Elementi di economia pubblica/Parte terza/Capitolo I

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Parte terza - Delle arti e manifatture

Capitolo I - Differenti divisioni ed aspetti delle arti e manifatture

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Parte terza - Delle arti e manifatture

Capitolo I - Differenti divisioni ed aspetti delle arti e manifatture
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Cap. I. — differenti divisioni ed aspetti delle arti e manifatture.

1. Io non debbo tessere un lungo e noioso inventario di tutte le arti e manifatture, ma solamente esporre le classi nelle quali sono state divise, e come possono esserlo ulteriormente; il che ci sarà utilissimo a suggerirci, quasi spontaneamente, le massime che intorno ad esse insegna la pubblica economia.

2. In primo luogo, sogliono gli economisti dividere le [p. 333 modifica]arti unicamente per la classe delle materie che impiegano; e come quelle sono le produzioni naturali, così le dividono in arti del regno animale, del regno vegetabile e del regno minerale; la quale divisione più fisica che economica, può servirci a tesserne un’esatta nomenclatura, ma non a metterle sotto quei punti di vista elevati e generali che la politica dimanda, e dai quali si rischiarano e si veggono uniti ed ordinati tutti i dettagli necessari. Ma da questa divisione si può imparare, quanto sia importante per una nazione il promovere lo studio delle scienze naturali, studio che premiandoci della fatica colla moltiplice varietà di sensazioni aggradevoli che ci presenta, pone in vista nello stesso tempo tutte le nostre ricchezze, onde crescerne sempre l’uso e l’impiego. Una infinità di vegetabili s’innalza solamente per servire di scarso pascolo agli animali e di esca al fuoco, quando potrebbero forse servir di base o almeno di parti costituenti arti e manifatture utilissime, come il cotone che involve le sementi del pioppo, e come molte inutili erbe delle quali si è tentato non infelicemente di far carta. Una gran quantità d’insetti fanno essi pure sulle nostre comunali piante, nei nostri boschi, sotto i soli e parchi auspizj della natura, grossi bozoli di lucida e variata seta, che sarebbe emulatrice, per l’abbondanza e facilità, di quella che abbiamo con infinite cure potuto addomesticare al nostro clima. Finalmente l’uso dei metalli, dei minerali, dei fossili può condurci a grandi scoperte sulla perfezione dei colori, sull’ammollire e rendere seguaci alla mano fabbricatrice le materie più dure e più rigide, dappoichè la chimica, coll’analisi più accurata e coi tormentatori suoi processi, tenta instancabilmente di penetrare sino alle primarie e più secrete operazioni della natura. Da ciò possiamo vedere con quanta compassione meritano d’esser riguardati coloro, che il peso degli anni mettendo in conto di sapienza, ed onorando solo del nome d’affari il movimento e l’agitazione della cupidigia dell’oro e dell’ansietà del comando e del potere, con severo sopracciglio l’ardente curiosità giovanile verso questi studj condannano coi nomi d’ozio e di occupazioni inutili di frivola e ragazzesca dappocaggine, estinguendo così quell’estro e quell’entusiasmo [p. 334 modifica]che spingendo gli uomini con forza e con piacere verso varie direzioni, produce il più grande effetto e la più gran perfezione nel totale della specie, colla minor fatica ed imbarazzo degl’individui.

