Donne e Uomini della Resistenza/Don Arturo Paoli

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Don Arturo Paoli

Nato a Lucca il 30 novembre 1912, teologo della Liberazione, Medaglia d'oro al merito civile.

Ordinato sacerdote nel 1940, don Paoli, teologo, ha passato gran parte della sua vita in giro per il mondo. Aveva cominciato nel 1954, quando gli era stato ordinato di prestare servizio sulle navi mercantili, per assistere gli emigranti. Ma il 25 aprile 2006, proveniente dal Brasile, don Arturo era a Roma. Un lungo viaggio, nonostante la venerabile età, per ricevere dalle mani di Carlo Azeglio Ciampi - nello stesso giorno in cui il Presidente della Repubblica ha consegnato la stessa decorazione ai parenti del defunto Gino Bartali - una Medaglia d'oro al merito civile. Dice la motivazione del riconoscimento, andato a don Paoli e ad altri tre sacerdoti lucchesi (don Renzo Tambellini, e gli scomparsi don Guido Staderini e don Sirio Niccolai), per l'impegno nel salvare la vita ai perseguitati dai nazifascisti, in particolare ebrei: "Nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, con encomiabile spirito cristiano e preclara virtù civica, collaborò alla costruzione di una struttura clandestina, che diede ospitalità ed assistenza ai perseguitati politici e a quanti sfuggirono ai rastrellamenti nazifascisti dell'alta Toscana, riuscendo a salvare circa 800 cittadini ebrei. Mirabile esempio di grande spirito di sacrificio e di umana solidarietà". Ritirato dalle mani di Ciampi il riconoscimento, don Paoli se ne è tornato a Foz do Iguacu, in Brasile, dove ha fondato nel 1987 l'«Associazione Fraternità e alleanza», per combattere nelle favelas la povertà e la prostituzione minorile. Negli anni, terreno della sua opera sono stati l'Argentina, l'Algeria, il Cile (dove i militari golpisti lo inserirono al secondo posto nella lista degli stranieri più pericolosi), il Venezuela e, appunto, il Brasile. L'opera di don Arturo Paoli - che è tra i numerosi italiani ai quali è stato riconosciuto, dai sopravvissuti alla Shoah, il titolo di «Giusto tra le Nazioni» - non sembra sia stata molto apprezzata dalle massime gerarchie vaticane che, nel dicembre del 2005, gli hanno praticamente impedito di aprire con un discorso la Marcia della pace di Trento.