Diario di Nicola Roncalli/1869

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3 . — Da lettera particolare del conte di Collobiano, aiutante di campo del re d’Italia, in data di Torino, viene assicurato che il generale Morozzo della Rocca, nel suo ritorno colà, disse di essere stato ricevuto da Pio IX con maniere oltremodo gentili e benevoli e che la sua missione, nella parte che si riferiva al patrocinio dei due condannati Aiani e Luzzi, fu talmente secondata dalla benignità del S. Padre, che ne riportò una quasi esplicita assicurazione che la condanna capitale non sarebbe stata eseguita1.


6 Febbraio. — Il giorno 4 corrente il Papa si recò a visitare la Chiesa del Caravita officiata dai Gesuiti e dove si fa il Carnevale santificato.

[p. 616 modifica]Uno di quei padri, complimentando S. Santità, disse:

«Che era edificante che, mentre altri si occupavano dei divertimenti del carnevale, egli insegnasse al pubblico a santificarlo».

Il S. Padre gli rispose:

«Mio reverendo, siete male informato poiché da varii anni cotesti divertimenti sono divenuti piuttosto carnevaleschi».

Infatti, il 3 corrente, secondo giorno di carnevale, con tempo buono, poca gente al Corso e quasi nessuna maschera.

Carrozze una o due; barberi, nella corsa, numero 6.


24. — Nei giorni 19 e 20 corrente, fu discussa in appello, in piena Consulta, la causa Alani e Luzzi.

Riuscì a sapersi che ai medesimi fu commutata la condanna di morte nella galera perpetua.

Agli altri correi fu minorata la condanna di un grado e a Tedeschi e Domenicali decretata la libertà.


24 Marzo. — Si era introdotta la moda di portare cappelli dalle larghe tese ed acuminati, con lunghe penne da un lato, detti alla tirolese, e vari giovani cominciarono ad adottarli.

La Polizia, ritenendo che le penne siano segnale politico, inviò l’ispettore Valentini dai cappellai a proibirle.


3 Aprile. — Alcuni impiegati governativi si lagnano che sulla mesata del corrente aprile sia stata [p. 617 modifica]ritenuta una giornata di soldo per concorrere alla spontanea contribuzione delle feste per il Papa.


7. — Finalmente, si è stampata la relazione fiscale, ossia il processo contro 69 arrestati fin dall’ottobre del 1867 e che si trovarono compromessi nei fatti insurrezionali di porta S. Paolo.

