Libro terzo - Capitolo 60
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17 settembre 2008
75%
letteratura
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<dc:creator opt:role="aut">Giovanni Boccaccio</dc:creator>
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Filocolo - Libro terzo - Capitolo 60 Giovanni Boccaccio1336
Libro terzo - Capitolo 60
Levossi lo iniquo re alla venuta del figliuolo, e fattoglisi incontro, lui teneramente abbracciò e baciò, dicendo: - Caro figliuolo, assai mi sarebbe stato caro che ad altra festa la tua tornata fosse stata, o almeno più sollicita, acciò che licito ti fosse stato di avere veduta la vita in colei, la cui morte ora con pazienza ti conviene sostenere; e però sì come savio, con forte animo ascolta le mie parole. E siati manifesto che la bellissima Biancifiore è stata chiamata al glorioso regno, là ove le sante opere sono guiderdonate. E in quello Giove e gli altri beati della sua andata si rallegrano, i quali, invidiosi forse di tanto bene quanto noi per la sua presenza sentivamo, l’hanno a loro fatta salire. E ben che ella lietamente viva ne’ nuovi secoli, a noi gravissima noia ne’ cuori di tale partita è rimasa, però che infinito amore le portavamo, sì per la virtù e per la piacevolezza di lei, e sì per l’amore che sentivamo che tu le portavi. Ma però che nuova cosa né inusitata è stata la sua partita, ma cosa la quale ogni giorno avvenire veggiamo, e a noi similmente con forte animo aspettare la conviene sanza speranza di poterla fuggire, ci conviene con pazienza tale accidente sostenere, e prendere conforto: però che sapere dobbiamo che per greve doglia da noi sostenuta non sarebbe a noi renduta la cara giovane. Adunque, caro figliuolo, confortati, ché se gl’iddii ci hanno costei tolta, elli non ci hanno levato il poterne una più bella cercare e averla. Noi te ne troveremo una la quale più bella e di reale prosapia discesa sarà, e a te in luogo di Biancifiore per cara sposa la congiungeremo. Certo ella nella sua vita, affannata da mortale infermità e già presso al suo passare, ebbe tanta memoria di te, che, chiamati me e la tua madre, con lagrime sopra le nostre anime puose che noi con ogni sollecitudine ti dovessimo del suo trapassare rendere conforto, e pregarti che per quello amore che tra te e lei era nella presente vita stato, che tu ti dovessi confortare, e niente ti dolessi, però che ella si vedea grazioso luogo apparecchiato ne’ beati regni, ne’ quali essendo, se le tue lagrime sentisse, molto la sua beatitudine mancheresti. E questo detto, con pietoso viso, e col tuo nome in bocca, rendé l’anima agl’immortali iddii: e però noi così te ne preghiamo, e per parte di lei e per la nostra. Ella ha lasciati i mondani affanni; non le volere porgere nuova pena, ché doppiamente offende chi contra coloro opera, che dopo la loro morte sono beatificati. Confortati, e della sua morte inanzi gioia che tristizia prendi, imaginando che ella in cielo, ove ora dimora, di te e dell’amore, che mentre fu di qua ti portò, si ricorderà, per merito del quale ragionando con gl’iddii delle tue virtù, li farà verso te benivoli: la qual cosa sanza grandissimo bene di te non potrà essere -.