Filocolo/Libro primo/24

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Libro primo - Capitolo 24

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Udendo Giulia Lelio esser pur fermo nel suo proposito, più amaramente piangendo gli si gittò al collo, dicendo: - Poi che al mio consiglio non ti vuoi attenere, né mi vuoi far lieta della dimandata grazia, fammene un’altra, la quale sia ultima a me di tutte quelle che fatte m’hai. Fa almeno che quando le tue schiere affrontate co’ non conosciuti nimici saranno, che quando tu vedrai quel crudele cavaliere, qual che egli si sia, che verso te dirizzerà l’aguta lancia, io misera, sì come tuo scudo, riceva il primo colpo, acciò che agli occhi miei non si manifesti poi alcuno che disideri d’offenderti. Questa mi fia grandissima grazia, però che un colpo terminerà infiniti dolori. Oimè sconsolata! Or s’egli avvenisse che io sanza te mi trovassi viva, qual dolore, quale angoscia fu mai per alcuna misera sentita sì noiosa, che alla mia si potesse assimigliare? E quello che più mi recherebbe pena sarebbe il voler morire e non potere. Ma certo io pur potrei, però che se questo avvenisse, io sanza alcuno indugio, in quella maniera che Tisbe seguì il suo misero Piramo, così la mia anima, cacciata del misero corpo con aguto coltello, seguirebbe la tua ovunque ella andasse. Ma concedimi questa ultima grazia, acciò che tu privi di molta tristizia la poca vita corporale che m’è serbata: e io, la quale spero d’andare ne’ santi regni di Giove, ti farò fare presto degno luogo alla tua virtù -. Mentre costei così pietosamente piangendo parlava, avendo a Lelio quasi tutto bagnato il viso delle sue lagrime, il suo cuore per greve dolore temendo di morire, chiamate a sé tutte l’esteriori forze, lasciò costei in braccio a Lelio semiviva, quasi tutta fredda. E Lelio che lagrimando la volea confortare, vedendo questo, sceso del suo cavallo, e presala nelle sue braccia, la ne portò in un campo quivi vicino, nel quale fatto distendere alcun tappeto, lei a giacere vi pose suso, e raccomandatala ad alquante damigelle di lei, prestamente risalito a cavallo, tornò a’ suoi compagni. Oimè, Lelio, or dove lasci tu la tua cara Giulia, la quale tu mai non dei rivedere? Deh! quanto Amore si portò tra voi villanamente, avendovi tenuti insieme con la sua virtù tanto tempo caramente congiunti! e ora nell’ultimo partimento non consentire che voi v’aveste insieme baciati, o almeno salutati! Tu vai, Lelio, al tuo pericolo correndo, e lei semiviva abandoni ne’ suoi danni. Oh! quanto le fia gravoso il ritornare in sé gli spiriti, i quali vagabundi pare che vadano per lo vicino aere, più che se mai non ritornassero, però che con minor doglia le parrebbe essere passata.