E-participation e comunità locali/1

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E-democracy, E-government e "democrazia partecipativa"

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Nuove classi emergenti e trasformazioni della “massa”.

Lo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informatica e delle comunicazioni, l’automazione dei processi industriali e lo sviluppo di un’economia della conoscenza hanno accompagnato i profondi cambiamenti nella struttura sociale.

“L’essere tanti in uno, nella classe, che ha caratterizzato il Novecento e il conflitto tra appartenenze, termina nel fine secolo in una composizione sociale caratterizzata dall’essere uno in tanti. La fine della politica e delle ideologie basate sul rapporto massa-potere, ma è anche la trasformazione della categoria massa in moltitudine” (Bonomi 1996: 85 in Crisante 2004).

Questa ridefinizione del concetto di “massa” ha portato ad un cambiamento delle élite tradizionali. La continua specializzazione e diversificazione del sapere scientifico e tecnologico e, più in generale, la progressiva frammentazione delle conoscenze, ha in parte disgregato i vecchi interessi di classe del Novecento mettendo in crisi il concetto stesso di élite come “minoranza dominante”.

Il potere di pochi e (permanenti) individui in contrasto con la massa amorfa.

La democrazia rappresentativa produce infatti gruppi di potere ristretti la cui autorità viene in qualche modo limitata dal rapporto con l’elettorato.

La comunicazione globale in tempo reale ed i sistemi informativi hanno permesso ai knowledge workers di stabilire forti contatti ed interessi a livello transnazionale accompagnando la crisi stessa dello Stato nazione e della sua autorità. Se prendiamo in esame il rapporto di potere all’interno delle aziende vediamo che il ruolo del proprietario, inteso come possessore dei mezzi di produzione, risulta notevolmente ridimensionato. La complessità delle strutture produttive ha portato all’affermazione di una variegata classe di cosiddetti lavoratori della conoscenza, portatori di “sapere” specialistico sempre più rilevante all’interno dei processi decisionali.

Da un’analisi di Rifkin (1995) citata in Crisante (2004), negli Stati Uniti, la cosiddetta “classe della conoscenza” rappresenta il 20 per cento della popolazione attiva.

Essa percepisce un reddito superiore a quello raggiunto dai restanti quattro quinti.

Il reddito di questa nuova classe aumenta ad un ritmo stimato tra il 2 e 3 per cento annuo al netto dell’inflazione, nonostante il reddito della restante parte degli americani continui a diminuire. Risulta interessante pertanto individuare quale sia il rapporto tra queste nuove élite economiche e il potere politico-decisionale.

Secondo Lasch (1995), queste élite, non sono soltanto poco omogenee, ma non sembrano portatrici di una ideologia comune, anzi sono caratterizzate da un forte elemento di “auto-secessione” che si qualifica come:

“indipendenza dalle città industriali e dai servizi sociali istituzionali preferendo servizi privati.”

Oltre alla crisi dello Stato nazione, determinata dalla deresponsabilizzazione politica dei nuovi raggruppamenti emergenti e da interessi sovra-nazionali, si assiste ad una crisi della rappresentatività politica dei partiti tradizionali.

La spettacolarizzazione e l’attenzione a breve termine della politica, la necessità di proporsi attraverso mezzi di comunicazione di massa, e in particolare attraverso la televisione, ha portato secondo Kirchheimer (1966), ad un notevole rafforzamento dei vertici e delle leadership dei partiti con un relativo ridimensionamento del ruolo degli iscritti e degli attivisti ed una tendenza a reclutare i voti in tutti i settori della popolazione.

In questo contesto i media tradizionali contribuiscono notevolmente nella definizione dei temi a cui i pubblici debbono porre attenzione.

Nuove esigenze politiche e di governance.

La crisi della rappresentanza politica dei partiti e la difficoltà di introdurre degli issue, dei temi politici e sociali da parte di un’opinione pubblica allargata ha determinato un progressivo disinteresse per la politica.

