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Er zalame de la prudenza

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Giuseppe Gioachino Belli

1833 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura Er zalame de la prudenza Intestazione 10 marzo 2024 75% Da definire

Li scardini Li peggni
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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ER ZALAME DE LA PRUDENZA.[1]

     Co’ ste bbellezze e cco’ st’annà[2] a la moda,
Tratanto che vvor dì,[3] ssora Sciscijja?[4]
Tutti ve vònno e ggnisuno ve pijja;
E vve tocca a rrestà ssempre a la coda.

     Nun ve lodate tanto, bbella fijja,
Perché a Rroma a la ggente che sse loda
Je dimo[5] noi: chi sse loda se sbroda,[6]
E trova chi jj’arrenne la parijja.

     Perchè avete vent’anni e ’r culo tonno,[7]
Oggnantra donna appetto vostro è un torzo?[8]
Chi ha pprudenza l’addopri, io v’arisponno.[9]

     Riccomannàteve a Ssan Carl’ ar Corzo,[10]
Che vve curri[11] la vita, e ppo’ a sto monno
State a vvedé ssi vve vò[12] mmanco un orzo.[13]

Roma, 21 febbraio 1833.

Note

  1. Regolarsi col salame della prudenza è una frase comunissima in Roma.
  2. Con questo andare, ecc.
  3. Che vuol dire, ecc.
  4. Cecilia.
  5. Diciamo.
  6. Chi si loda, si vitupera.
  7. Tondo.
  8. [Torso, torsolo.]
  9. Vi rispondo.
  10. [È detto per ischerzo, come nel sonetto: Ruzza co’ li fanti, ecc., 23 genn. 32;: non già perchè si creda che il San Carlo del Corso abbia la prerogativa di far durare la vita alla gente.]
  11. Vi corra: [vi duri].
  12. Se si vuole.
  13. Orso.