Faust/Parte prima/Sogno della notte di Valpurga
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Traduzione dal tedesco di Giovita Scalvini, Giuseppe Gazzino (1835-1857)
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SOGNO DELLA NOTTE DI VALBURGA
ovvero
LE AUREE NOZZE DI OBERONE E TITANIA.
INTERMEZZO.
Il Direttore del teatro.
Noi di Midingo siamo gli strioni
Ch’oggi abbiam festa, e qui appariam da sezzo.
Acquosa valle ed orridi burroni
L’unica scena son dell’intermezzo.
Messaggero.
Se cinquant’anni in tutto son rivolti
Auree le nozze diconsi fra noi;
Ma se son lieti i cor, sereni i volti,
Io auree nozze dico e prima e poi.
Oberone.
Se meco siete, o Spirti, orsù scoprite,
Chè giunto è tempo, il vostro aerio coro;
Titania ed Oberon non han più lite;
Novello amor li stringe e nozze d’oro.
Puch. Ecco vien Puche di traverso, e a sesta
Gira nel ballo il piè radendo il suolo:
Cent’altri spirti fan per l’aer festa,
Ma il più bello è Ariel del bello stuolo.
Ariel. A’ begl’inni Ariel la bocca scioglie,
E quai son note più sincere avanza;
Qualche insoave fior talvolta ei coglie,
Ma fior sovente d’immortal fragranza.
Oberone.
Sposi, che avete il cor pien di rancori,
Fate profitto dell’esempio nostro;
Se v’è in desio tornare ai dolci amori,
Ite vêr borea l’un, l’altro vêr ostro.
Titania.
La moglie ha il capo pien di grilli, e forte
Sbuffa il duro marito? Ambo gli afferra,
Quella al merigge, porta questo al norte,
Ed interpon fra lor mezza la terra.
Orchestra, tutti fortissimo.
Becchi di mosche, e pasi di zanzare,
E pance di cicale allo scoperto;
Ranocchi in fronde e grilli per le ghiare
Son le viole e i flauti del concerto.
Solo. Come una bolla tonda di sapone,
La cornamusa or vien del sacco enfiato:
Odi il suo rantolar, bada al bordone
Che manda fuor dal naso rincagnato.
Spirito che va formandosi.
Ventre di botta e denti di tignola
E piè di ragno e alucce al mammoletto:
Se mai fuor non n’uscisse una bestiola,
Fuor n’uscirà un rimbombo, un poemetto.
Una coppia amorosa.
Per la melata e i roridi fioretti
Sai dare un passettino, un salterello;
In ver non senza garbo mi sgambetti,
Ma non ti levi mai per l’aria snello.
Viaggiatore curioso.
Siam noi di carneval? son veri Dei
Che per qui vanno, o liete mascherate?
O gioia! io potrò dir: Cogli occhi miei
Vidi il bello Oberon, re delle Fate.
Ortodosso.
Corna nè branche egli non ha, nè coda!
E che fa questo a me? Che se gli Dei
Di Grecia eran demoni, ed ei gli loda,
Io vi concludo ch’è un demonio anch’ei.
Artista del nort.
Or l’opre mie non son che esperienze,
Non son che bozze, e un far di fantasia;
Ma quando visto avrò Roma e Firenze,
Nessun mi andrà di par nell’arte mia.
Purista.
Oimė! il malanno infra costor mi ha messo.
Mai tal pazzie non vidi! E delle Fate
In tanto innumerevole consesso
Non più di due ne scerno incipriate.
Strega giovane.
Cipria e gonnella molto stanno bene
A corpi attempatelli ed a crin bianchi;
Nuda del capro mio premo le rene,
E mostro giovin petto e colmi fianchi.
Matrona.
A noi, che dame siam, starebbe male
Contendere con voi di simil sìoggi.
Voi pure il tempo toccherà con l’ale,
Diman sarete quel che noi siam oggi.
Maestro di cappella.
Becchi di mosche e nasi di zanzare,
Non vi affollate a quelle nude intorno;
Ranocchi in fronde e grilli per le ghiare,
Su state in tuono in si mirabil giorno.
Banderuola volta da un lato.
O bel consorzio che fa il cor giocondo!
Qui vaghe spose son, qui garzonetti
De’ quai non vede i più leggiadri il mondo,
Illustre sangue tutti, e spirti eletti.
Banderuola volta dall’altro lato.
E se non s’apre il suolo e questa sora
E vana gente tutta non ingoia,
Mi gitterò in inferno in mia malora:
Meglio l’inferno assai che tanta noia.
Xenie. Con forbicine taglienti e pungenti
Insetti siamo, accorsi a questo spasso
Per rendere gli onor convenïenti
A nostro babbo sommo Satanasso.
