Elogio catodico del quotidiano/Cap. 1.1

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Cap. 1.1

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CAP 1.1 - Il fenomeno Renzo Villa: il fondatore di Telealtomilanese e Antenna3, l’everyman che divenne il quarto personaggio televisivo più amato in Italia.

(Da un’intervista del 1987 a Renzo Villa sul settimanale Stop)

Intervistatore: Villa e il “Bingooo” è il presentatore che fa la trasmissione, o la trasmissione che fa il presentatore. Ovvero è un programma che chiunque potrebbe condurre?

Villa: E’ un po’ la storia dell’uovo e della gallina. La struttura della trasmissione, è vero, non abbisogna di un “grosso” presentatore, un presentatore di nome o abilissimo. La troppa abilità nuocerebbe al “Bingooo”. E’ una trasmissione decisamente familiare e quindi la gente accetta un presentatore che, al limite, è insicuro; che, al limite non è padrone di se stesso e si lascia commuovere;che, al limite alleva papere. Un presentatore che dice: sono qui accettatemi come sono;anzi, datemi una mano.

Renzo Villa può essere assunto quasi a paradigma dei tanti “pionieri” del “Far West” televisivo. Studi non oltre la licenza media, dopo aver abbandonato il sogno adolescenziale di diventare attore cinematografico, svolge una miriade di lavori, dal cameriere all’assicuratore. I repentini cambi di mestiere di Villa finiranno solo quando sarà assunto come impiegato dell’ufficio del dazio e dell’ufficio tributi presso il comune di Varese. Il mondo dello spettacolo per anni sarà solo un hobby che lo porterà nel tempo libero a calcare ripetutamente i palcoscenici dei teatrini degli oratori in provincia di Varese e nella zona di Legnano. E’ già ormai più che trentenne quando, dopo aver letto un articolo sull’esperienza di Telebiella, decide di recarsi nella cittadina piemontese per conoscere di persona Peppo Sacchi. Combattendo nelle “trincee di Telebiella” contro il monopolio Rai, ha l’occasione di conoscere e diventare amico di Enzo Tortora.

E proprio grazie all’aiuto del presentatore genovese, dopo aver tentato di aprire Videovarese e Videobustarsizio riesce a fondare a Busto Arsizio TeleAltoMilanese coinvolgendo oltre a molte delle persone con cui aveva collaborato a Telebiella, anche i compagni di recitazione nelle filodrammatiche di provincia, assai diffuse nell’area del legnanese. Il quotidiano La Notte nel presentare Renzo Villa, oltre a definirlo “Il Bernabei della situazione” ironizza sulla sua ex professione: “Renzo Villa si occupava di tributi: era in pratica un agente delle tasse. Questa specifica esperienza come agente delle tasse gli è stata utile per suggerirgli i nomi di coloro che sarebbero stati disponibili per sostenere l’iniziativa di «Tele Alto Milanese». E infatti li ha trovati”. Villa nelle sue avventure televisive arriva a coinvolgere persino il suo capo ufficio al comune di Varese, Almo Alberto Montarese, altro “Everyman” che diventerà uno dei personaggi di punta di Antenna3.

Senza scherzare troppo, Renzo Villa in occasione dei festeggiamenti per i trentadue anni di Antenna3 dirà, rivolgendosi con ossequio al suo ex principale “Io come ero abituato in ufficio Le ho sempre dato del “Lei”, tranne quando recitando era necessario che le dessi del “Tu”, Lei invece mi ha sempre dato del “Tu”, benché in realtà io fossi diventato il suo datore di lavoro...”. Stessa sorte tocca anche alla moglie di Montarese, Angela Barcella che passa direttamente dall'impiego di centralinista presso la Sip a conduttrice di Antenna3 apparendo in video per ironia della sorte proprio come centralinista dell'emittente nelle numerose trasmissioni “a telefono aperto”, che sono una “marca” caratteristica della Neotelevisione. Alla domanda del giornalista del quotidiano locale “La Spinta” su come si trovasse a fare televisione Montarese rispose

Mi trovo benissimo perché è l’ambiente che ho sognato per tutta la vita; ho iniziato a recitare a nove anni, posso dire di venire da una famiglia di artisti, credo proprio di poter dire che sono un «figlio d’arte».

