Er zeporcro in capo-lista

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Giuseppe Gioachino Belli

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La padrona bbizzoca Er mette da parte
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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ER ZEPORCRO IN CAPO-LISTA

     Chi vvò ggode1 un zeporcro stammatina
Che tt’arillegri e cche tte slarghi er core,
Bbisoggna annà a Ppalazzo, e avé l’onore
D’èsse in farde2 e dd’entrà a la Pavolina.3

     Che pparadis’in terra! che sprennore!4
Quante cannele!5 e ttutta scera fina.
Pare un inferno! E tt’assicuro, Nina,
Che cce potrebbe stà un Imperatore.

     Io sciappizzai6 l’antr’anno de sti tempi,
E mm’aricordo sempre d’avé ddetto
Che sti sfarzi che cqua7 ssò bbrutti esempi.

     Per via ch’er Gesucristo de le cchiese
Che sse vede trattà da poveretto,
Pò ssartà in bestia e bbuggiarà8 er paese.

16 aprile 1835

Note

  1. Godere.
  2. D’essere in falda.
  3. La Cappella Paolina.
  4. Splendore.
  5. Candele.
  6. Ci andai, ci accorsi.
  7. Sfarzi qua.
  8. Rovinare.