Filocolo/Libro quinto/95

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Libro quinto - Capitolo 95

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Il dolce tempo era, e il cielo tutto ridente porgeva graziose ore: Citerea, tra le corna dello stellato Tauro splendidissima, dava luce, e Giove chiaro si stava tra’ guizzanti Pesci; Apollo nelle braccia di Castore e di Polluce più lieto ogni mattina nelle braccia della sua Aurora si vedea entrare; Febeia correa con le sue agute corna lieta alla sua ritondità. Ogni stella ridea, e il sottile aere confortava i viventi, e la terra niuna parte di sé mostrava ignuda: ogni cosa o erba o fiori si vedea, sanza i quali niuno albero si saria trovato, o sanza frutto. Gli uccelli, che lungamente aveano taciuto, davano graziosi canti, né alcuna cosa era sanza lieto segno, quando la gran festa della futura coronazione di Florio si cominciò per Corduba: le rughe della quale, da ciascuna parte ornate di simili drappi quali quelli d’Aragne, tutte ridono. Niuna casa, niuno luogo è sanza maravigliosi suoni. E i giovani e le donne lieti e riscaldati nel festeggiare, con graziose note cantano gli antichi amori. Altri sopra i correnti cavalli, inghirlandati di novella fronde, ornati sé e i loro cavalli di molto oro e di sonanti sonagli, corrono, e i vaghi occhi delle giovani tirano a riguardarsi. Alcuni apparecchiano le forti armi per mostrare in pacifiche giostre quant’elli sotto quelle sia poderoso. E altri divisano altri giuochi, né niuno è sanza festa. E le molte e diverse brigate de’ festeggianti niuno riposo conoscono, e ben che Febo co’ suoi cavalli si tuffi nelle onde di Speria, non toglie egli loro il festeggiare: quello che il nascoso sole toglie, l’accese faglie suppliscono, graziose alle non così belle giovani. Ma poi che in così grande allegrezza, apparecchiate le necessarie cose, il diterminato giorno della coronazione fu venuto, Florio vestito di reali vestimenti venne in una gran piazza accompagnato da’ nobili del reame, e quivi Ilario e ’l duca Ferramonte, eletti da tutti gli altri in generale all’alto mestiere, celebrato il santo uficio, invocato divotamente il nome di Dio a sua laude e reverenza, del reame di Spagna con corona d’oro coronarono Florio, in cospetto di tutto lo ’nfinito popolo, del quale le voci a cielo andarono sì alte, che oppinione fu di molti che dentro passassero, dicendo: - Viva il nostro re -. Il quale, poi che la corona ricevuta ebbe, si fece venire avanti Biancifiore, e con le propie mani di simile regno la coronò reina. Queste cose fatte, rincominciò la festa grandissima, e le trombe e i molti strumenti sonarono, e l’armeggiare cominciò grandissimo, e tanta e sì generale festa per tutto si fa, che niuna altra cosa vi si vede o sente.