Al Fetonte d’un gran carro di fieno
un dì cadde il baroccio in una forra.
Intorno non v’è gente che il soccorra
e il luogo è un non ameno
deserto in mezzo ad una prateria
nella bassa provincia di Pavia.
Si dice che il destino
in quelle parti manda
chi non ha sul suo libro prediletto.
Ti scampi Iddio da quella brutta landa!
Tornando ancora al mio Fetonte, io dico,
che caduto in quel fango che l’impegola,
grida, bestemmia, batte senza regola,
or fa forza alle rote ed ora al carro,
e fatto quasi ossesso,
picchia i muli, la terra e fin se stesso
quel carrettier bizzarro.
Finalmente egli invoca il dio famoso,
noto al mondo per tante ardue fatiche
eseguite nel tempo favoloso.
- Ercole, - grida, - aiutami, se puoi,
trammi da questo fondo,
se è ver che in braccio hai sollevato il mondo -.
Intanto voce fu per lui udita,
che da una folta nuvola diceva:
- Ercole vuol che l’uomo che l’invita
muova le braccia anch’esso per il primo.
Guarda dunque ove prima sia l’intoppo,
togli i ciottoli e il fango che v’è troppo
presso le ruote, e da’ forza alla leva.
Animo, spiana qua, togli di là,
aiutati che il Ciel ti aiuterà.
- Hai tu fatto? - Ecco fatto, Ercole santo.
- Or sono a te, prendi la frusta in mano.
- Ecco la frusta, oh vedi, caso strano!
Che è ciò? il mio carro, o Dio, corre da sé...
Deo gratias! Grazie a te.
- Se il tuo baroccio va, -
rispose ancor la voce dalla nuvola, -
la forza è nel proverbio:
aiutati che il Ciel t’aiuterà.