Filocolo/Libro quarto/1

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Libro quarto - Capitolo 1

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Il volonteroso giovane, abandonate le sue case con poco dolore, sollecita i passi de’ compagni, seguendo quelli d’Ascalion, ammaestratissimo duca del loro cammino: ma i fati da non poter fuggire volsero in arco la diritta via. E primieramente venuti alla guazzosa terra ove Manto crudissima giovane lasciò le sue ossa con etterno nome, passarono oltre per lo piacevole piano. Ma, poi che dietro alle spalle s’ebbero le chiare onde di Secchia lasciate, e saliti sopra i fronzuti omeri d’Appennino, e discesi di quelli, essi si trovarono nel piacevole piano del fratello dello imperiale Tevero, vicini al monte donde gli antichi edificatori del superbo Ilion si dipartirono. Quivi s’apersero gli occhi d’Ascalion, e forte si maravigliò della travolta via, ignorando ove i fortunosi casi li portassero; ma sanza parlarne a’ compagni, passando allato alle disabitate mura di Iulio Cesare e da’ compagni costrutte negli antichi anni, per uno antico ponte passarono l’acqua. Né però verso Alfea diritto cammino presero, avvegna che picciolo spazio la loro via forse per più sicurtà elessero più lunga, o che gl’iddii, a cui niuna cosa si cela, volonterosi a tal cammino li dirizzassero; e pervennero nella solinga pianura, vicina al robusto cerreto nel quale fuggito s’era il misero Fileno. E quivi trovandosi, l’acque venute per subita piova dalle vicine montagne, ruvinosa avanzò i termini del picciolo fiume che a piè dell’alto cerreto correa, e di quelli abondevolmente uscì allagando il piano: onde costretti furono a tirarsi sopra il cerruto colle, forse di maggiore pericolo dubitando. E quivi tirandosi, di lontano videro tra gli spogliati rami antichissime mura, alle quali, forse imaginando che abitazione fosse, s’accostarono, e entrarono in quelle; né più tosto vi furono, che il luogo essere stato tempio degli antichi iddii conobbero. Quivi piacque a Filocolo di fare sacrificii a’ non conosciuti e strani iddii, poi che i fati nel tempio recati li aveano: e fatte levare l’erbe e le fronde e’ pruni, cresciute per lungo abuso sopra il vecchio altare, e similemente le figure degl’iddii con pietosa mano ripulire e adornare di nuovi ornamenti, domandò che un toro gli fosse menato. E vestito di vestimenti convenevoli a tale uficio, fece sopra l’umido altare accendere odorosi fuochi; e con le propie mani ucciso il toro, le interiora di quello per sacrificio nell’acceso fuoco divotamente offerse; e poi inginocchiato davanti all’altare, con divoto animo incominciò queste parole: - O sommi iddii, se in questo luogo diserto n’abita alcuno, ascoltate i prieghi miei, e non ischifi la vostra deità il modo del mio sacrificare, il quale non forse con quella solennità che altre volte ricevere solavate, è stato fatto; ma, riguardando alla mia purità e alla buona fede, il ricevete, e a’ miei prieghi porgete le sante orecchi. Io giovane d’anni e di senno, oltre al dovere innamorato, pellegrinando cerco d’adempiere il mio disio, al quale sanza il vostro aiuto conosco impossibile di pervenire, onde meriti la divozione avuta nel vecchio tempio, e l’adornato altare, e gli accesi fuochi con gli offerti doni, che io da voi consiglio riceva del mio futuro cammino, e, con quello, aiuto alla mia fatica -. Egli non aveva ancora la sua orazione finita, ch’egli sentì un mormorio grandissimo per lo tempio, soave come pietre mosse da corrente rivo, il quale dopo picciolo spazio si risolveo in soave voce, né vide onde venisse, e così disse: - Non è per lo insalvatichito luogo mancata la deità di noi padre di Citerea abitatore di questo tempio, a cui tu divotamente servi, e dalla quale costretti siamo di darti risponso; e però che con divoto fuoco hai i nostri altari riscaldati, lungamente dimorati freddi, molto maggiormente meriti d’avere a’ tuoi divoti prieghi vera risponsione de’ futuri tempi, e però ascolta. Tu, partito domane di questo luogo, perverrai ad Alfea: quivi la mandata nave t’aspetta, nella quale dopo gravi impedimenti perverrai nell’isola del fuoco, e quivi novelle troverai di quello che vai cercando. Poi, quindi partitoti, perverrai dopo molti accidenti nel luogo ove colei cui tu cerchi dimora, e là non sanza gran paura di pericolo, ma sanza alcun danno, la disiderata cosa possederai. Onora questo luogo, però che quinci ancora si partirà colui che i tuoi accidenti con memorevoli versi farà manifesti agli ignoranti, e ’l suo nome sarà pieno di grazia -. Tacque la santa voce; e Filocolo, d’ammirazione e di letizia pieno, tornò a’ compagni, e loro il consiglio degl’iddii ordinatamente recitò; e di questo contenti tutti a prendere il cibo nel salvatico luogo si disposero.