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Er padrone bbon'anima

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Giuseppe Gioachino Belli

1837 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura Er padrone bbon'anima Intestazione 10 maggio 2024 75% Da definire

El cappellaro Le piggionante sussurrone
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837

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ER PADRONE BBON’ANIMA.

     È ito in paradiso. Mòrze[1] jjeri,
Povero galantomo, in d’un assarto
D’àsima[2] a ttredisciora[3] men’un quarto,
Quann’io stavo ssciacquanno li bbicchieri.

     Tutto pe’ ccausa de st’infame apparto
De li letti da dà[4] a li granattieri.
Eh, spósa[5] mia, so’[6] stati li penzieri,
Che ffanno peggio de mazzola e squarto.[7]

     Nun c’è rrimedio:[8] lui, fin dar momento
Che pprincipiò a rrimette[9] de saccoccia,
Parze[10] un pezzo de lardo a ffoco lento.

     S’era arrivato a strugge[11] a ggoccia a ggoccia,
Che in ne li panni sce bballava drento
Come una nosce[12] secca in ne la coccia.[13]

4 marzo 1837.

Note

  1. Morì.
  2. D’asma.
  3. A tredici ore.
  4. Da dare.
  5. Pronunziata colla o chiusa. [V. la nota 1 del sonetto: La lavannara ecc., 14 magg. 43.]
  6. Sono.
  7. [V. la nota 1 del sonetto: L’imbiancatore, 4 marzo 37.]
  8. Non v’è replica: è certo.
  9. A rimettere.
  10. Parve.
  11. Struggere.
  12. Noce.
  13. Nel guscio.