Filocolo/Libro quinto/78

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Libro quinto - Capitolo 78

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Cavalcati adunque costoro verso Marmorina più giorni, e a quella già forse per una dieta vicini, piacque a Florio di significare al padre la sua felice tornata per convenevoli ambasciadori, la quale esso attendeva e sopra tutte le cose disiderava, avendo da’ marinari de’ tornati legni interamente saputa la sua fortuna, della quale saria stato contento, se la nobiltà di Biancifiore avesse saputa, ma per quello dolente vivea, ben che con disiderio attendesse il figliuolo: e ancora, con tutto che Florio suscetta avesse di lei graziosa prole, gli andavano per lo iniquo cuore pensieri di nuocerle. Andarono adunque i mandati al vecchio re, e lui d’età pieno trovarono salito sopra un’alta torre del suo real palagio; e sopra quella stando, rimirava i circunstanti paesi, acciò che di lontano potesse conoscere la venuta del suo figliuolo. A cui i mandati ambasciadori lietamente di quello la venuta nunziarono, aggiungendo, come loro fu imposto, che con ciò fosse cosa che egli la verace credenza battezzandosi avesse presa, che similemente a lui dovesse piacere di pigliarla nel suo venire, se non, che mai nella sua presenza non tornerebbe. Le quali cose udendo il re, prima della sua venuta allegrissimo, come l’altre cose ascoltò, così divenne turbato, e con grandissimo romore alzando la grave testa disse: - O misera la vita mia, perché figliuolo mai d’avere disiderai niuno? Avanti che io l’avessi, chi fu più di me felice, ben che io il contrario mi reputassi, tenendo che alla mia felicità niuna cosa se non figliuoli mancasse, e sanza quelli nulla fossi? E, avutolo, che felicità si fosse mai non conobbi! Oimè, ora non mi fosse mai nato, che certo ancora col mio nome durerebbe l’effetto. Io, misero, nella sua natività mi pote’ uno IN aggiungere al santo nome, acciò che in misero l’avessi mutato, come la fortuna mutò le cose. Io mi credetti avere bastone alla mia vecchiezza, e io gravissimo peso mi v’ho trovato aggiunto. Questi dalla sua puerizia cominciò quella cosa a fare, per la quale io dovea vivere dolente, e essendo infino a qui tristo, di lui e della sua pellegrinazione sempre temendo, vivuto, credendo per la sua tornata alquanto menomare la mia doglia, l’ho accresciuta, e egli l’accresce continuo. Sia maladetta l’ora ch’egli nacque, e che io prima d’averlo disiderai! Egli a me s’ha lungamente tolto, e ora in etterno a’ nostri iddii s’ha furato, e me similemente vuole loro torre; ma e’ non sarà così, né mai farò cosa che gli piaccia e cessino gl’iddii che io di farla abbia in pensiero. Dunque ha egli i nostri veri iddii, da’ quali egli ha tanti beni ricevuti, abandonati per altra legge, e ha creduto a’ sottrattori cristiani, de’ quali maggiori nimici non ci conosce? Ora ha egli messo in oblio la santa Venere, la quale, secondo ch’io udii, gli porse celestiale arme a difendere l’amata Biancifiore contra mio volere? Ha egli dimenticato Marte, il quale non isdegnò abandonare i suoi regni per venirlo ad aiutare nell’aspra battaglia campale, ov’egli, se l’aiuto di quello non fosse stato, saria rimaso morto? Ha egli dimenticati gl’iddii, da cui prima risponso ebbe della perduta Biancifiore, o quelli che lui nello acceso fuoco difesero? Ora sia la loro potenza maladetta, poi che da lui tanto sostengono. A loro avviene, e a me similemente, come a colui che nel suo grembo con diligenza il serpente nutrica: egli è il primo morso dal velenoso dente. Quando riceverà egli mai dal nuovo Iddio tante grazie, quante da quelli, ch’egli ha abandonati, ha ricevute? Certo non mai. Io non credo che egli fosse mio figliuolo; ma più tosto delle dure quercie e delle fredde pietre fu generato, e dalle crudeli tigre bevve il latte. Mai niuna mia afflizione il fé pietoso, ma sempre quelle cose che egli ha sentito che noiose mi siano, quelle ha operate: e però guardisi mai a me inanzi non apparisca; niuno nimico di me potrà aver maggiore. Egli, continua tristizia dell’anima mia, so che quella, divisa dal corpo, trista manderà agl’infernali iddii: quelli iddii, i quali elli ha per nuova credenza abandonati, me ne facciano ancora vedendolo turpissimamente morire essere contento! -.