El libro dell'amore/Oratione VI/Capitolo XV

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Oratione VI - Capitolo XV

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Per che via si mostra che sopra al corpo è l’anima, sopra l’anima è l’angelo, sopra l’angelo è Iddio.

Infino a hora s’è decto delle due abbondanze dell’anima e de’ due amori; per l’advenire diremo per che gradi Diotima inalza Socrate dall’infimo grado, pe’ mezzi, al suppremo, tirandolo dal corpo all’anima, dall’anima all’angelo, dall’angelo a·Ddio. Che sia di bisogno essere nella natura questi quattro gradi argomentereno in questo modo: ogni corpo è mosso da altri e non può sé medesimo per sua natura muovere, con ciò sia che non possa per sé alcuna cosa fare; ma pare che si muova per sé medesimo quando dentro a sé ha l’anima e per lei vive, e presente l’anima in qualche modo sé medesimo muove, dipartita l’anima bisogna che da altri mosso sia, come quello che tal facultà di muoversi da sé non possiede, ma sia l’anima quella in che regna la facultà di muovere sé medesima.

Imperò che a qualunque ella si fa presente gli presta forza di muovere sé medesimo, e quella forza ch’ella presta ad altri debba ella molto prima e più avere. È adunque l’anima sopra e corpi, come quella che può sé medesima secondo la sua essentia muovere, e per questo debba soprastare a quelle cose che pigliano facultà di muoversi non da sé medesime, ma per presentia d’altri; e quando noi diciamo l’anima per sé medesima muoversi, non lo ’ntendiamo in quel modo corporale el quale Aristotile cavillando appose al grande Platone, ma intendiallo spiritualmente, e in modo absoluto più tosto che transitivo, in quel modo che intendiamo quando diciamo Iddio per sé stare, e’l sole per sé lustrare, e’l fuoco per sé essere caldo. Non s’intende che l’una parte dell’anima muova l’altra, ma che tutta l’anima da sé, cioè per sua natura, si muova; questo è che discorra con la ragione d’una cosa in un’altra, e transcorra l’opere del nutrire, augmentare, generare per distantia di tempo. Questo temporale discorso si conviene all’anima per sua natura, imperò che quello che è sopra lei non intende in diversi momenti cose diverse, ma in uno punto insieme tutte. Per la qual cosa rectamente Platone pone nell’anima el primo intervallo di movimento e di tempo, onde el moto e il tempo ne’ corpi passano. E perché gli è necessario che innanzi al movimento sia lo stato, essendo lo stato più perfecto che il movimento, però sopra alla ragione dell’anima che è mobile bisogna che si truovi qualche stabile intelligentia, la quale sia intelligentia secondo sé tutta e sempre sia intelligentia in acto, perché l’anima non intende secondo sé tutta e sempre, ma secondo una parte di sé e alcuna volta, e non ha virtù d’intendere sanza dubio. Adunque acciò che el più perfecto soprastia al meno perfecto, sopra lo ’ntellecto dell’anima, che è mobile e parte è interrupto e dubio, si debba porre lo ’ntellecto angelico stabile tutto, continuo, certissimo, acciò che come al corpo che da altri è mosso precede l’anima che per sé si muove, così all’anima che per sé si muove preceda l’angelo el quale è stabile. Certamente come el corpo acquista dall’anima che per sé si muova, e però non tutti e corpi ma gli animati pare che per sé si muovino, così l’anima dalla mente acquista che sempre intenda. Imperò che se per sua natura nell’anima fussi lo ’ntellecto, sarebbe lo ’ntellecto in tutte l’anime, etiandio nell’anima bestiale, sì come la potentia di muovere sé medesima. Non si conviene adunque all’anima lo ’ntellecto per sé e principalmente, e però bisogna che sopr’all’anima sia l’angelo el quale sia per sé intellectuale. Finalmente sopra la mente angelica è quello principio dello universo, e sommo bene, el quale Platone nel Parmenide chiama esso Uno, imperò che sopra ogni moltitudine delle cose composte debba essere esso Uno semplice per sua natura, perché da uno el numero e da’ semplici ogni compositione depende. E quella mente angelica, benché sia immobile, nondimeno non è essa unità semplice e pura: ella intende sé medesima, ove pare sieno tra loro diverse queste tre cose, quello che intende, quello che è inteso, lo ’ntendimento. Altro rispecto è in lei in quanto intende, altro in quanto è intesa, altro in quanto ha lo ’ntendimento; ha oltr’a questo la potenza di conoscere la quale innanzi all’acto della cognitione per sua natura è sanza forma, e conoscendo si forma, e questa potenza intendendo desidera el lume della verità e piglialo, quasi come quella che di questo lume prima che intendesse mancava; ha ancora in sé la moltitudine di tutte l’idee. Tu vedi quanta e quanto varia moltitudine e compositione sia nell’angelo; per la qual cosa siamo constrecti quello che è unità semplice e pura preporre all’angelo, e ad questa unità la quale è esso Iddio nulla possiamo anteporre, perché la vera unità d’ogni moltitudine e d’ogni compositione è fuori, e se ella cosa alcuna sopra ad sé avessi da quella cosa dependerebbe, e sarebbe di meno perfectione che lei, come suole ogni effecto essere meno degno che sua cagione; per la qual cosa non sarebbe unità in tutto semplice, ma di due cose almeno sarebbe composta, cioè del dono della sua cagione e del difecto proprio.

Adunque, come vuole Platone e Dionisio Ariopagita conferma, esso puro Uno tutte le cose sopravanza. Stimano amendua che esso Uno sia l’excellentissimo nome di Dio, la sublimità del quale questa ragione ancora ci mostra, che el dono della causa eminentissima debbe essere amplissimo, e per la prestantia di sua virtù per lo universo distendersi. El dono d’esso Uno si diffonde per lo universo, perché non solo la mente è una, e ciascuna anima una, e qualunque corpo è uno, ma etiandio la materia delle cose che per sé è sanza forma, e la privatione delle forme, in qualche modo una si chiama. Perché noi diciamo una [la] materia dello universo, e diciamo spesse volte qui è uno silentio, una obscurità e una morte, nientedimeno e doni della mente e dell’anima non si distendono insino ad essa materia vacua e alla privatione delle forme. L’ufficio della mente è donare specie artificiosa e ordine, l’ufficio dell’anima è prestare vita e movimento, ma l’infima materia del mondo per sua natura e la privatione delle cose, è sanza vita e spetie. Così esso Uno antecede la mente e l’anima, con ciò sia che il suo dono più largamente si sparga. Per la ragione medesima la mente supera l’anima, perché la vita che è dono dell’anima non si dà a tutti e corpi, nondimeno la mente a tutti e corpi spetie e ordine concede.