Esilio/Compagni di strada/La Vergine e il Falco

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
La Vergine e il Falco

../Il dono ../A Colui che non è venuto IncludiIntestazione 14 aprile 2018 100% Da definire

Ada Negri - Esilio (1914)
La Vergine e il Falco
Compagni di strada - Il dono Compagni di strada - A Colui che non è venuto
[p. 169 modifica]

LA VERGINE E IL FALCO.


Vide ella il Falco fendere il sereno.
Nel suo rombo pulsava il suo coraggio.
Con l’impeto feriva il vento e il raggio.
4Cielo e terra, di lui tutto era pieno.


Il balenare avea d’una saetta,
la maestà superba avea d’un nume.
Il mostro senza artigli e senza piume
8librarsi ella mirò del sole in vetta:

[p. 170 modifica]



e s’abbattè come s’abbatte un ramo
a terra, e rise con riversa gola,
e pianse: a lui gettando la parola
12ancor non detta ad uom vivente: — Io t’amo.—


٭



E prega, umìle, il Falco che non l’ode:
— Io non ti chieggo, o domator di vento,
con qual poter foggiasti lo strumento
16che ti solleva a le celesti prode.


Ma esso è te. Se or tu, con teso rostro,
su me piombassi per ghermirmi, e via
mi rapinassi a volo, e per magia
20d’ali e d’amore il cielo fosse nostro.

[p. 171 modifica]



ecco; io son pronta: io ti sarò la bianca
preda che tutta s’abbandona, e al vampo
del vorticoso ardor non cerca scampo,
24se pur, fragile, in petto il cor le manca:


come sien fresche le mie labbra, e snelli
i fianchi e dolce la mia nuca ai baci
sapresti, o Falco, che con colpi audaci
28nuvole ed astri afferri pei capelli.


Purità m’è compagna; ed assomiglio
nel mio candore a un’erma d’alabastro:
niuno ancora disciolse il roseo nastro
32che al mattin fra le trecce m’attorciglio.


Ho l’aroma del fieno, che la falce
divelse a pena, e il sol penètra; e diaccio
specchio m’è la sorgente a cui m’affaccio,
36piccola rama pendula di salce.

[p. 172 modifica]



Uomini adusti dall’odor ferino
mi soffiaron sul volto, avidi, folli,
il desiderio a vampe. Ed io non volli;
40ma commisi a me stessa il mio destino.


Non io, non io de’ lor traffici oscuri
viver soffersi, leggiadretta serva,
con basse ciglia ed anima proterva
44filando il lino entro i lor vecchi muri:


non io le grigie e tortuose scale
di lor case salìi, dove s’affloscia
gioventù, senza gaudio e senza angoscia,
48su spessa coltre e torpido guanciale.


Io voglio te, che armi la tua sorte
per guerra, e il sole di sfidar sei degno:
voglio te, per seguirti all’alto segno,
52o, se tu cada, ne la bella morte.

[p. 173 modifica]



E questa sia precipitosa, come
il fiammeggiar d’un bolide notturno;
e tu dorma in eterno il taciturno
56tuo riposo d’eroe fra le mie chiome.... —


٭



Prega; e non l’ode il domator di vento,
sempre più alto nel rapace volo.
.... Donna, fragile carne!... Il Forte è solo
60nel suo libero assalto al firmamento.


Adora, e taci. E lo vedrai sparire
nel superato caos della vertigine
azzurra: invitto re sui due prodigi
64dell’universo: il vivere e il morire.