3. Un’altra divisione delle arti sarà: in arti di materie prime che si producono nel paese, e in arti di materie prime mandateci dai forastieri. Da questa sola divisione appare in primo luogo doversi preferire le prime alle seconde, il che non ha quasi bisogno di dimostrazione, poichè le materie prodotte dal suolo che non sono alimento, non hanno valore se non per l’uso cui si destinano; dunque l’uso di quelle materie incoraggirà la coltivazione, il non uso l’avvilirà; dunque fra due arti, nelle quali l’esito del prodotto dell’una sia in opposizione al buon esito dei prodotti dell’altra, dovrà essere preferita quella che ha la materia prima nel paese a quella che la ha al di fuori. In secondo luogo, non tutte le manifatture possono introdursi in tutti i paesi, perchè quelle di cui le materie prime sarebbero lontanissime e di trasporto difficile e dispendioso, sia per il troppo volume della materia trasportata in paragone della quantità utile e servibile dopo il trasporto, sia per le difficoltà che le altre nazioni caute ed attente ai loro interessi frappongono al trasporto di quelle, sia per altri motivi, sarà sempre dannoso il volerle, forzando la natura delle cose, fra di noi stabilire, meglio essendo il farne senza; se non lo sia, sostituirvi un’arte equivalente, e in ultimo anche lasciare che introducasi la manifattura forestiera, occupando le nostre mani intorno ai lavori i più ovvj e più speciali alla natura del clima, del governo e dei costumi nostri. Questa introduzione di manifatture forastiere è sovente opportuna per aprire un’uscita alle cose nostre, ed una comunicazione con altre nazioni. Una terza divisione potrebbe essere in arti del bisogno, del comodo, della voluttà, della pompa ed ostentazione. Quelle del bisogno sono le più indipendenti dalla legislazione particolare dei paesi, e sono limitate dalla popolazione e dal clima; resistono con maggior vigore alle cattive leggi, e si sottraggono con maggiore celerità e prontezza dai colpi della distruzione e dai rovesci politici: esse hanno per sostegno principale l’agricoltura e la [p. 335 modifica]consumazione dei prodotti del suolo. Spariscono allo sparir di quelle, risorgono parimenti al loro risorgere, ed a vicenda le animano e le fortificano. Dunque, dove l’agricoltura sarà incoraggita, senza ulteriori disposizioni prenderanno esse proporzionato aumento, e il togliere gli ostacoli sarà l’unico scopo del legislatore.

Le seconde, quelle cioè di comodo, non prendono accrescimento che colla coltura delle nazioni, con lo spandersi del lume delle scienze, col diradarsi la nebbia dell’errore, col mansuefare la distruttiva ferocia dei costumi, col rendere comunicanti e continue le diverse condizioni degli uomini, colla distribuzione della massa delle ricchezze in un maggior numero di mani. Queste arti animano più delle altre alla fatica ed al travaglio, e sono lo stimolo più pungente ed universale dell’industria, perchè meno dispendiose in ciaschedun oggetto particolare e più vicine alla speranza delle più infime classi. Non essendo così essenzialmente dipendenti dalla natura umana e dalla riunione degli uomini in società, le buone e le cattive leggi vi hanno un’influenza maggiore, e ricercano disposizioni più positive in favore di esse, che le arti del bisogno.

Le terze poi e le quarte, quelle cioè della voluttà e della pompa ed ostentazione, sono dipendenti da una società più raffinata e proporzionali alla disuguaglianza dei beni; maggiori e più vigorose dove questa è maggiore; minori e più languide dove questa è minore. Sono dunque più utili relativamente che positivamente; esse divengono un supplemento ed un correttivo delle cattive leggi, che condensano tutto il bene in poche mani lasciando il resto nella miseria e nel bisogno di tutto; ma sono le più mutabili d’ogni altra e dipendenti affatto dal variabile capriccio, dalla noia e dalla irrequieta vanità, e così immensamente distanti dalle arti primitive e necessarie; anzi assorbendo il valore d’una gran quantità di esse, malamente e tardi lo ritornano a distribuire: ma di ciò più accuratamente nella Quarta Parte, dove si parlerà della circolazione e del lusso.

