Filocolo/Libro secondo/67

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Libro secondo - Capitolo 67

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Libro secondo - Capitolo 67
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Sanza più parole ciascuno si trasse adietro quanto a lui piacque, acconciandosi ciascuno per offendere l’altro. Ma certo la paura del misero Icaro, volante più alto che il mezzo termine posto dal maestro padre, non fu tale quando sentì la scaldata cera lasciare le commesse penne, quale fu quella di Biancifiore, quando il grande grido si levò: - Ecco il siniscalco! -. Ella non morì, e non rimase viva: se alcuno colore l’era nel viso ritornato, o rimaso, tutto si fuggì, e quasi ogni sentimento del corpo abandonò le sue parti, e l’anima si ristrinse nell’ultime parti del cuore, e quasi la volle abandonare; ma poi che la vita tornò igualmente per tutti i membri, ella, inginocchiata in terra, incominciò a dire, alzato il viso verso il cielo: - O sommo Giove, il quale con le tue mani formasti i cieli insieme con tutte l’altre creature, e in cui ogni potenza è fermamente, se tu ad alcuni prieghi ti pieghi, riguarda in me misera, e se io alcuna pietà merito, porgimi il tuo aiuto, sì come facesti al vecchio Anchise, quando sano sanza alcuno impedimento de’ crudeli fuochi dell’antica Troia il traesti. Deh, non volgere i tuoi pietosi occhi in altra parte, riguarda a me: io sono tua creatura, e nella tua misericordia spero. A te niuna cosa è nascosa: tu sai se io ho avuta colpa in ciò che costoro ingiustamente m’appongono. O signor mio, aiutami e aiuta chi per me s’affanna; non si tinga oggi la spada d’Astrea nello innocente sangue. Dà vigore al mio cavaliere, il quale forse più per lei, che per amore di me o d’altrui, s’ingegna di avere vittoria; e non abandonare me misera posta in tanta tribulazione -.