Da un’indagine della Commissione Europea del 1990 risultava che il 55 per cento della popolazione era poco o per niente interessato alla politica a fronte di un 34 per cento abbastanza interessato ed un 11 per cento molto interessato. l’Italia si attestava su un 29 per cento sommando i molto e abbastanza interessati.

In un’altra indagine dell’Istituto Cattaneo di Bologna e Eurisko (1994) in Italia solo il 3,7 per cento degli italiani partecipa alle attività di un partito e solo il 4,6 per cento dichiara di esserne inscritto.

In questa situazione si mobilitano e agiscono movimenti, associazioni, lobby e gruppi di pressione. La massa prima destrutturata si riorganizza dinamicamente e converge su obiettivi abbastanza delimitati, attraverso realtà associative che perseguono scopi diversificati. Questi gruppi esercitano pressione sul potere politico per orientarne le scelte normative e decisionali riguardo ai loro temi d'interesse.

D'altra parte politici e partiti cercano di confrontarsi con questi gruppi, per orientare la propria attività decisionale e deliberativa, anche se l’interesse verso l’opinione pubblica allargata e non strutturata risulta maggiore in prossimità del rinnovo della rappresentanza attraverso le elezioni.

Si evidenziano quindi diverse necessità:

  • Per il potere politico istituzionale di confrontarsi con nuovi gruppi di interesse e pressione al di fuori dei partiti politici.
  • Per le Amministrazioni di snellire le procedure burocratiche portando trasparenza e semplificazione nei processi di governance pubblica.
  • Per le “moltitudini”, non strutturate in gruppi d'interesse e pressione, di trovare una nuova forma di rappresentanza.

E-democracy, E-government, E-participation

Le nuove tecnologie dell’informazione offrono l’opportunità di accogliere queste esigenze ed è attraverso l’intersezione di questi bisogni e l’avvento delle reti che prende forma un nuovo tipo di interazione tra il cittadino e la Pubblica Amministazione e si sviluppano i concetti di E-democracy, E-government ed E-participation.

Il significato di questi tre termini non è così ben distinto anche perché l’uso che ne viene fatto è portatore di diverse visioni ed obbiettivi nei confronti delle attuali forme di democrazia, rappresentanza e governo. I loro confini spesso si sovrappongo lasciando intravedere aspetti comuni in progetti trasversali.

Cerchiamo di trovarne una definizione:

  • Si può considerare l’E-government (governo elettronico) quel processo di informatizzazione e riorganizzazione dei procedimenti nella Pubblica Amministrazione attraverso l’uso di tecnologie ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) volti a ottimizzare il lavoro degli Enti pubblici e finalizzati a fornire servizi amministrativi ai cittadini e alle imprese per via telematica modalità più rapida, efficiente ed economica.
  • Anche l’ E-democracy (la democrazia elettronica), può essere considerata come l’utilizzo di tecnologie ICT per la partecipazione democratica alle scelte politico-amministrative, ma si tratta di un termine abbastanza vago ed usato per contesti e finalità diverse che ha portato alla distinzione dal concetto di E-participation (partecipazione elettronica), il quale sottolinea l’elemento partecipativo e deliberativo nei processi di interazione con le istituzioni.

Il problema fondamentale che si pone è quindi di un superamento tra le prospettive dispiegate da un certo “determinismo tecnologico”, e la mera riproduzione degli attuali rapporti e prassi di potere trasposti all’interno delle reti.

Se, secondo un approccio deterministico, si pensa che i nuovi mezzi di comunicazione, per la loro struttura decentrata ed orizzontale, possano automaticamente permettere il superamento delle gerarchie verticali e dei rapporti di forza, dall’altro lato si tende a limitare molto le prospettive di cambiamento apportate dai nuovi mezzi tecnici e si rimanda soprattutto alla necessità di un cambiamento sociale, spesso ipotizzando una progressiva riappropriazione delle attuali gerarchie di potere degli spazi in rete.