1. Acquaroni Domenico, romano, d’anni 29, archivista della stamperia Camerale,

2. Andreocci Gaetano, romano, d’anni32, pasticciere,

3. Ambrosi Quirino di Iesi, d’anni 32, caffettiere,

4. Acreman Filippo, romano, d’anni 31, tessitore,

5. Bernasconi Achille, romano, d’anni 20, pollarolo,

6. Brancadoro Ferdinando, romano, d’anni 22, incisore,

7. Bucciarelli Daniele, romano, d’anni 28, pittore,

8. Bellucci Costantino, romano, d’anni 21, pittore,

9. Bertozzi Michele, romano, d’anni 30, pittore,

10. Belli Filippo, di Viterbo, d’anni 28, fornaio,

11. Belli Vincenzo, romano, d’anni 41, orefice,

12. Badulati Adriano, romano, d’anni 27, vetturino,

13. Bianchi Benedetto, romano, d’anni 36, cocchiere,

14. Bertoni Alessandro, romano, d’anni 24, vespillone,

15. Bernacchia Angelo, di Montalboddo, d’anni 26, facchino,

16. Carlandi Ettore, romano, d’anni 16, impiegato nella computisteria di Torlonia,

17. Consolani Adolfo, romano, d’anni 19, intagliatore,

18. Cherubini Antonio, romano, d’anni 31, bambagiaro,

[p. 618 modifica]19. Cefali Luigi, romano, d’anni 38, tabaccaio,

20. Costantini Gaetano, romano, d’anni 17, chiavaro,

21. Cherubini Giovanni, di Amatrice, d’anni 24, chiodarolo,

22. Collina Eugenio, di Ascoli, d’anni 25, chiodarolo,

23. Chiappini Giuseppe, romano, d’anni 21, barbiere,

24. Canini Luigi, romano, d’anni 19, negoziante,

25. Dionisi Francesco, romano, d’anni 25, selciando,

20. De Luca Alessandro, romano, d’anni 23, bacchiare,

27. Danesi Romolo, romano, d’anni 20, orefice,

28. De Paolis Vincenzo, di Banco, d’anni 44, abbozzatore,

29. De Santis Filippo, romano, d’anni 17, impiegato nelle ferrovie,

30. D’Antonj Giovanni, romano, d’anni 20, tipografo,

31. Fantini Natale, romano, d’anni 23, barbiere,

32. Ferretti Giuseppe, romano, d’anni 22, ebanista,

33. Farina Tomaso, romano, d’anni 24, fonditore,

34. Franchini Augusto, romano, d’anni 26, disoccupato,

35. Gori Giovanni, romano, d’anni 23, macchinista,

36. Graziosi Pietro, romano, d’anni 21, calderaio,

37. Grossi Carlo, romano, d’anni 44, ministro-selciarolo,

38. Leonardi Angelo, romano, d’anni 21, tappezziere,

39. Morelli Giuseppe, romano, d’anni 28, metallaro,

40. Mecchi Domenico, romano, d’anni 30, fruttarolo,

41. Michelini Giovanni, romano, d’anni 20, ottonare,

42. Montesanti Giuseppe, romano, d’anni 28, pittore,

[p. 619 modifica]43. Marinelli Rinaldo, di Valmontone, d’anni 30, muratore,

44. Mancini Luigi, di Subiaco, d’anni 56, scagliolista,

45. Malatesta Ferdinando, romano, d’anni 21, computista ,

46. Manfredi Gaetano, romano, d’anni 27, calzolaio,

47. Mazzotti Augusto, romano, d’anni 46, esercente Belle Arti,

48. Mancinotti Silvestro, romano, d’anni 28, vetturino,

49. Malavolta Placido, di Fermo, d’anni 19, barcaiuolo ,

50. Marianetti Augusto, romano, d’anni 25, facocchio,

51. Paganetti Giovanni, romano, d’anni 29, impiegato alla impresa dei Lotti,

52. Piretti Vincenzo, romano, d’anni 18, orefice,

53. Proietti Ignazio, romano, d’anni 40, chiodarolo,

54. Palombi Filippo, di Montopoli, d’anni 33, sellaio,

55. Perni Luigi, di Fossombrone, d’anni 34, vetturino,

56. Ramponi Domenico, romano, d’anni 23, facocchio,

57. Ramponi Ettore, romano, d’anni 27, facocchio,

58. Ramponi Giovanni, romano, d’anni 40, facocchio,

59. Rossi Antonio, di Alatri, d’anni 22, limonaro,

60. Rinaldi Luigi, di Velletri, d’anni 22, studente, 61. Sistili Augusto, di Tivoli, d’anni 27, oste,

62. Salvatori Mariano, romano, d’anni 19, imbiancatore,

63. Toteri Giovanni, romano, d’anni 26, vetturino,

64. Trovarelli Raffaele, romano, d’anni 27, beccaio.

[p. 620 modifica]65. Trubbiani Filippo, romano, d’anni 20, barcaiuolo ,

66. Taddei Tito, romano, d’anni 36, falegname,

67. Vargas Giovanni, di Città di Castello, d’anni 22, domestico, disoccupato,

68. Vairolido Nicola, romano, d’anni 38, incisore,

69. Matteini Romeo, romano, contumace.

Si dice che la causa si proporrà entro il corrente mese 2.


8. — Nel giorno 7 corrente i parroci, sopra ordine del cardinale vicario, si misero in giro per raccogliere dal clero un obolo speciale per fare un dono commemorativo a Pio IX.

Pochi corrisposero all’appello e quasi tutti si lamentano che, dopo di aver contribuito altrove per uno stesso scopo, si pretendano ulteriori sacrifizi.


