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Er gatto girannolone

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Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura Er gatto girannolone Intestazione 27 gennaio 2024 75% Da definire

La Lègge der 10 novembre Le Minenze
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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ER GATTO GIRANNOLONE.[1]

     Nina,[2] che vvorà ddì[3] cche stammatina
È or[4] de pranzo e nnun ze[5] vede er gatto?
E io, minchiona, j’ho ammannito un piatto
Pien de sgarze[6] e de schiuma de gallina!

     Ce sarìa[7] caso che sse[5] fussi fatto
Serrà in zuffitta?[8] Vòi provacce,[9] Nina?
Ggià, la porta sce[10] sta ttanta viscina!
Se sentirìa[11] strillà: mmica è ppoi matto.

     ’Gni vorta che sta bbèstia nun ze[5] trova
Me riviè a mmente povero Ghitano[12]
C’aveva sempre quarche bbotta nova.[13]

     Un giorno Rósscio[14] nun tornava; e llui
Sai cosa disse? “Starà ar Vaticano,
A cconzurtà cco’ li compaggni sui.„

24 dicembre 1834.

Note

  1. Girandolone: vagabondo.
  2. [Caterina.]
  3. Che vorrà dire?
  4. È ora: apocope in uso.
  5. 5,0 5,1 5,2 Si.
  6. Lische.
  7. Ci sarebbe.
  8. Soffitta.
  9. Vuoi provarci.
  10. Ci.
  11. Si sentirebbe.
  12. Gaetano. [Il marito morto. E La soppressione dell’articolo er (il) davanti a povero è d’obbligo in questo e in altri simili casi. L’anno che mòrze (morì) povero Ciro ecc.]
  13. [Botta, nel significato, comune anche in Toscana, di “motto pungente, detto di traverso.„ Donde il motto: botta e risposta.]
  14. Rosso, nome ordinario che si dà a’ gatti di quel pelame.