Per uscire da questa dicotomia si può incominciare a distinguere tra lo spazio del possibile, lo stato dinamico di equilibrio e le pressioni della trasformazione:

  • Lo spazio del possibile comprende tutte le configurazioni del divenire tenendo conto delle limitazioni tecniche del mezzo e dei cambiamenti sociali non realizzabili a breve e medio termine.
  • La stato di equilibrio riguarda invece la dinamica delle trasformazioni necessarie a mantenere le attuali configurazioni politiche ed i rapporti di potere sostanzialmente inalterati.
  • Le “pressioni della trasformazione” comprendono i movimenti delle avanguardie, che individuando i punti critici delle culture mainstream, iniziando percorsi alternativi e intaccando i sistemi consolidati, accelerandone in alcuni casi la crisi.

Esaminando lo spazio del possibile possiamo esplorare le dinamiche e i comportamenti espressi in rete da alcune minoranze che potremmo definire d'avanguardia.

Prendendo spunto da altri campi applicativi, non strettamente politico-amministrativi, come ad esempio il movimento Opensource e Free software nell’ambito dello sviluppo software e di quello Creative Commons per quel che riguarda la produzione e diffusione della cultura, possiamo identificare i punti di rottura con l’attuale situazione di equilibrio traendone spunto per un confronto con i sistemi politici.

Ciò che è interessante individuare in questa fase iniziale del lavoro è l’insieme delle condizioni che potrebbero portare ad un’inversione di rotta nella crisi politica e della sfera pubblica resa sempre meno permeabile ad una partecipazione dal basso.

La rete come luogo di ricostruzione dell’opinione pubblica.

Già Habermas in “Storia e critica dell’opinione pubblica” intravede nei modelli dell’industria culturale e delle sue modalità di consumo, uno dei principali fattori di decadimento del discorso razionale nella sfera pubblica.

l’opinione pubblica, come ci ricorda Ida Dominijanni (Golem 2004), nelle riflessioni sul testo di Habermas, ha le sue origini nel dibattito letterario settecentesco dei salotti e dei caffè tra i borghesi colti e agiati.

Opinione pubblica come luogo di una potenziale dissoluzione del potere stesso e superamento sia del concetto liberale che di quello democratico, che vedevano nell’opinione pubblica rispettivamente una forma di limitazione al potere e l’origine di tutti i poteri.

Con il crescere, l’opinione pubblica diventa “l’unico metro di legittimità” del potere politico, che deve giustificarsi solo sul piano razionale portando avanti le idee migliori.

Questa ipotesi di spazio del razionale così strutturata, dove le idee e la diverse visioni del mondo si incontrano liberamente, ha dei limiti intrinsechi dati dalla contraddizione inscritta nella stessa origine borghese dell’opinione pubblica, che risulta di per sé elitaria, ponendo problemi di accesso sia di natura socio-economica che culturale: uno spazio pubblico che media interessi di un’élite orientata al mantenimento e all’accrescimento del potere acquisito.

Le barriere d'ingresso nello spazio pubblico rimangono una questione di fondamentale importanza anche con l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa e la nascita dell’industria culturale.

l’accesso di un vasto numero di individui ad una produzione culturale di rapido consumo non ha incrementato gli apporti critici e dialogici all’interno della sfera pubblica. Qui si incontrano anche diversi aspetti della strutturazione del pubblico dibattito, come lo studio dei meccanismi sulla formazione dell’agenda setting, le dinamiche di produzione dei contenuti e la tipologia dei flussi nei canali mediali.

Rispetto all’agenda setting, che semplificando possiamo considerare l’insieme degli argomenti che dominano la discussione pubblica, sembra interessante identificare il ruolo dei nuovi media ed in particolare della rete, sia come agenti di interazione delle rappresentazioni prodotte dai media tradizionali che di costruzione di nuove realtà socialmente mediate.