21 Maggio. — Monsignor avvocato Annibaldi, Procuratore dei poveri, di cui si ebbe già occasione di parlare, mantenne sempre la sua riputazione di onesto, conciliativo ed umanissimo verso i carcerati.

Egli, per debito del suo ministero, rispondendo alle conclusioni fiscali dell’avvocato Pasqualoni, nella causa dei 68 rei di Stato, propostasi ultimamente nel tribunale della S. Consulta, pregò i [p. 621 modifica]dici a non secondar le tendenze sanguinarie del fisco, il quale avrebbe voluto condannare alla morte molti sventurati, sedotti, ed altri cacciati in un carcere perpetuo, senza sentir raccapriccio di rinnovare gli orrori delle stragi di martiri, d’inondare di sangue le strade della città e di mettere la desolazione in tutte le famiglie.

Le sue parole, molto vibrate, concorsero a rendere più temperati gli animi dei giudici per deciderli ad una maggior mitezza; cosicché per nessuno fu approvata e sanzionata la morte. La più grave condanna non oltrepassò i 20 anni di galera e i minorenni furono messi in libertà.

I difensori scrissero e declamarono calorose difese, ricche di stringenti argomenti e l’avvocato, monsignor Annibaldi, lieto del trionfo ottenuto, volle invitarli in casa ad un pranzo.

Rappresentatosi tutto ciò al S. Padre, d’ordine di lui, nel giorno 21 del corrente, fu giubilato a stretto rigor di legge e nominato a successore un tal monsignor Bonini, d’ignota fama.

Il pubblico dice che il fisco e la difesa de’ poveri fecero il loro mestiere, e la legge, accordando la libertà della parola, non doveva farne loro addebito.

Tutti prevedono che sarà argomento di cui approfitteranno i giornali liberali.

Per una combinazione innocentissima, nel giorno 22 del corrente, nel teatro Corea si rappresentò un dramma nel quale figurava la discussione di una causa.

[p. 622 modifica]Un rozzo villico, parlando del fiscale lo chiamava fiascale, quindi, conosciutone il significato, diceva che era brutto mestiere.

Alcuni, volendo alludere ai fiasco fatto dal Pasqualoni, con applausi, rimarcarono la parola fiascale ed altre parole significative.


27 Luglio. — Si parla di una interessante scoperta fattasi in questi giorni dalla Polizia.

Si era formato, in Roma, una nuova setta, che contava già diversi aggregati, avente per oggetto di usare di qualsiasi mezzo per impedire l’attuazione del Concilio ecumenico.

Il capo della setta era un Veronesi, venuto da Firenze, ed i membri principali erano un Maffei, bigiottiere, romano ed altro individuo.

I suddetti tre individui sono in potere della giustizia, la quale si occupa di conoscere le fila della setta.


31. — Molti calorosamente si fecero a smentire le gravi parole spontaneamente proferite da Pio IX nel giorno di S. Pietro, nell’occasione delle solite proteste contro le antiche e nuove violazioni dei diritti della S. Sede.

S. Santità, confermando le allocuzioni del 20 giugno e 20 settembre, 1859, e 29 settembre, 1860, alludendo all’Italia, soggiunse: «Perdet Deus eos qui nos perdere festinant».

Cotesti zelanti di buona fede furono sdegnati e confusi quando la Civiltà Cattolica, nel fascicolo del 1° luglio, alla pagina 227, venne a confermare quanto essi avevano interesse di smentire.

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21 Agosto. — Nella presidenza di Campo Marzo vacava un posto di alunno nella statistica e vi era un aspirante (Mugozzi), che esercitava da circa 13 anni gratuitamente. Questi fu preterito, e l’impiego, di circa 60 franchi al mese, fu invece dato al figlio dell’avvocato Pasqualoni.


10 Settembre . — Il P. Saccheri, teologo dei PP. Predicatori della Minerva, nell’Accademia Tiberina, tenutasi per la Natività della Madonna, lesse un discorso analogo alla circostanza.

