<dc:title> Favole </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Jean de La Fontaine</dc:creator><dc:date>1669</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation></dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Favole_(La_Fontaine)/Libro_quarto/XIX_-_L%27Oracolo_e_l%27Empio&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20110420223821</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Favole_(La_Fontaine)/Libro_quarto/XIX_-_L%27Oracolo_e_l%27Empio&oldid=-20110420223821
Favole - Libro quarto XIX - L'Oracolo e l'Empio Jean de La FontaineEmilio De Marchi1669
Folle chi spera d’ingannare i Cieli!
I raggiri dell’uomo Iddio confonde;
tutto ciò che il tuo cor serra e nasconde,
tutto convien che all’occhio suo si sveli.
Un Pagan, che puzzava un po’ d’eretico,
e credeva agli dèi
forse con beneficio d’inventario,
per ingannar l’Oracolo
andò un giorno d’Apollo al santuario.
- È vivo o morto ciò ch’io stringo in mano? -
disse il Pagano, per tirare in trappola
Apollo e per confondere i miracoli.
E in mano aveva un uccellin mal vivo,
pronto, secondo il caso,
a lasciarlo scappar, o piano piano
a soffocarlo. S’ingannò lo sciocco,
ché Apollo, il qual fiutò tosto il tranello,
- O vivo o morto, ti conosco, allocco, -
disse, - agli allocchi serba le tue trappole -.
E il corbello rimase ancor corbello.
È inutile ch’io aggiunga
che certi strattagemmi non si fanno
con chi ci vede ed ha la mano lunga.