Libro quinto - Capitolo 2
../1
../3
IncludiIntestazione
17 settembre 2008
75%
letteratura
<dc:title> Filocolo </dc:title>
<dc:creator opt:role="aut">Giovanni Boccaccio</dc:creator>
<dc:date>1336</dc:date>
<dc:subject></dc:subject>
<dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights>
<dc:rights>GFDL</dc:rights>
<dc:relation></dc:relation>
<dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Filocolo/Libro_quinto/2&oldid=-</dc:identifier>
<dc:revisiondatestamp>20110417163050</dc:revisiondatestamp>
//it.wikisource.org/w/index.php?title=Filocolo/Libro_quinto/2&oldid=-
20110417163050
Filocolo - Libro quinto - Capitolo 2 Giovanni Boccaccio1336
Libro quinto - Capitolo 2
Era già il decimo mese passato, poi che Filocolo ricevuto avea per sua la disiata Biancifiore, e ’l dolce tempo tornato cominciava a rivestire i prati e gli alberi delle perdute frondi, avendo Delfico toccato il principio del Montone, quando a Filocolo tornò nella memoria l’abandonato padre e la misera madre, e fu di loro da degna pietà costretto. Egli vide il tempo grazioso a navicare, propose di tornare a rivederli con la cara sposa, e rendere loro con la sua tornata la perduta allegrezza. Nel qual proponimento dimorando, un giorno a sé chiamò l’amiraglio e Ascalion e gli altri suoi compagni e amici, e il suo proponimento a tutti fece palese. I compagni il lodano, ma all’amiraglio, che di buono amore l’amava, pare grave tale ragionamento, pensando che, acconsentendolo, la partita di Filocolo ne seguiva. Rispondeli così: - Ogni tuo piacere m’è a grado, ma dove esser potesse, assai mi saria il tuo rimanere più grazioso, avvegna che a tanto uomo io non sia possente di dare onorevole grado quale si converria, ma quello ch’io posso, sanza infingermi, volentieri doneria -. A cui Filocolo rispose: - Io non dubito che più ch’io sia degno non sia da voi onorato, ma il conosco, e sentomene obligato sempre a voi; e dove e’ non fosse il debito amore che mi strigne di rivedere i vecchi parenti, e con la mia tornata a loro rendere la perduta consolazione, e similemente visitare i miei regni, i quali sanza conforto stanno, credendomi aver perduto, io in niuna parte volentieri dimorerei come in queste, e massimamente con voi, da cui, appresso agl’iddii, la vita, l’onore e ’l bene e la mia Biancifiore, la quale io sopra tutte le cose disiderai e amo, riconosco -. - Adunque - disse l’amiraglio - il vostro piacere farete, e non che a questo io vi storni, ma confortare vi deggio, e così farò: omai giusta cosa è che delle sue cose ciascuno si rallegri più che gli strani -. Disse adunque Filocolo: - Comandate che la nostra nave sia racconcia, acciò che, quando i venti al nostro viaggio saranno, possiamo con la grazia degl’iddii intendere al navicare -.