Discussione:Diario sentimentale della guerra/Avvertimento

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Differenze con la prima stampa (fino al 10 migliaio)[modifica]

Rispetto alla prima stampa, l'unica sostanziale differenza è la sostituzione della precedente premessa con questo Avvertimento. Nella prima stampa il testo era il seguente:

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Questo libro contiene le cose che sono successe dalla uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando da Este, sino ed tempo — quasi obliato oramai — che le armi della Germania parvero vittoriose sopra l’Europa.

È detto diario, perchè le cose sono quivi scritte quasi giorno per giorno; è detto gentimentale perchè, a differenza di quelli che scrivono con mètodo e con una guida filosofica, qui niente è di queste rispettabili cose. Anzi una gran confusione.

Se il buon Dio, dopo il 1918, avesse calato il sipàrio, la rappresentazione del mondo sarebbe finita: invece essa continua.

Dove un rogo di passioni si è spento, altre fiamme si accèndono; le generazioni stanche cèdono il luogo alle generazioni nuove che proliferano a modo di cèllule; e le une salùtano le altre a pena, come partissero per due viaggi diversi. [p. 10 modifica]

Due generazioni? Forse è la stessa schiera delle smemorate Danàidi; quelle, le quali alla sera si abbattono su le anfore vuote, e quelle che, quando spunta il mattino, si levano e dicono: «Ricominciamo il lavoro, o sorelle!».

E continuando dunque, la vita, appare cosa non preveduta dalla umana saggezza; poichè Germania ed Austria imperiali sono crollate, qualche altra cosa è anche crollato!

I nemici, dopo tanto odio, si guardarono con quelle pupille di cui parla Dante nel cerchio dei dannati alla trasformazione senza fine, che l’un dannato prima si avventò sull’altro e lo mutò in serpente; poi immoti si affissano sospirando per l’angoscia:

Egli il serpente e quel lui riguardava.

Per fortuna il pietoso Iddio, nel modo stesso che ogni mattina lava con la bella aurora le caligini notturne, così ci alleggerisce ogni tanto del peso della memoria! E così avvenne a me, che, rileggendo questo mio diario, mi domandai quasi con meraviglia: «Ho io vissuto questi sentimenti che qui descrivo?...» E rispondevo: «Non io soltanto, ma tutti noi abbiamo vissuto questi sentimenti!»

Dicevo anche fra me: «Se io che scrissi, quasi non ricordo più, molto meno ricorderanno gli altri» [p. 11 modifica]

Spesso mi meravigliavo non soltanto di quei sentimenti ma dell’ardore della loro pensione. Senonchè, quasi palpitando di vita, vedevo sorgere dal diario persone e persone, cose e parole; e rivedendo vive quelle imagini, e quasi riascoltando quelle parole di allora, ritrovavo anche la causa di quei sentimenti e di quella passione. E allora mi diedi a ritoccare queste imagini. Ma di mano in mano che procedevo in questo lavoro un tormentoso pensiero nasceva in me.

Ma che figura ci faccio io con questa confusione di sentimenti? E non soltanto confusione, ma pentimenti, spaventi, affermazioni, negazioni, contraddizioni deplorevoli.

Ma poi altro aspetto mi apparve: queste confusioni e perturbazioni valgono più di tutti gli altri libri che trattano della guerra. Vero, infatti, che anche quegli altri autori che ne scrivono per scienze e per mètodo, messi poi insieme, formano una grande confusione e contraddizione.

E vengono in mente quei comitati di tecnici che si radunano per riferire intomo ad un disastro ferroviario.

Ognuno dice la sua: ma di sicuro non c’è che il disastro è avvenuto. Si sgombra la linea, e si comincia a correre da capo. [p. 12 modifica]

Se poi questo diario dovesse capitare in mano a qualche lettore straniero, sì di quelli di Francia sì di quelli di Germania e di Inghilterra, potrebbe imparare, per via elementare, qualche cosa del molto complicato dramma di questa nostra patria Italia: dramma eròico e tràgico, pur essendo il nostro popolo più inclinato verso la commedia che verso la tragedia.

Non parlo di quelli di casa nostra, i quali se non hanno compreso sinora, difficilmente comprenderanno per l’avvenire.

A. P.