Per ragioni familiari, mio padre, come (sic!) a molti altri, non poté realizzare il suo sogno; la medesima cosa è successa a me come attore. Ho iniziato l’accademia d’arte drammatica e mi è andata male, ma non come studio o preparazione professionale ed accademica, bensì perché venendo a mancare mio padre ho dovuto «tirar su le maniche» e dare un tangibile aiuto alla mia famiglia. Ecco perché non ho potuto realizzare appieno il sogno della mia vita: fare l’attore, l’attore serio, preparato coscienzioso come deve o dovrebbe essere un attore degno di questo nome. Telealtomilanese mi ha dato questa opportunità e come suol dirsi, meglio tardi che mai. Io vivo qui una seconda vita, proprio quella che avrei voluto vivere sin da ragazzo, e che non (sic!) potuto realizzare per tante ragioni.

Curiosamente Villa non coinvolge i suoi compagni di recitazione nell’avventura di Telealtomilanese solamente in ruoli artistici davanti alle telecamere, ma anche in ruoli amministrativi e aziendali.

L’ex compagno di palcoscenico Angelo Costanza già funzionario vendite Ibm e Singer Business Machine diventa responsabile della raccolta pubblicitaria. ”Quando dissi a mia moglie che volevo lasciare il mio lavoro e prendere parte all’avventura di fondare una nuova televisione, lei mi chiese quanto avrei guadagnato; io risposi che non era importante quanto avrei guadagnato ma che lo facevo per passione” mi racconta oggi Costanza

E sempre Costanza ricorda come dall’ambiente delle filodrammatiche di provincia importarono una formula scaramantica oggi comunissima in tutti gli studi tv italiani prima dell’inizio di una trasmissione. Nelle parole della stupita giornalista del settimanale Gente, “In camerino sono stata invitata anche prima della trasmissione per assistere al rito di ogni sabato sera, celebrato dall’intera troupe, le vallette ancora in bigodini i cameramen col panino in bocca: «pronti via… mento tre, meno due, meno uno» e poi in un coro possente la parola scaramantica di Cambronne” Trasmissione simbolo dell’emittente è senza dubbio “Il Pomofiore”, ideata e condotta da Enzo Tortora”. Al periodico “Settimana Tv” il presentatore genovese spiegò:

Il “Pomofiore” è una sorta di “Corrida”, quella radiofonica per intenderci, per dilettanti. La partecipazione è aperta a tutti. La novità, rispetto alla RAI, è che va in onda per televisione e non per radio e che i concorrenti vengono classificati secondo un sistema antichissimo e funzionale. Lancio, cioè di fiori o di pomodori.

Sempre Tortora dirà in un’intervista rilasciata a Mike Bongiorno nell’inconsueta veste di inviato della “Domenica del Corriere”

Chi ha del talento o crede di averlo, viene nei nostri studi, si mette davanti alle telecamere e si esibisce cantando, ballando, recitando, facendo imitazioni e qualsiasi altra cosa gli venga in mente di fare. E’ il pubblico che decide sulle qualità artistiche del concorrente e manifesta il proprio dissenso con il lancio, rispettivamente, di fiori o di pomodori.

«Il Pomofiore», spiegò Tortora al settimanale Novella 2000«significa fiori e pomodori. Il pubblico, che ne viene rifornito al momento di entrare in studio, con il lancio dei primi manifesta il suo consenso, con i secondi il dissenso. Alla fine si fa la conta e la differenza fiori–pomodori dà il punteggio esatto ottenuto dagli artisti in gara» «E’ questo sicuramente il momento più divertente del varietà, - scrive Aldo Grasso [2006, 27]- perché il lancio di pomodori, peperoni e altro viene eseguito con estrema brutalità. Il divertimento si sposta dall’esibizione del concorrente alla “partecipazione” del pubblico presente in studio» Sempre nelle parole dell’intervista a Novella 2000

