Elegie romane/II/Il Viadotto

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IL VIADOTTO

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Ella era meco. Forte stringeva il mio braccio ed ansava
     2contro il gran vento, muta, pallida, a capo chino.

Ahi, trascinato amore! Pareami sentire in su 'l braccio
     4(ella stringea più forte) premere un peso immane.

Ahi, trascinato amore, con triste menzogna, per tanto
     6tempo, in si dolci luoghi! Luoghi già tanto cari!

Cupa, di sotto gli archi del ponte, muggiva in tempesta
     8ampia di querci e d’elci la signoria dei Chigi;

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ma dal contrario colle, tra i mandorli scossi, ridea,
     10quale da rupe un gregge pendulo, Aricia al sole.

Penduta Aricia al sole ridea su la conca profonda:
     12ombra mettean le nubi cerula ne la fuga.

Era il Tirreno in vista, di lungi, una spada raggiante;
     14eran, di lungi, i boschi isole tutte d’oro.

Ma pe ’l mio cuor mutato, pe ’l duro cuor mio da le cose
     16ruppero in van fantasmi, ahi, del goduto bene!

Sorsero da le cose fantasmi bellissimi. Ed ella,
     18auspice Sole, ed ella era pur bella in vano!

Era pur bella, o Sole. Stringeva il mio braccio ed ansava,
     20contro il gran vento, muta, pallida, a capo chino.

Non a lei forse ignara parlavan le cose nel vento?
     22«Ei più non t’ama, o donna misera! Ei più non t’ama!»