Le diverse teorie sugli effetti dei mezzi di comunicazione di massa hanno spesso oscillato tra una concezione forte ed una debole, cercando di valorizzare o minimizzare la funzione di alcuni agenti di mediazione.

Secondo un certo aspetto si può considerare l’apporto dei media nel processo di rappresentazione sociale della realtà, ricollegandosi anche al concetto di McLuhan, dei media come estensione sensoriale dell’uomo.

Il processo cognitivo di formazione della rappresentazione del reale, essendo multifattoriale, ha sempre all’interno stati di elaborazione e mediazione tra credenze, valori, rappresentazioni sociali ed elementi provenienti dall’esperienza sensoriale. Nelle teorie che mitigano l’effetto dei media si tende ad evidenziare il ruolo di altri agenti sociali ed istituzionali come la famiglia, la scuola, il gruppo di appartenenza amicale, gli opinion leaders, nell’elaborazione dei messaggi veicolati dai mass media e la possibilità che questo processo generi dei feedback che a sua volta influenzino l’agenda setting.

Questo tipo di mediazione e rielaborazione dei messaggi è evidente ma ciò che qui interessa è il rapporto dei media come estensione sensoriale.

Per esaminarlo tentiamo di separare il monolite dell’opinione pubblica sezionandolo in più componenti. Prendendo un argomento di discussione possiamo posizionare la discriminante geografica (g-locale) sull’asse orizzontale, il livello d'interesse della cittadinanza in quello verticale e l’esposizione raggiunta nell’agenda dei media, suddivisi in base alla diffusione geografica, nella terza dimensione.

I vari livelli sono interdipendenti, in modo non simmetrico, con possibilità di influenzare e riposizionare gli argomenti a vicenda.

Potremmo in questo modo immaginare una mappa tridimensionale dell’opinione pubblica per argomento (Grafico N.1).

[[Image:|thumb|Grafico 1 ]]

Possiamo chiederci a questo punto in che modo la mediazione, la selezione e composizione del reale veicolata nei media entri in rapporto con l’esperienza personale.

Considerando i media come estensione sensoriale, per la percezione di un problema non riscontrabile attraverso l’esperienza diretta da parte del cittadino, si può intuire come la forza della rappresentazione mediata non trovi spesso l’occasione di essere contrastata da una possibile incongruenza rispetto all’esperienza reale del singolo.

Il livello critico e la diversificazione nell’argomentazione proposta dai mezzi di comunicazione di massa diventa allora fondamentale per poter costruire più rappresentazioni sociali della realtà all’interno delle quali interagire.

I media mainstream, come la televisione, anche per loro esigenze di audience, nel loro lavoro di selezione e ricomposizione della realtà rappresentata tendono a valorizzare gli elementi d'impatto sul pubblico e quelli che abbiano funzione d'intrattenimento. In base a questo orientamento spesso, nel costruire l’agenda setting svolgono una funzione di memoria selettiva e a breve termine sulle realtà rappresentate.

A livello locale, per l’opinione pubblica diventa più semplice avere una rappresentazione ed un’esperienza diretta delle problematiche sia sotto la prospettiva individuale che socialmente mediata, capacità che si disperde man mano che l’ambito di riferimento aumenta insieme alle dimensioni degli aggregati umani.

Avere un esperienza diretta, cioè sia individuale che sociale, di un problema che entra nella sfera di interesse pubblico a livello locale può implicare il coinvolgimento di meccanismi sia causali che risolutivi attraverso riferimenti esterni all’ambito locale.

Per fare un esempio prendiamo il problema della mobilità.