«Alla base c’è senza dubbio un innato cinismo del pubblico» continua in tono leggermente più serio Tortora. «Poter esprimere subito il proprio disappunto con un lancio indiscriminato di pomodori, è il massimo credo. La grande tradizione del loggione di Parma vive qui a Busto. Poi c’è un altro aspetto, quello della giustizia e dell’equità. In un mondo dove tutto passa attraverso le lungaggini burocratiche poter “giustiziare” qualcuno o anche premiarlo (non dimentichiamo i fiori , infatti) all’istante è abbastanza stimolante. In effetti la gente con noi ha ritrovato il gusto del lancio di ortaggi. La gente ha bisogno di tirare i pomodori. E’ stata troppo a lungo inibita. In un certo senso se ne era persa la tradizione. Alla Tv di stato, monopolizzata e lottizzata, si applaude e basta e anche quello lo si fa a bacchetta. Come se il pubblico fosse composto da poveri deficienti da manovrare» Al Pomofiore, che è in ripresa diretta, non ci sono regole per il pubblico. Ognuno deve poter lanciare fiori o pomodori come vuole nella più ampia libertà. L’artista che si esibisce usufruisce di una sorta di «zona franca» di un paio di minuti. La gente se ne sta zitta, ascolta e giudica. Poi la valletta alza la bandierina e si scatena la bagarre. Distinte signore impugnano i pomodori come bombe a mano e li lanciano con rara maestria[…].

Nel Luglio del ‘76 la serata finale del Pomofiore andò in onda dallo stadio Carlo Speroni di Busto Arsizio con la presenza di ben 18.000 persone. Nonostante la trasmissione sia incentrata sull’esibizione di gente comune, di dilettanti, Tortora confidò al settimanale Novella 2000, con una punta di tagliente ironia che

il mio sogno è invitare come ospiti d’onore, la nazionale di calcio, il senatore Fanfani, Ettore Bernabei e Giorgio Strehler; la grandinata sarebbe assicurata, ma queste “eccellenze” non dovrebbero lagnarsi: il pomodoro fa bene alla pelle. […] io, per esempio, mi sono mantenuto bene perché anni fa ne ho beccati talmente tanti!...Me ne hanno tirati a quintali. E li ho presi tutti in faccia. Ecco perché vorrei consigliare a questi personaggi una buona cura di pomodori al Pomofiore

L’unico problema creato dalla partecipazione del pubblico nella trasmissione Il Pomofiore lo segnala il regista Beppe Recchia all’inviato di Novella 2000:

«Ho “beccato” un’anziana signora che con noncuranza apriva la borsetta vi metteva il mazzo di fiori e poi si sventolava molto signorilmente con un ventaglio.c’è che i fiori se li tiene per portarli sulle tombe» «E sì, ogni sera spariscono parecchi fiori e pomodori», interviene rassegnato Tortora «finiscono nei modi più impensati. Ne ho trovati perfino al cimitero, su qualche tomba».

Meno ricordato dal grande pubblico ma non meno innovativo è l’altro programma di punta di Telealtomilanese, “Aria di Mezzanotte” una trasmissione ideata e condotta da Enzo Tortora che al settimanale “Settimana Tv” spiegò:

Quando pensai a questa trasmissione, avevo in mente quello che disse Bernabei, l’ex-capo della RAI, durante una riunione preliminare in vista dell’incontro di pugilato fra Benvenuti e Griffith. Allora ero il conduttore della “Domenica sportiva” e avevo chiesto, data la differenza del fuso orario, di mandare in onda la trasmissione via satellite direttamente durante la notte. Bernabei disse che la cosa era da escludere perché se no gli italiani, costretti a fare le ore piccole per guardare la tele gli avrebbero lavorato male all’indomani e gli si sarebbero alzati tardi”. Ecco quella frase paternalistica che relegava gli italiani al ruolo di piccole comparse idiote mi dette fastidio. Perciò quando decidemmo di fare una trasmissione raffinata pensammo di mandarla in onda a mezzanotte. Gli italiani adulti avrebbero deciso da soli se stare alzati fino a tardi o andare a dormire.