4. Una quarta divisione potrebbe essere nelle arti, nelle quali il valore della materia prima è di molto superiore al [p. 336 modifica]valore della manifattura; in quelle dove il valore della materia prima sia presso a poco al livello del valore della manifattura; finalmente in quelle dove il valore della materia prima sia di molto inferiore al valore della manifattura. Abbiamo detto, che il valore della materia prima sarà rappresentato dagli alimenti che si debbono consumare da quelle persone e per tutti quei tempi che s’impiegano nelle di lei riproduzioni, e dagli alimenti rappresentati da tutti que’ mezzi che vi concorrono; così il valore delle manifatture sarà rappresentato da tutti gli alimenti, per tutti i mezzi e tempi che contribuiscono alla formazione di quelle. Le arti dunque della prima classe saranno quelle dove una gran quantità di materia relativamente alla difficoltà, lunghezza o travaglio della sua produzione, sarà da pochissime mani e in breve tempo lavorata; e in questo caso noi vedremo, che arti di simil natura non diventano successive e continue rappresentazioni d’alimento per tutte le condizioni de’ cittadini. Parimenti quelle dell’ultima classe saranno arti, nelle quali pochissima materia relativamente alla brevità e facilità della sua produzione sarà lunghissimamente o con difficile travaglio fabbricata; nel qual caso o molte mani contemporaneamente vi si possono impiegare, o pochissime e per lungo tratto di tempo. Vedrà ognuno che nella prima supposizione, il vantaggio che da tali manifatture risulta sarà maggiore che nella seconda supposizione; nella quale sarà scarsissimo perchè vi sarà un salto da pochissimo valore ad un grandissimo, senza valori intermedj, ossia intermedj travagli che distribuiscano l’utile sopra di un gran numero di persone: e perciò le arti della seconda classe sono le più utili, perchè suppongono una discreta quantità di valori successivamente circolanti per un gran numero di persone in varie classi de’ cittadini.

5. Quinta divisione sarà in arti dipendenti fra loro e in arti indipendenti. Ciascun’arte ha per base una materia prima, e ciascun’arte ha molte arti, siano subordinate a lei, siano da lei dipendenti. Quell’arte sarà preferibile, che ha maggior numero di arti da lei dipendenti; e tra le arti indipendenti dovrannosi scegliere quelle, nelle quali le materie prime non si escludono tra di loro, sia nella produzione [p. 337 modifica]di esse, sia dopo manifatturate, per l’uso medesimo a cui si destinano.

Ho voluto accennare queste necessarie divisioni, perchè ci dovranno in seguito servire di facile direzione ai ragionamenti da farsi. Ciò che mi resta da aggiungere in questo Capitolo intorno alle arti in generale, consiste in alcune riflessioni che non si dovevano omettere.

6. Dicesi da alcuni che in uno Stato agricola, dove un suolo felice fornisce abbondante e sicuro prodotto, non possono prosperare le manifatture: detto, che condurrebbe a negligentare questo ramo primario e prezioso di azioni e di prosperità in un tale Stato. La ragione che si adduce si è, perchè gli uomini fidandosi della terra alimentatrice non sono stimolati e punti da quel bisogno, che agitando per ogni verso gli abitatori dei paesi ingrati, sterili e montuosi, li rende artigiani industri, onde procacciarsi quell’alimento che nega loro la terra su cui vivono. Ma questo ragionamento è smentito dall’esperienza, perchè non v’è parte più agricola dell’Inghilterra, e nissuna nazione ha giammai visto nel suo seno più trionfare le arti e le manifatture; e rivolgendo gli occhi agli andati tempi, troveremo che fra noi non era meno coltivata la terra e ferace di quel che ora lo sia, e sa ognuno quanta mole di arti e di manifatture nudriva Milano. La ragione poi conferma il risultato dell’esperienza, la ragione che altro non è in sostanza, che l’esperienza stessa ridotta a termini generali e scientifici; poichè prosperando l’agricoltura crescono le consumazioni, e quindi cresce la popolazione; e cresciuta quella, trovasi un superfluo e nell’agricoltura e nei valori de’ suoi prodotti, che per necessità consacrasi alle arti quando queste non hanno ostacoli politici al loro avanzamento; ostacoli che confesso doversi più facilmente trovare fra le nazioni abitatrici di un suolo fertile, che fra quelle che ne abitano uno scabroso e magro, perchè ivi la prima considerazione è usurpata dai possessori delle terre, che divenuti gelosi della prosperità degli altri ordini dello Stato cercano d’opprimerli e disanimarli, sforzandosi che tutto il peso dei tributi sia portato dalle arti, le quali non avendo altre forze che l’attività e libertà prosperar non pos[p. 338 modifica]sono dove queste siano oppresse e rintuzzate, a differenza delle terre dove l’attività e la libertà sono dalle forze naturali aiutate e sostenute. Ma quando le arti sono dalla mano superiore e legislatrice protette, dove trovino vanteggi che compensino l’inferiorità della condizione, dove i possessori delle terre non formino un ceto perpetuamente separato dagli altri, ivi le arti e le manifatture vanno di mano in mano crescendo coll’aumento dell’agricoltura, e questa medesima sarà da quelle conservata ed accresciuta.