Un pendolare, che usufruisce ogni giorno del servizio di trasporto pubblico, può avvertire un disagio individuale rispetto alle sue esigenze di viaggio nell’inadeguatezza dele frequenze e degli orari del servizio offerto, nel comfort di viaggio e nei tempi di percorrenza. Questa percezione emerge in rapporto alle esigenze personali ma anche rispetto ad un’esplorazione e rappresentazione nel campo del possibile, come l’esistenza di soluzioni scientifiche, tecniche, politiche, amministrative e nell’ambito dell’azione personale che permettano la risoluzione del problema.

Sul piano dell’azione personale, esaminando lo spazio del possibile, l’individuo può trovarsi di fronte ad un varietà di scelte, ognuna delle quali comporta determinati “costi” economici, psicologici e sociali.

Per esempio potrebbe iniziare ad utilizzare un mezzo di trasporto privato, cercare un lavoro più vicino alla propria abitazione o viceversa. Ma nel momento in cui più persone prendono coscienza che al stanno vivendo lo stesso problema, ecco che esso incomincia ad assume una rilevanza sociale. Da qui può incominciare il percorso che inserisce la questione all’interno del dibattito di una sfera pubblica (autonoma) locale.

Nel procedere della discussione e dei contributi di altri pendolari si può arrivare a orientare un’azione di pressione sociale sui diversi livelli politico amministrativi (Comune,, Provincia, azienda dei trasporti locali) ritenuti responsabili di una gestione sbagliata o di un insufficiente stanziamento delle risorse dedicate al trasporto pubblico. Le Amministrazioni dal canto loro potrebbero giustificarsi evidenziando la mancanza di fondi da destinare al servizio a causa di una riduzione generale dei trasferimenti da parte dei livelli amministrativi e politici superiori. Nel momento in cui questa tematica approda sui media locali, anche in seguito a qualche azione intrapresa dalla cittadinanza, diventa difficile che una rappresentazione distorta del problema non si scontri con la consapevolezza socialmente maturata.

Per alcune persone non interessate all’argomento, come per chi non ha necessità di viaggiare per lavoro o studio, i media potrebbero risultare l’unica fonte di rappresentazione del problema, anche se in una comunità ristretta rimane difficile escludere la mediazione sociale del problema. Naturalmente le potenzialità di analisi, critica e competenza da una parte e la diffusione e qualità dei rapporti tra gli individui dall’altra, sono le caratteristiche salienti di una rete sociale orientata ad affrontare problemi emersi nella sfera pubblica.

Ribaltando i ruoli, i sistemi di produzione editoriale potrebbero focalizzare l’attenzione su un problema specifico, inserendo un argomento in agenda, non percepito dai cittadini come un tema rilevante e non strutturato, quindi come elemento di consapevolezza della rete sociale.

Qui entrano in campo, oltre alle esigenze di intrattenimento che abbiamo accennato, anche i problemi dei rapporti che le élite politiche ed economiche stabiliscono con l’imprenditoria editoriale nelle modalità con le quali questi soggetti influenzano il processo di costruzione dell’agenda: nella scelta di argomenti, interpretazione dei fatti, allocazione dello spazio (di esposizione) e del tempo (longevità) degli argomenti veicolati attraverso i mezzi di comunicazione.

l’imposizione di un tema da parte dei media al di fuori della percezione sensoriale implica che le informazioni rappresentative del tema abbiano come principale fonte i media stessi.

Ènaturale che qualsiasi interpretazione veicolata debba fare i conti con pratiche sociali e culturali consolidate ma dal punto di vista della nascita di un processo critico nei confronti del messaggio spesso possono mancare gli elementi di valutazione e messa in discussione di norma presenti per le problematiche di percezione sociale diretta.

Con questo non vogliamo affermare che nelle piccole comunità sia semplice avere elementi valutativi delle problematiche emerse di interesse pubblico mentre per aggregati di dimensioni più grandi questo sia impossibile.