In effetti, in epoca paleotelevisiva forte era la funzione regolatrice delle trasmissioni sul bed-time, non solo dei più piccoli, invitati ad “andare a nanna” subito dopo Carosello, ma anche degli adulti, per cui come ricorda Renato Stella [1999, 23] “alle 23 i programmi chiudevano per consentire a tutti di ristorarsi con un buon sonno prima di riprendere l’indomani l’attività lavorativa”. E il settimanale Gente arriverà a dedicare alla trasmissione un intero servizio dal significativo titolo “A Mezzanotte non spegnere il tuo televisore: c’è Enzo Tortora”. Nelle parole rilasciate al popolare settimanale dal presentatore genovese si ha una semplice ma chiara descrizione del fenomeno dell’estensione del tempo televisivo alle 24 ore, secondo la logica della “televisione di flusso”, una delle marche caratteristiche della Neotelevisione.

[…]l’idea più grossa è stata quella di utilizzare una fascia d’ascolto ancora vuota. Dovunque accendi la TV che cosa vedi dopo la mezzanotte? Neve neve neve. Noi facciamo apparire sul video un gatto con la scritta “non spegnete” e alle 24 cominciamo con il nostro giornale.

«Ogni settimana- dichiarò Tortora a Novella 2000-ci colleghiamo con un night per offrire ai telespettatori (che al contrario della Rai giudichiamo ormai maggiorenni…) un raffinato spogliarello». “Aria di Mezzanotte” arriverà a suscitare l’attenzione dell’edizione italiana di Playboy del numero di settembre del 1976 «Un vento rivoluzionario soffia via etere. Attenta Mamma Rai: i tuoi programmi casalinghi, parrocchiali, dopolavoristici rischiano di essere stravolti (per usare un brutto termine di moda). Santa Teulada, presto se il contagio si diffonde, dovrà trovare succedanei delle cattive digestioni, delle maglie pesanti, delle caste danze ginnico-premilitaristiche della Carrà; insomma, dovrà buttare tutto il suo corredo mammista». E Mike Bongiorno, nell’insolita veste di inviato della Domenica del Corriere, arriva addirittura a gridare allo scandalo intitolando il suo articolo “Aiuto! Dalla tv escono fantasmi e donne nude”. L’ex conduttore di “Lascia o raddoppia” continua nell’occhiello “Per la prima volta in Italia, una stazione televisiva privata fa concorrenza alla RAI. Questo succede con «Tele Alto Milanese» che trasmette tutti i giorni da Busto Arsizio. Presentatore degli spettacoli più popolari è Enzo Tortora. «Tele Alto Milanese» si distingue per la sua spregiudicatezza: tra l’altro fa assistere ad autentici spogliarelli portando le telecamere nei night, e persino a sedute spiritiche”.

«Presentiamo poi – continuò a spiegare Tortora- defilée di moda balneare, sedute spiritiche dal vivo, musica classica, jazz, ospiti d’onore eccetera. Offriamo le notizie delle prime edizioni dei quotidiani che a mezzanotte sono già stampati, abbiamo un erborista, uno psicologo, un medico, un barman. Come già avviene al Pomofiore, offriamo uno spuntino, che per Aria di mezzanotte è una spaghettata, alle persone in studio. Ecco come è la trasmissione più insolita d’Europa».

“Abbiamo grosse ambizioni, lo ammetto. Il nostro sarà prima di tutto un centro di produzione. Cioè faremo delle cose che venderemo alle altre televisioni private. Poi saremo anche stazione trasmittente. E anche qui, vogliamo produrre bene.”dichiara al quotidiano Il Giorno, del 3 Aprile del 1977 Luigi Malferrari direttore amministrativo della nascente realtà che si sarebbe dovuta chiamare “Società Lombarda di produzione televisiva s.p.a.”.