Hennings.
Ve’ quello stormo come s’affaccenda,
E punge e morde e assai fa del dottore;
E di lor tresche usciti, per ammenda,
Anco verranti a dir c’hanno buon core.
Musagete.
Grato m’è assai l’andar per le confuse
Carole del Blosberg; chè in veritate,
Anzi che i cori dell’aonie Muse,
Son abile a guidar quei delle Fate.
Ci-devant Genio del tempo.
Se qualcosa esser vuoi, tienti alle terga
Di quei che sanno. Nel mantel mi piglia!
Per l’ampio suo coccuzzolo il Blosberga
Al Parnaso alemanno s’assomiglia.
Viaggiatore curioso.
Chi è costui che sta così in sul grande
Con la testa alto e coi passi spediti?
Ei fruga e annasa da tutte le bande.
«Gli è un che dà la caccia ai gesuiti.»
Grua.
Io pesco volontier nell’acque chiare,
E nelle torbe pesco parimente;
Così tu vedi andarne a pare a pare
Qui co’ dimoni la devota gente.
Mondano.
Tutto a’devoti, io non vi dico baia,
Ne’ lor andirivieni è buon veicolo;
E sul Blosberga, senza che si paia,
Hanno fondato più d’un conventicolo.
Ballerino.
Parmi, o di là sen vien per la foresta
Novello coro? Odo da longe il lieto
Tamburellare. Oh, state! egli è la mesta
Canzon del monachino infra il canneto.
Maestro di ballo.
Ciascun mena le gambe a saltelloni,
E come meglio sa si disimpaccia:
Balla il bilenco, ballano i buzzoni;
Chi scuoter non sa i piè, scote le braccia.
Violinista.
Sol di quei salti il mascalzon s’adira,
Che profittar vorria dell’aria bruna.
Tutte le bestie qui, come la lira
Solea d’Orfeo, la cornamusa aduna.
Dogmatico.
Le mie opinïon non mi son smosse
Mai da sofisti, nè da criticanti;
Se fosse ver che il diavol non vi fosse,
Io non vedrei quassù diavoli tanti.
Idealista.
Ben questa volta in me la fantasia
Ha preso il sopravvento alla ragione;
Perchè, se è ver che tutto quanto io sia,
Oggi son anche un pazzo da bastone.
Realista.
Ahi, l’entità, s’è fatta il mio tormento;
Ed oggimai m’è andata nelle rene;
Quassù la prima volta ecco mi sento
Tutto tremar su’ piedi; — oh, chi mi tiene?
Soprannaturalista.
Beato me che simil visioni
Mi son concessel Poi che da quest’irti
Cipigli di fantasmi e di demoni
M’è dato argomentarne i buoni spirti.
Scettico.
Seguendo le fiammelle, ognuno estima
Che per la traccia va di gran tesoro.
Or poichè Zweifel sol con Teufel rima
Dove potrei me’ star che infra costoro?
Maestro di cappella.
O di ranocchi malto gracidare!
O grilli, dilettanti senza onore!
Becchi di mosche, nasi di zanzare,
Far non sapete al canto altro tenore?
I lesti. Noi, turba grande, sans-souci siam detti,
Destri e faceti a tutti facciam festa;
Or che sui piè star non possiamo eretti,
Mirabilmente andiam sopra la testa.
I goffi. Oimė i bei desinari, oimė le gaie
Cene, oimè il tempo che non fa ritorno!
Strutto danzando abbiam sin le tomaie,
Ed a piè nudi or sgambettiamo attorno.
Fuochi fatui.
Noi siamo del padal novella prole,
A questa altezza sorti dalla gora;
E belli già splendiam nelle carole;
Tanto avanzar si puote in poco d’ora.
Stella cadente.
Simile a stella lucida ed accesa
Io caddi giuso dall’eteree vette;
E qui nell’erba sto lunga distesa.
Oh, chi sovra le gambe mi rimette?
I massicci.
Largo, largo! su, fatevi da fianco!
Spianansi l’erbe sotto le gravi orme.
Spiriti e’ sono, ma gli spiriti anco
Han goffe membra spesso e ventre enorme.
Puch. Via, non andate attorno sì panciuti!
Elefantuzzi mi parete al passo;
Il sollazzevol Puch fra tanti arguti
Spirti si paia il più milenso e crasso.
Ariel. Se a voi benevol diede ali natura,
Ed ali diè l’ingegno e il cor gentile,
Meco poggiate al monte ove la pura
Olezza infra i roseti aura d’aprile.
Orchestra, pianissimo.
Squarciansi in ciel le nubi, e lento lento
Alle valli la nebbia si raccoglie;
Nei rami l’aura, e nelle canne il vento,
E la volubil visïon si scioglie.