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Er marito stufo (1832)

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Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi II.djvu sonetti letteratura Er marito stufo Intestazione 26 maggio 2024 100% Da definire

Lo scozzone Er marito de la serva
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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ER MARITO STUFO.

     Un giorn’o ll’antro che pper dio sagrato
Me zompeno le verginemmaria,1
Pijjo er cappello e mmé ne vado via,
E mme do a la Pilotta2 pe’ ssordato.

     E ddoppo disce, perché stai ’nciuffato!3
Si ffussi un antro in de li panni mia,
Te vorebbe lavà ssenza lesscia4
Cuer cucuzzone5 sempre impimpinato.6

     Oh ttiramola via sta carrozzetta:
Ridi, ché inzin che ddura fa vverdura;7
Ma nun curatte8 de vedé la stretta.

     Tu mme voressi vede in zepportura:
Ma io, monta cquassù, ppijja sta fetta:9
Propio l’hai trovo, l’hai, chi sse ne cura.

22 gennaio 1832.

Note

  1. Mi salgono i fumi, mi montano le creste, ecc.
  2. Sulla Piazza della Pilotta è la Congregazione Militare.
  3. Ingrugnato.
  4. Lisciva, ranno.
  5. Testa.
  6. Acconciato [con artifizio].
  7. Modo proverbiale.
  8. Non ti curare.
  9. Dicendo le due precedenti frasi, si batte colla mano destra sul braccio sinistro, il quale deve correre anch’esso contro la mano: gesto un po’ turpe.