Riprendendo l’esempio del problema della mobilità a livello locale, le risorse umane presenti nella rete sociale della comunità potrebbero non arrivare a conoscere gli strumenti e le procedure di intervento nei meccanismi di determinazione e gestione della spesa di trasporto. Nel momento in cui queste competenze di accesso ai meccanismi di gestione della spesa siano evidenti soltanto agli amministratori pubblici ecco che la rete sociale, che discute intorno ad un argomento emerso nella sfera pubblica, non ha più elementi conoscitivi diretti per valutare il problema.

Verticalizzazione e modelli di conoscenza.

La conoscenza di un sistema o di un problema e dei modelli che lo rappresentano è di fondamentale importanza nei processi di partecipazione ed in particolare in quelli con finalità deliberative.

La specializzazione che accompagna la complessità dei sistemi porta a una verticalizzazione delle culture individuali e alla costituzione di una ristretta sfera di conoscenza personale.

La differenziazione crea dei modelli rappresentativi di conoscenza e significazione diversi a seconda del livello di approfondimento, dell’esperienza personale e di quella sociale.

Il limite della conoscenza personale viene superato con l’interdipendenza delle conoscenze che si sviluppa attraverso un processo di fiducia sociale multifattoriale (coerenza logica del discorso, affidabilità della fonte, carisma, competenza, aspettative personali, sistema dei valori, etc).

Ogni conoscenza che viene esposta necessita di un’interfaccia che implicitamente contiene in se un’attività di traduzione e semplificazione. l’interfaccia rappresenta la “porta d'ingresso” per l’accesso alla conoscenza che permette un riadattamento dei modelli rappresentativi della tematica alle persone che vi accedono.

Tutto questo diventa di fondamentale importanza sia per la gestione dei processi politici e amministrativi, sia per la comprensione dei processi e delle tematiche attraverso una prospettiva più ampia.

Sfere di conoscenza nel processo decisionale.

Le strutture burocratiche e amministrative, viste come ecosistema, rappresentano nel loro insieme una sfera di conoscenza dei processi politici, decisionali, e amministrativi. A questa dobbiamo affiancare la conoscenza costituita dagli studi consultivi e delle collaborazioni esterne di cui si avvalgono spesso le Amministrazioni pubbliche.

Un’altra sfera di conoscenza è composta dalla previsione degli effetti dell’atto deliberativo sulla realtà specifica su cui si interviene.

In questo sistema vari modelli di conoscenze si interfacciano tra di loro, esponendosi a vicenda attraverso una continua operazione di semplificazione e traduzione.

In un sistema così interdipendente diventa difficile operare una pura separazione tra l’atto politico della scelta e la formazione del modello che andrà a supportare la decisione.

In un progetto di e-participation, e in particolare in qualsiasi processo decisionale con una vasta e disomogenea base partecipativa, è importante identificare quindi le modalità di esposizione e traduzione dei processi amministrativi e dei modelli di conoscenza della tematica sulla quale deliberare.

Le rappresentanze politiche e la Pubblica Amministrazione, nel loro insieme, sono a conoscenza della struttura dei processi decisionali e dei rapporti di interdipendenza verticale e orizzontale. Le burocrazie e le rappresentanze politiche costituiscono quindi una doppia sfera di conoscenza e potere che nel modello attuale si trovano a doversi confrontare con i gruppi di interesse e di pressione più o meno riconosciuti a livello istituzionale (sindacati, associazioni degli industriali, associazioni dei consumatori, corporazioni etc.) nell’attività di governo.

Nel momento in cui si vuole estendere la partecipazione ad una vasta cittadinanza, non preparata per intervenire direttamente all’interno del processo decisionale, bisogna scegliere come esporre le strutture burocratiche e politiche.

Condividere un processo decisionale implica quindi l’esposizione delle strutture politiche e burocratiche attraverso un’operazione di trasparenza e traduzione dei modelli e delle strutture.

Interdipendenze e gerarchie all’interno del processo decisionale.

