Ercole (Euripide)/Terzo episodio

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Euripide - Ercole (423 a.C./420 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1928)
Terzo episodio
Secondo stasimo Terzo stasimo
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Arriva Lico col suo séguito, mentre Anfitrione esce dalla porta del palazzo.
lico
Esci in buon punto, Anfitrïone. Assai
dell’acconciarvi fu lungo l’indugio,
coi pepli e le funeree bende. Orsú,
ingiungi ai figli ed alla sposa d’Ercole,
che fuori della casa al fin si mostrino:
spontanei prometteste a morte offrirvi.
anfitrione
Tu mi soverchi nella mia miseria,
mi vituperi, o principe, perché
spento è mio figlio. Eppur, sebbene re,
porre freno alla tua foga dovresti.
Ma, poiché tu morte c’imponi, è forza
gradir la morte, e far ciò che ti piace.
lico
Megara ov’è? D’Alcmèna ove i nepoti?

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anfitrione
Mi sembra ch’ella, a giudicar da fuori...
lico
Faccia che cosa? e qual prova tu n’hai?
anfitrione
Supplice giaccia presso all’are sante...
lico
pregando invan salvezza alla sua vita?
anfitrione
E lo spento consorte invano attende.
lico
Ei non è qui, né tornerà piú mai.
anfitrione
No, se alcun degli Dei non lo resuscita.
lico
A lei récati, fa ch’ella esca, alfine.

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anfitrione
No, ché sarei della sua morte complice.
lico
Io stesso andrò, se nutri questi scrupoli:
ch’io non ho certe ubbie: trarrò qui fuori
e madre e figli. Olà, servi, seguitemi,
e lieta calma sia dopo il sospetto.
anfitrione
Va’ dunque, muovi al tuo destino. Al resto
altri provvederà. Se tu fai male,
aspetta male. O vecchi, ei muove proprio
nel punto giusto; e piomberà nei lacci
d’una rete di spade, egli che pensa
la morte, o scellerato, ad altri infliggere.
Entro, vederlo vo’ spento cadere:
ché dà gioia veder morto il nemico
che la pena scontò dei suoi misfatti.
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