Filocolo/Libro quarto/104

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Libro quarto - Capitolo 104

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Libro quarto - Capitolo 104
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- Filocolo, con sottili arti hai rotti i miei proponimenti, e certo la tua nobiltà e la pietà delle tue lagrime hanno piegata la mia durezza: e però confortati. Io disidero di servirti, e di ciò che pregato m’hai sanza fallo ti servirò. Aiutinci gl’iddii a tanta impresa, e la fortuna, nelle cui mani ci rimettiamo, non ci sia avversa. Non lagrimare più, ma alza il viso, e ascolta qual via sia da noi da esser tenuta -. Piacquero a Filocolo queste parole, e alzò il viso. A cui Sadoc disse: - Giovane, io ho in brieve spazio di tempo per la mia mente molte vie cercate per recare sì alto disio, come il tuo è, ad effetto, né alcuna ne truovo che buona sia a tal cosa recare a fine se non una sola, la quale è di non picciolo pericolo, ma di grande. Tu hai gran cosa dimandata, alla quale per picciolo affanno non si può pervenire: e però ascolta. Se a te dà il cuore di metterti a tanta ventura, io mi sono ricordato che di qui a pochi giorni in queste parti si celebra una festa grandissima, la quale noi chiamiamo de’ cavalieri. In quel giorno i templi di Marte e di Venere sono visitati con fiori e con frondi e con maravigliosa allegrezza: il quale giorno io avrò fatto per li vicini paesi le rose e’ fiori tutti cogliere, e in tante ceste porre, quante damigelle nella torre dimorano; e guardole in questo prato davanti la torre, dove l’amiraglio coronato e vestito di reali drappi con grandissima compagnia viene, e di ciascuna cesta prende rose con mano a suo piacere, e secondo che egli comanda, così poi le collo sopra la torre, faccendo chiamare quella a cui dice che data sia. E però che la tua Biancifiore la più bella è di tutte, sempre prima che alcuna altra è presentata, io ti porrò, se tu vuoi, in questa cesta che a Biancifiore presentare si dee, e coprirotti di rose e di fiori quanto meglio si potrà. Ma s’egli avvenisse che la fortuna, nimica de’ nostri avvisi, ti scoprisse e facesseti al signore vedere, niuna redenzione saria alla nostra vita. Vedi omai il pericolo: pensa quello che da fare ti pare. Se egli non se n’avvedrà, tu potrai con lei essere alquanti giorni: poi s’avviene che esso alcuna volta, sì come egli suole spesso a mangiare salirvi, vi salga, in forma d’uno de’ miei sergenti te ne trarrò. Altra via nulla ci è. Egli tiene di tutte le porti le chiavi, se non di questa la quale tu vedi aperta, la quale io ho in guardia -. Filocolo, pieno d’ardente disio, a niuno pericolo, a niuna strabocchevole cosa che avvenire possa, pensa, ma subito risponde che egli a questo pericolo e ad ogni maggiore che avvenire potesse è presto, affermando che per grandissimi pericoli e affanni si convenga pervenire a alte cose.