere. Ci aiutino adunque in quest’opera: noi volentieri faremo scelta ne’ cataloghi che ci verranno inviati, e ci obblighiamo altresì al rimborso delle spese d’affrancazione di que’ volumi che loro piacerà di offrire in dono a sì benefica istituzione.»

Con buona venia di que’ generosi che si accinsero a questa bella opera, noi siamo forzati di dir loro: Miei ottimi signori, avete sbagliato la via, voi vi affaticate inutilmente; i vostri sforzi non producono alcun effetto, anche ammassando migliaia e migliaia di libri, i quali saranno un inutile ingombro e cagione forse di spese assai superiori a quelle che sono necessarie a dar vita ad una vera Biblioteca popolare. Tali sono le spese delle stanze e degli scaffali in cui conservarli, della legatura allorchè logori, della necessaria custodia perchè non sieno derubati. E tutto questo forse per null’altro che per una vana ambizione di poter dire: la nostra Biblioteca conta tanti mila volumi.

Che se poi tu domandi quanti di questi volumi si leggano in capo all’anno, e quali, tu vedrai limitarsi molto il loro numero; e questo dovrebbe essere criterio per la formazione delle Biblioteche circolanti: pochi ma buoni, ma utili davvero e tali da aguzzar l’appetito ai lettori.

Per la Biblioteca di Prato si lascia al caso la scelta dei libri. Dal caso non si possono aspettare effetti sicuri e [p. 55 modifica]buoni sempre; quando al caso si può sostituire una causa intelligente e previdente, mi par che non si debba esitare. Piglino i direttori di quella Biblioteca gli uffizi che loro spettano; regolino essi la scelta. Cotesto è veramente un dirigere. Smettano questo uso troppo umile del questuare ed elemosinare; chè la elemosina si fa col superfluo e coll’inutile. La elemosina non ha mai favoreggiato nè il commercio, nè l’industria; però da essa non sorgerà neppure la vera letteratura popolare presso di noi. Auche qui la richiesta deve creare il valore ed il prezzo, questo incoraggire la produzione e non altrimenti. Il commercio non esordisce col ricercare doni, esordisce accontentandosi del minimo guadagno. La quantità dello smercio accumula i piccoli guadagni e forma le grandi somme.

Ma anzitutto egli si colloca colà dove sa esservi maggior copia di consumatori, e certo non porrebbe il suo negozio in mezzo ad un deserto. In Italia pur troppo abbiamo la mancanza de’ lettori, abbiamo quasi un deserto intorno a noi. La questione delle Biblioteche è naturalmente connessa con quella degli illitterati; la scelta de’ libri dev’essere regolata sulle richieste od almeno sui bisogni del nostro popolo, da noi per ora quasi indovinati. Desto una volta il bisogno, e fatto conscio del medesimo il nostro popolo, allora egli liberamente sceglierà. Ma finqui bisogna per così dire imboccarlo, cioè dargli in mano il libro dal quale abbia salutare nutrimento.

Note

  1. Vedi Sacchi, Memoria citata, inserita negli Annali universali di statistica, fascicolo di luglio 1866.