Parlando della incrollabilità della Cattedra di San Pietro, disse che sotto la protezione di Maria, si rimarrà sempre saldo, anche a dispetto de’ falsi protettori.

Gli uditori ben compresero che l’allusione era alla Francia.

Non è però a meravigliare che ne’ discorsi sacri si decampasse dal subietto, poiché uno stesso Padre, nel panegirico del suo santo protettore, declamò: «Distruggete, mio santo protettore, la maledetta indipendenza italiana».


13. — Pasquino, disputando sulla possibile morte di Napoleone, che viene desiderata da alcuni, stoltamente, disapprovandola, disse:

«Un tristo in vero, o un gran somaro
Può soltanto mostrar desio di morte
A colui che col sangue, diè denaro
Ed arbitro è sempre di nostra sorte».

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10 Novembre. — Ieri desiderio generale di aver notizie della salute del re d’Italia.

L’Osservatore Romano fece il suo interesse spacciando un numero straordinario del suo periodico.

Intanto, si era sparsa la voce che un telegramma, giunto all’ambasciatore di Francia, ne annunziava la morte.


16. — Molti osservarono che il Giornale di Roma mantenne un perfetto silenzio sulla malattia del re d’Italia e sulla nascita del principe di Napoli.

Naturalmente, alcuni imprudenti dimostravano, senza ritegno, allegrezza per la grave malattia del re e dispiacere per la sua guarigione.

Sentendo poi che si era confessato e comunicato, declamarono e proseguono a declamare contro.

Nella malattia del re d’Italia i partiti politici si scaldarono. Alcuni augurarono la sua guarigione ed altri la morte, come salutare esempio della mano di Dio, che colpisce l’empietà.

Questi, saputo che si era confessato e comunicato, declamarono e proseguono a declamare contro il confessore che gli aveva dato l’assoluzione, e vorrebbero che il medesimo non andasse esente dalle censure ecclesiastiche.

Però, il mansuetissimo Pio IX, conversando affabilmente col professore Tenerani nel giorno che andò al chiostro della Certosa, disse; «Alcuni desiderano la morte del re Vittorio Emanuele; ma [p. 625 modifica]noi invece gli auguriamo che viva, per quanto Dio vorrà3».


4 Dicembre. — Alcuni veri fedeli cristiani si sono scandalizzati nel leggere una preghiera che si recita nella novena e triduo alla Madonna che si fa nella Chiesa di S. Spirito, in occasione del Concilio Ecumenico, le cui parole vengono attribuite a Pio IX.

Sono le seguenti:


Preghiera alla Madonna.


«Vogliamo salva Roma, la sua fede ed i suoi abitanti. Proteggete questa vostra città e fate che gli angeli custodiscano le sue porte.

» I nostri nemici si sono rannodati e si gloriano della loro forza, ma Voi, o Maria, atterrate la virtù loro e disperdeteli».



Note

  1. Il generale Federico Morozzo della Rocca venne, infatti, a Roma, con una lettera autografa di Vittorio Emanuele, per impetrare dal pontefice la grazia dell’Aiani e del Luzzi, e l’ottenne.
  2. Cinquantaquattro di questi arrestati erano romani, e pure il Kanzler asserì che «la popolazione di Roma.... rimase del tutto estranea al movimento, anzi col suo contegno mostrò apertamente di riprovarlo». (Rapporto alla Santità di nostro Signore Papa Pio IX sulla invasione dello Stato pontificio nell’autunno 1867. Roma, coi tipi della Civiltà Cattolica, 1868, pag. 31).
  3. Pio IX ebbe sempre a cuore la vita di Vittorio Emanuele. In quei giorni, fatto chiamare, per ragione di salute, il professore Guido Baccelli, gli domandò: «Come sta il vostro Re?» Ma del vicendevole affetto dell’ultimo pontefice re e del primo re d’Italia io ho parlato a lungo nella mia Vita di Vittorio Emanuele, ove ho riportato alcune loro lettere cordialissime e, tra le altre, queste parole dette da Pio IX al conte Aghemo: «Vittorio Emanuele e io non eravamo fatti per odiarci; se fosse qui lo abbraccierei».