Come marchio per la nuova emittente che nelle intenzioni dei fondatori non avrebbe dovuto rappresentare il “core business” viene scelto dopo vari ripensamenti il marchio “Antenna3 Lombardia”. E’ il 1977, l’anno chiave in cui la Rai è impegnata nel tentativo disperato di lottare contro le emergenti televisioni commerciali. A questo proposito con orgoglio Renzo Villa a distanza di anni ricorda “Quando siamo partiti noi, Raiuno e Raidue non avevano ancora il colore, mentre Raitre non esisteva ancora!”. Viale Mazzini si lancia in una corsa contro il tempo per introdurre le trasmissioni a colori, dopo che tale processo di switching aveva subìto lo stop di un decennio per via di una scelta esclusivamente politica.

A Milano i celebri studi della Fiera Campionaria non sono ancora attrezzati per le riprese a colori. Anche i corsi di aggiornamento sulla nuova tecnologia del colore per i tecnici Rai subiscono una serie di ritardi per via di questioni politico/sindacali. Vedendo l’ex monopolista in seria difficoltà nell’ammodernamento degli studi e nella formazione del personale, Tortora che nel frattempo è già stato designato alla conduzione della trasmissione Portobello offre alla tv di stato assieme a Villa una soluzione lungimirante: utilizzare gli studi e il personale della nascente Antenna3 per realizzare la trasmissione Portobello e venderla alla Rai, che dovrebbe occuparsi quindi della sola messa in onda.

Alla fine degli anni Settanta Tortora e Villa offrono alla Rai la possibilità di fare, completamente in outsourcing, una trasmissione, anticipando di fatto ciò che solo una ventina di anni dopo diventerà realtà con il massiccio ricorso alle produzioni esterne.

Curiosamente, tra i tanti ventenni che collaborano alla nascente Antenna3, c’è anche Marco Bassetti, allora assistente di studio dello studio 1 di Legnano, oggi presidente di Endemol.

”L’iniziativa- dichiarò Tortora al quotidiano “Il Giorno”- nasce in un momento di grande depressione. Il nostro è un atto di fiducia verso un settore che, se non viene mortificato, diventerà una vera industria trainante”.

Alla fine la Rai, per evitare problematiche di natura sindacale, preferirà invece iniziare a trasmettere Portobello in bianco e nero. Nelle parole dell’autobiografia di Enzo Tortora [1988, 57] «Andavamo in onda alle 9,50 e in bianco e nero perché, anche se Portobello doveva inaugurare il colore sulla Rete 2 (ecco il perché del pappagallo, scelto in quanto animale colorato), lo studio Fiera 2 Milano non era ancora pronto per le trasmissioni a colori». Degno di nota però è il fatto che molte delle persone che saranno impiegate nella realizzazione della trasmissione del colorato pappagallo a partire dai registi Beppe Recchia ed Enzo Gatta, sono “colonne portanti” della struttura di Antenna3. Il sogno di vendere programmi “chiavi in mano” ad altri broadcaster, non resterà però sulla carta; i tecnici dell’emittente di Legnano realizzeranno nei loro vasti studi, per conto di terze emittenti, molti programmi che prevedevano la presenza di numeroso pubblico in studio, tra cui “Ok, il prezzo è giusto!”.

Villa e Tortora, dopo aver tentato di proporsi come produttori esterni di alcuni programmi Rai, decideranno a loro volta di delegare in outsourcing la realizzazione del telegiornale e dei servizi informativi di Antenna3 alla redazione del quotidiano Il Giorno. Quest’ultima idea innovativa viene considerata un pesante attacco diretto alla Rai, in quanto il quotidiano Il Giorno ha come azionista di riferimento l’Eni, allora interamente di proprietà statale.

A rendere ancora più interessante l’iniziativa fu che, anticipando di fatto le attuali trasmissioni di “talent show” e di “reality show”, la dirigenza di Antenna3 in collaborazione con il quotidiano fondato da Italo Pietra decise di delegare agli stessi telespettatori, mediante televoto, la selezione dei volti nuovi per il telegiornale, con modalità non molto diverse da quanto accade oggi in trasmissioni come X-factor.