All’interno di un processo decisionale, nel percorso che va dalla deliberazione all’attuazione è possibile individuare una serie di interdipendenze sia orizzontali che verticali. Le interdipendenze orizzontali sono relative alla divisione delle competenze. Una decisione spesso deve affrontare diversi iter anche tra più soggetti istituzionali prima di poter essere attuata.

Possiamo prendere come esempio un progetto di legge che nel suo iter parlamentare debba essere inviato a una commissione parlamentare oppure di una delibera comunale che deve approvare il progetto di restauro di un bene artistico e necessita del parere della Sovrintendenza dei beni culturali.

Naturalmente il rapporto di interdipendenza orizzontale può essere più o meno vincolante all’interno del processo deliberativo-attuativo.

Per quanto riguarda invece le interdipendenze verticali possiamo considerare quelle di tipo gerarchico all’interno del processo, ad esempio la necessità per un Ente locale dell’approvazione di un finanziamento regionale o nazionale per la realizzazione di un progetto di infrastruttura locale.

Trasparenza ed oggettivazione dei processi

In che modo la trasparenza delle strutture politico amministrative, anche nelle loro reciproche interdipendenze, influisce sul processo decisionale?

La risposta potrebbe essere “Attraverso un processo di oggettivazione dei processi.”

l’esposizione dei percorsi che deve affrontare una deliberazione e la chiara distribuzione delle competenze amministrative rende la discrezionalità del processo stesso ridotta acquisendo caratteristiche oggettive. In questa trasformazione viene ridotto il potere della sfera della conoscenza dell’apparato politico amministrativo all’interno del percorso deliberativo stesso.

Per il cittadino che si trova a partecipare ad un processo politico con finalità deliberative, diventa necessario che venga esposto in maniera chiara l’ambito delle competenze e il percorso di interdipendenza che dovrà affrontare la deliberazione per essere attuata. La conoscenza del processo non dovrebbe quindi rappresentare una forma di gestione del potere ma, attraverso la trasparenza, diventare un percorso chiaro che la deliberazione deve affrontare.

La trasparenza dei passi e delle interdipendenze può costituire una moltiplicazione degli scenari di partecipazione nei processi decisionali in ogni fase della decisione si può strutturare un processo partecipativo.

Prendiamo ad esempio la necessità di migliorare il trasporto locale dei pendolari attraverso un progetto di ammodernamento della linea ferroviaria.

In questo caso sono presenti diversi tipi di interdipendenze a livello politico regionale e nazionale di allocazione delle risorse finanziare, nella realizzazione dei progetti, nella valutazione di impatto ambientale etc.

A prescindere dal modello di partecipazione proposto, rendere trasparenti e certe queste interdipendenze, anche da un punto di vista procedurale, può permettere l’interazione ad ogni livello, riducendo il potere discrezionale degli amministratori che potrebbero influenzare pesantemente l’andamento stesso del processo.

Un esempio di non chiarezza delle competenze e delle interdipendenze è il rimpallo di responsabilità tra le strutture politiche e amministrative, sia durante il processo, che nella sua fase generativa dell’iniziativa.

Nell’esempio precedente dei trasporti locali, l’iniziativa potrebbe fermarsi a livello regionale per mancanza di fondi, non venire approvata per incompetenze progettuali, essere bloccata per problemi di impatto ambientale dall’ente preposto alla valutazione.

Ognuna di queste interdipendenze non rappresenta strettamente un campo di valutazione tecnico-amministrativo, ma comprende in se un aspetto politico (di politica di bilancio, politica ambientale etc.).

Dischiudere lo spazio politico di ogni fase della partecipazione, significa, nel complesso, aumentare la partecipazione sull’intero processo decisionale.

Questo modello di partecipazione “continua” necessita della risoluzione di alcuni problemi di carattere organizzativo e decisionale a cui si cercherà di dare risposta nei capitoli successivi.