L’agricoltura resiste per propria forza a tutte le scosse ed a tutti i disordini politici più che le arti, le quali delicatissime facilmente si perdono. L’agricoltore è trattenuto dal suolo e dalla lunghezza del travaglio; e siccome egli è produttore dell’essenziale alimento, così lo spaccio delle sue fatiche può essere stentato e languido, angustiato ed angariato in mille guise, ma è sempre sicuro ed infallibile. Per contrario, l’artigiano facilmente trasportando sè stesso, trasporta tutto il fondo e i mezzi del suo guadagno, e dove gli si rende più incerto un esito fino a un dato segno incerto per sè stesso, o si abbandona all’inerzia, o si ritira dentro un torpido contentamento del puro necessario, o cerca sotto altro cielo un più largo, un più libero spazio, ove esercitare la propria industria. Dove dunque l’agricoltura esista naturalmente per la benignità del suolo, ancorchè languida e mancante, pure difficilmente si aumenta; così con somma difficoltà si ristabilisce dove i cattivi stabilimenti siano arrivati a disperare la classe più paziente di tutte, quella cioè degli agricoltori. Dico dove ella esista naturalmente, cioè dove la natura del terreno sia facilmente ubbidiente alla mano del coltivatore; perchè dove il suolo non si vince che colla maggiore industria e cogli sforzi maggiori ed assidui dell’arte, ivi l’agricoltura può chiamarsi una manifattura, ed ha la delicatezza e ritrosia di quella. Merita dunque le prime cure e la prima nostra parzialità quest’arte che il maggior numero d’uomini mantiene, la di cui prosperità ha per immancabili conseguenze tutte le arti e manifatture compatibili colla natura del suolo e col numero degli abitanti. Ma quella, bene stabilita, prenderà da sè stessa un corso più [p. 339 modifica]spontaneo e vigoroso, mentre le arti in quel caso esigono una custodia più gelosa e più delicata, perchè meno resistono alle vicende politiche.

7. Termineremo questo Capitolo col riflettere, che lo studio delle arti meccaniche è stato finora abbandonato alla cieca pratica de’ manuali, i quali non mossi che dall’amor del guadagno immediato, non le hanno che lentamente perfezionate. Eppure queste arti medesime contengono, come taluno ha osservato, più di filosofia, di sagacità, d’invenzione degna d’uomini ragionatori, che molte migliaia di volumi scritti con tutta la gravità e sussiego; e sono suscettibili d’essere ridotte a principj generali e precisi, onde meritare la considerazione del più contegnoso e superbo letterato. Se dunque si aggiungesse alle istituzioni che si danno in favore della gioventù, in vece di una sterile scienza di parole, un preciso ma ragionato quadro delle arti meccaniche, ove fosse ridotta a principj e a viste comuni e generali quella logica di tradizione e buon senso che le scienze cavillose e magistrali rilegarono nelle umili officine dell’ingenuo lavoratore, da essa la distratta gioventù, meglio che fra l’ostentazione delle scuole, imparerebbe a rispettare le vere cognizioni, senza renderla ispida e rannicchiata in sè stessa tra la volubile sottigliezza e la pupillare ferocia dei sillogismi; ed avvezzandosi a conoscere tutti i ceti e tutta la catena degli affari sociali, ella si avvezzerà a quell’affezione e a quell’amicizia di abitudine con tutte le condizioni, che tanto contribuisce alla reciproca e tranquilla felicità degli uomini conviventi e contrattanti insieme.