Per tre serate, trasmesse in diretta una settimana prima dell’inaugurazione ufficiale dell’emittente, ben sessanta aspiranti videogiornalisti e videogiornaliste, si contendono la vittoria (e quindi il posto di lavoro) in una gara all’ultimo televoto: è un’ulteriore idea innovativa di Enzo Tortora, che crea nel pubblico un grande clima di attesa per l’inaugurazione ufficiale della nuova stazione televisiva, prevista con tre serate di gala a partire dal 3 Novembre 1977.

Appare indubbio che vero artefice del successo di Antenna3 Lombardia, che riuscì ad emergere tra lo sterminato numero (si calcola ben 1500) di emittenti televisive locali che sorsero negli anni del “Far West televisivo”, fu la capacità di aggregazione e la successiva gestione del capitale umano congiuntamente alla capacità di coinvolgimento del pubblico.

L’emittente di Legnano che si presentava come novità alternativa ai programmi della Rai poteva presentarsi sugli schermi di casa dei telespettatori con il volto e la voce rassicurante di personaggi televisivi come Cino Tortorella, Edy Campagnoli, Lucio Flauto ed Ettore Andenna, per non parlare dello stesso cofondatore e contitolare Enzo Tortora, che erano già ben conosciuti dal pubblico e che si presentavano nel duplice ruolo di “garanti” della qualità nei confronti del pubblico e di “numi tutelari” delle tante persone che debuttavano per la prima volta in televisione. I volti noti sono anche una garanzia da spendere nei confronti degli investitori pubblicitari. Al contrario di altre emittenti commerciali, dove la funzione vendita è delegata a concessionarie esterne, Antenna3 attua una scelta controcorrente.

“La pubblicità la raccogliamo noi risparmiando il 40 per cento.- dichiarò orgogliosamente Enzo Tortora al quotidiano La Repubblica- Per due terzi è pubblicità nazionale, per un terzo locale”.

«Molte delle produzioni di questa prima fase sono, in effetti state dei successi tanto a livello di ascolto quanto a livello di notorietà (Bingoo, Aria di Mezzanotte, Ciao come stai, Il guazzabuglio, Non lo sapessi ma lo so ecc.)- si legge in una ricerca sulle televisioni locali coordinata da Giuseppe Richeri per conto del Comitato regionale per i servizi radiotelevisivi della Lombardia- e in alcuni casi sono anche diventati modelli per i network nazionali. Un’ulteriore conferma dell’importanza del palinsesto durante questo periodo è che molti dei personaggi che allora collaboravano con Antennatre sono successivamente diventati personaggi di rilievo del panorama televisivo nazionale».

Dallo studio 1 di Antenna3 muovono i primi passi nel mondo dello spettacolo persone come Teo Teocoli e Massimo Boldi, Pamela Prati, Paola Perego, Isabella Ferrari, Carmen Russo, Rita Rusic, Davide Mengacci, Orlando Portento, nonché il duo comico Ric&Gian. “Esordienti semisconosciuti vecchie glorie sul viale del tramonto accomunati dalla stessa voglia matta. Chi voleva emergere e chi voleva dimostrare di non essere finito. Walter Chiari conduce il varietà «Ciao come stai?». Perso lo smalto del Sarchiapone, la parlata si è fatta biascicata, i tempi schiodati. Ma il genio è lì, intatto, che si fa largo nell’inferno a porte chiuse del cocainomane” commentano Dotto e Piccinini [2006, 94], nel loro libro “Il mucchio selvaggio, la strabiliante inverosimile ma vera storia della televisione locale in Italia”.

Oltre a Chiari numerosi personaggi ritrovarono spazi di notorietà sugli schermi di Antenna3 dopo che erano stati condannati all’oblio da parte dei dirigenti Rai.

L’emittente di Legnano può vantare anche un’ottima squadra di registi. A firmare la regia del 70% delle trasmissioni è Cino Tortorella che, mentre in Rai continua parallelamente la sua carriera nelle trasmissioni per ragazzi, riesce a realizzare come per magia nella poco nota veste di regista il numero record di ben duecento diverse trasmissioni nel giro di pochi anni tra cui le trasmissioni cult “Il Pomofiore” e “La Bustarella”. Tortorella rileggendo questa tesi ci tiene a ribadire: “A Telealtomilanese e ad Antenna 3 Lombardia ho fatto pochissimo come presentatore perché il mio vero mestiere è stato fare l’autore e il regista”. Assai meno noto al grande pubblico tra i registi di Antenna3 è, invece, Enzo Gatta che, grazie all’esperienza acquisita quando è ancora adolescente a Telebiella, passa sorprendentemente dall’impiego come riparatore di televisori nel retrobottega di un negozio di elettrodomestici di Biella, a regista di Portobello, trasmissione più vista della storia della tv italiana.

