Filocolo/Libro terzo/27

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Libro terzo - Capitolo 27

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O amore, dolcissima passione a chi felicemente i tuoi beni possiede, cosa paurosa e piena di sollecitudine, chi potrebbe o credere o pensare che la tua dolce radice producesse sì amaro frutto come è gelosia? Certo niuno, se egli nol provasse. Ma essa ferocissima, così come l’ellera gli olmi cinge, così ogni tua potenza ha circundata, e intorno a quella è sì radicata che impossibile sarebbe oramai a sentire te sanza lei. O nobilissimo signore, questa è a’ tuoi atti tutta contraria. Tu le tue fiamme mostri nell’altissimo e chiaro monte Citerea, costei sopra i freddi colli d’Appennino impigrisce nelle oscure grotte. Tu levi gli animi alle altissime cose, e costei gli declina e affonda alle più vili. Tu i cuori che prendi tieni in continua festa e gioia, costei di quelli ogni allegrezza caccia e con subito furore vi mette malinconia. Essa fa cercare i solinghi luoghi, e con aguto intelletto mai non sa che si sia altro che pensare. Ad essa pare che le spedite vie dell’aere sieno piene d’agguati per prendere ciò che essa disidera di ben guardare. Niuno atto è che ella non dubiti che con falso intendimento sia fatto; niuna fede è in lei, niuna credenza: sempre crede essere tentata. E sì come tu di pace se’ veracissimo ordinatore, così questa con armata mano sempre apparecchia inimicizie e guerre. Ella, magrissima, scolorita nel viso, d’oscuri vestimenti vestita, igualmente ogni persona con bieco occhio riguarda: e tu, piacevolissimo nell’aspetto, con lieto viso visiti i tuoi suggetti. Ella non sente mai né primavera, né state, né autunno: tutto l’anno igualmente dimora per lei il sole in Capricorno, e quanto più di scaldarsi cerca più ne’ sembianti trema. Ora, quanto è contraria la vostra natura! Ella si diletta d’essere sanza alcuna luce, e tu ne’ luminosi luoghi adoperi i santi dardi. Ella con teco quasi d’un principio nata, di tutti i tuoi beni è guastatrice. E le più fiate avviene che di quella infermità onde ella ha maggior paura, di quella è più spesso assalita e oppressa infino alla morte. Oltre a’ miseri miserissimo si può dire colui che seco l’accoglie in compagnia.