Se a tempo non arrivi, a che ti giova il correre?
È ciò che ben dimostra quella scommessa strana,
che fecero fra loro la Lepre e la Testuggine.
- Vediam, - gridò costei, - chi di noi arriva prima
di quella strada in cima.
- Di noi? - disse la Lepre dai piè veloci. - O mia
buona comare, credimi, che questa è una pazzia.
Stasera quattro grani prova a pigliar d’elleboro;
però se lo scommettere ti piace, scommettiamo -.
Non parmi necessario
di dir qual fosse il premio e chi sia stato il giudice.
In quattro salti e in meno io sono persüaso
che giungere potrìa la Lepre oltre la mèta,
se corre come correre suol fare, quando vuole
lasciar i levrïeri con tre spanne di naso.
Ma vuol pigliarla comoda,
avendo tutto il tempo, almen così suppone,
di mangiare un boccone,
di fare un sonnellino e di fiutar il vento.
Intanto la Testuggine
col suo pesante e lento
passo senatoriale
non perde tempo e va.
La Lepre ch’ha la boria
di creder troppo facile per lei quella vittoria,
indugia apposta, e chiacchiera,
riposa qua e colà,
più volte siede a tavola,
e del partir, del giungere, nessun pensier si dà.
Sol quando ella si accorse che nonna la Testuggine
era lì lì per vincere,
ratta partì qual lampo,
ma furon sforzi inutili,
ché vinse la Testuggine per qualche spanna il campo.
- Ebben, mia donna Elleboro,
chi superò la prova? -
questa gridò, - che giova
allora d’esser lepre?
Or pensa, o mia comare,
se avevi anche una casa sul dosso da portare!