La regia di questo stesso programma Rai era stato curata precedentemente da un altro reduce di Telebiella Beppe Recchia che per l’emittente di Legnano è regista e autore assieme a Renzo Villa della trasmissione cult “Non lo sapessi ma lo so”, la quale consacra al successo i due comici esordienti Massimo Boldi e Teo Teocoli, scoperti da Villa nel noto locale “Derby” di Milano, che in questa trasmissione secondo Giancarlo Dotto e Sandro Piccinini [2006, 93] appaiono “all’apice della loro grandezza”. «Nel corso degli anni, i due si sono spesso ritrovati nella conduzione di qualche programma (tipo «Scherzi a parte») ma non hanno più raggiunto le vette di complicità di Antennatre. Come mai?» si chiede dalle colonne del Corriere della Sera Aldo Grasso.

Il noto critico televisivo, riguardo a questa fortunata trasmissione aveva scritto anche che “Apprezzato dal pubblico il varietà aveva permesso infine al regista Beppe Recchia di sperimentare nuove formule comunicative che avrebbero poi trovato piena manifestazione in Drive In.[…] Il suo vero erede è Paolo Beldì che ha mosso i primi passi con lui, nella spensierata sgangheratezza del localismo”. Anche Beldì, che può vantare nel suo palmares la regia di trasmissioni come “Quelli che il calcio” o il “Festival di Sanremo”, ha debuttato come regista/aiuto regista proprio ad Antenna3. Ma non meno importante, in una riflessione sulla gestione delle risorse umane, fu l’analisi del ruolo che rivestì il pubblico di Antenna3. Come ricordano anche Dotto e Piccinini [2006, 94], “Negli studi di Legnano affluiva un pubblico da avanspettacolo: numeroso, vociante e non addomesticato da nessun capoclaque. Boldi e Teocoli ricevevano ovazioni da stadio”.

Ma ad Antenna3 il pubblico riveste una molteplicità di ruoli: oltre ad aver scelto mediante televoto i volti dei conduttori del telegiornale, i telespettatori sono invitati da Enzo Tortora a sottoscrivere quote azionarie dell’emittente. Si conterà così a fianco di Tortora e Villa, un azionariato popolare, composto da ben 50.000 soci-telespettatori, titolari ciascuno di una quota di 10.000 lire. La realizzazione di un innovativo centro di produzione tv all'avanguardia in uno stabile di proprietà nonché i vari costi sostenuti per l’avviamento hanno richiesto una spesa di diversi miliardi di lire dell'epoca. “Una cifra notevole e un impegno finanziario pesante, specialmente in un momento delicato della nostra vita sociale, politica ed economica, - scrive il giornalista Arnaldo Cozzi-un impegno finanziario pesante reso possibile dalla buona volontà di un numero notevole di piccoli azionisti". Questo particolare assetto proprietario non crea rilevanti problemi di governance: l’unica preoccupazione per la dirigenza dell’emittente lombarda è trovare un luogo idoneo dove tenere l’assemblea sociale. Persino lo studio 1 dell’emittente, allora “studio televisivo più grande d’Italia (Rai inclusa) ” [Dotto Piccinini, 2006, 92], essendo in grado di offrire ben 1200 posti a sedere, risulta essere troppo piccolo, “ Se il giorno dell’assemblea fossero venuti tutti non ci saremmo stati nemmeno nello stadio di Busto Arsizio, avrei dovuto affittare San Siro..." ricorda divertito Villa.

