Elettra (D'Annunzio)/Le città del silenzio (I)

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Le città del silenzio

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Canti della ricordanza e dell'aspettazione Le città del silenzio (II)
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LE CITTÀ DEL SILENZIO

ferrara. pisa. ravenna.

O
DESERTA bellezza di Ferrara,

ti loderò come si loda il volto
di colei che sul nostro cuor s’inclina
per aver pace di sue felicità lontane;
e loderò la chiara
sfera d’aere e d’acque
ove si chiude
la tua melanconia divina
9musicalmente.

E loderò quella che più mi piacque
delle tue donne morte
e il tenue riso ond’ella mi delude

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e l’alta imagine ond’io mi consolo
nella mia mente.
Loderò i tuoi chiostri ove tacque
l’uman dolore avvolto nelle lane
placide e cantò l’usignuolo
18ebro furente.

Loderò le tue vie piane,
grandi come fiumane,
che conducono all’infinito chi va solo
col suo pensiero ardente,
e quel lor silenzio ove stanno in ascolto
tutte le porte
se il fabro occulto batta su l’incude,
e il sogno di voluttà che sta sepolto
27sotto le pietre nude con la tua sorte.

O
PISA, o Pisa, per la fluviale

melodìa che fa sì dolce il tuo riposo
ti loderò come colui che vide
immemore del suo male
fluirti in cuore
il sangue dell’aurore
e la fiamma dei vespri
e il pianto delle stelle adamantino
36e il filtro della luna oblivioso.

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Quale una donna presso il davanzale,
socchiusa i cigli, tiepida nella sua vesta
di biondo lino,
che non è desta ed il suo sogno muore;
tale su le bell’acque pallido sorride
il tuo sopore.
E i santi marmi ascendono leggeri,
quasi lungi da te, come se gli echi
45li animassero d’anime canore.

Ma il tuo segreto è forse tra i due neri
cipressi nati dal seno
de la morte, incontro alla foresta trionfale
di giovinezze e d’arbori che in festa
l’artefice creò su i sordi e ciechi
muri come su un ciel sereno.
Forse avverrà che quivi un giorno io rechi
il mio spirito, fuor della tempesta,
54a mutar d’ale.

R
AVENNA, glauca notte rutilante d’oro,

sepolcro di violenti custodito
da terribili sguardi,
cupa carena grave d’un incarco
imperiale, ferrea, construtta

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di quel ferro onde il Fato
è invincibile, spinta dal naufragio
ai confini del mondo,
63sopra la riva estrema!

Ti loderò pel funebre tesoro
ove ogni orgoglio lascia un diadema.
Ti loderò pel mistico presagio
che è nella tua selva quando trema,
che è nella selvaggia febbre in che tu ardi.
O prisca, un altro eroe tenderà l’arco
dal tuo deserto verso l’infinito.
O testimone, un altro eroe farà di tutta
72la tua sapienza il suo poema.

Ascolterà nel tuo profondo
sepolcro il Mare, cui ’l Tempo rapì quel lito
che da lui t’allontana; ascolterà il grido
dello sparviere, e il rombo
della procella, ed ogni disperato
gemito della selva. «È tardi! È tardi!»
Solo si partirà dal tuo sepolcro
per vincer solo il furibondo
81Mare e il ferreo Fato.