Il pubblico in studio di Antenna3 veniva coinvolto ampiamente anche nei giochi a premi sponsorizzati dagli inserzionisti dell’emittente, che realizzavano particolari forme per certi versi antesignane dell’Enterprise Generated Content, in quanto lo stesso investitore pubblicitario era coinvolto direttamente nella realizzazione di tali giochi a premi.

“Un giorno la Max Meyer, che era sponsor di un gioco de La Bustarella, per la conduzione di tale momento, inviò un suo rappresentante di nome Davide Mengacci” ricorda sorpreso Renzo Villa.

Cino Tortorella pensa a rendere protagonista i giovani spettatori di Antenna 3; ragazzi e ragazze che hanno da svolgere versioni di greco e latino per l’indomani nella trasmissione Telebigino possono richiedere in diretta per telefono l’aiuto di un particolare docente di lettere classiche, Roberto Vecchioni. Per ben tre ore ogni pomeriggio Tortorella organizza inoltre uno spazio in cui ragazzi e ragazze in studio possono mettere in vendita la loro collezione di figurine o cercare la ragazza dei loro sogni o dichiarare il loro amore alla compagna di banco, “un po’ come a Portobello” mi dice Tortorella-“ inoltre con la mie trasmissioni “invito al cinema” ed “invito a teatro” insegnavo ai ragazzi di alcune scuole partner elementi di regia e di cinematografia, prestando alle classi coinvolte alcune attrezzature tecniche utili a realizzare cortometraggi che poi mettevano in onda”.

Anche il ruolo, o meglio i ruoli ricoperti dallo stesso fondatore Villa, sono degni di nota in un’analisi sulla gestione delle risorse umane in un’emittente televisiva locale.

Questi infatti fu precursore per certi versi del fenomeno che oggi viene definito “One man station”, che sta a indicare realtà “radiotelevisive” o di produzione audiovisiva in cui la stessa persona deve avere abilità, competenze e conoscenze, che prima erano appannaggio di diversi ruoli professionali ben definiti. Villa fu infatti della sua Antenna3 contemporaneamente oltre che fondatore, anche editore, direttore della programmazione, autore di programmi e persino conduttore, a differenza di molti editori televisivi mai apparsi in video nelle loro emittenti. Proprio grazie a quest’ultimo ruolo ottenne una straordinaria notorietà in Lombardia, al punto da essere a sua volta utilizzato come testimonial nella pubblicità di alcune aziende. «Tortora all’inizio non è d’accordo: -ricorda Villa in un’intervista al quotidiano Libero-“Renzo, sei un autore eccezionale. Fai solo questo. Ricordati che Agnelli non guida la macchina”». Poi, quando improvviso e conduco uno speciale sulla morte di Papa Luciani, si ricrede». Nelle parole del quotidiano La Notte”Villa è uno che agli inizi di «Tele Alto Milanese» si ubriacava di video (ubriacando i telespettatori); «voleva fare tutto lui», dicono, «ma poi per fortuna ha un po’ capito e si è calmato; adesso non fa più il Bernabei della Lombardia: cerca di apparire con moderazione e lascia spazio alla redazione».

Villa che prima di diventare editore televisivo non era mai apparso in nessuna trasmissione, nel giro di pochissimo tempo, passò da everyman a beniamino del pubblico, al pari di personaggi di Antenna3 come Ettore Andenna, Cino Tortorella, Walter Chiari o Enzo Tortora, che invece potevano vantare nei loro curricula prestigiose esperienze, anche decennali in Rai. Enzo Tortora arriverà a scrivere una commuovente dedica nella prima pagina della copia del libro Le forche Caudine donata all’amico Villa “A Renzo che mi ha restituito la gioia di un mestiere: il suo.” La popolarità di Renzo Villa è tale che nel 1983, lui conduttore di una tv locale, risulta essere in un sondaggio condotto mediante cartolina postale sull’intero territorio nazionale da “Tv sorrisi e canzoni”, il quarto personaggio più conosciuto dell’intera televisione italiana. Il volto dell’ormai ex everyman Villa comparirà a sorpresa sul noto periodico nella pagina che comunica i risultati del concorso affianco a quello di Mike Bongiorno, Enzo Tortora e Pippo Baudo.