Filocolo/Libro terzo/63

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Libro terzo - Capitolo 63

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Nel qual tempio entrati, la reina mostrò a Florio la sepoltura nuova, e disse: - Qui giace la tua Biancifiore -. La quale come Florio la vide, e le non vere lettere ebbe lette, incontanente perduto ogni sentimento, quivi tra le braccia della madre cadde, e in quelle semivivo per lungo spazio dimorò. Quivi corsa quasi tutta la città, di doppio dolore compunti, faceano sì gran pianto e sì gran romore, che se Giove allora gli spaventatori de’ Giganti avesse mandati, non si sariano uditi. Ciascuno era tutto stracciato e di lugubri veste vestito, e gli uomini e le donne, e alcuni, ma quasi tutti, credeano Florio morto giacere nelle braccia della reina: per la qual cosa il piangere Biancifiore aveano lasciato, e tutti Florio miseramente piangeano. Ma poi che Florio fu per lungo spazio così dimorato, il cuore rallargò le sue forze, e ritornate tutte per gli smarriti membri, Florio si dirizzò in piè, e cominciò a piagnere fortissimamente, e a gridare e a dire: - Oimè, anima trista, ove se’ tu tornata? Tu ti cominciavi già a rallegrare, parendoti essere da me disciolta e cercare nuovi regni. Oimè, perché hai tu tornato il diletto che tu sentivi, parendoti che io fossi morto, in grieve noia, rendendomi la vita? Ora di nuovo sento i dolori che la trista memoria aveva messi in oblio, mentre che tu in forse fuori di me dimorasti -. E appresso questo gittatosi sopra la nuova sepoltura, incominciò a dire: - O bellissima Biancifiore, ove se’ tu? Quali parti cerca ora la tua bella anima? Deh, tu solevi già con lo splendore del tuo bel viso tutto il nostro palagio di dilettevole luce fare chiaro: come ora in picciolo luogo, tra freddi marmi, se’ costretta di patire noiosa oscurità! Misera la mia vita, che tanto sanza te dura! O dilicati marmi, cui mi celate voi? Perché colei che più che altro piacque agli occhi miei mi nascondete? Voi forse insieme col mio nimico padre, invidiosi de’ miei beni, mi celate quello che io più mi dilettai di vedere, servando la natura d’Agliauro, con voi insieme d’una qualità tornata. Ma se gl’iddii ancora vi concedano d’esser lieti ornamenti de’ loro altari, apritevi, e concedete che io vegga quel viso che già assai fiate, vedendolo, mi consolò; il quale io vedutolo, possa contento prendere spontanea morte. Sostenete che gli occhi miei nel picciolo termine della vita loro serbata abbiano questa sola consolazione, poi che licito non fu loro, anzi ch’ella mutasse vita, rivederla. O inanimato corpo, come non t’è egli possibile una sola volta richiamare la partita anima, e levarti a rivedermi? Io l’ho dalla passata sera in qua richiamata in me tante volte: richiamala tu una sola, e solamente la tieni tanto che tu mi possi morendo vedere seguirti. Oimè, Biancifiore, quale doloroso caso mi t’ha tolta? Deh, rispondimi, non ti odi tu nominare al tuo Florio? Deh, qual nuova durezza è ora in te, che ’l mio nome che ti solea cotanto piacere non è da te ascoltato, né alle mie voci risposto? Come ha potuto la morte tanto adoperare che il vero e lungo amore tra noi stato si sia in poco di tempo partito? Oimè, giorno maledetto sii tu! Tu perderai insieme due amanti. O Biancifiore, io, misero, fui della tua morte cagione! Io, o misera Biancifiore, t’ho uccisa per la mia non dovuta partenza! Per ubidire al mio nemico ho io perduta te, dolcissima amica! Oimè, che troppo amore t’è stato cagione di morte! Io ti lasciai paurosa pecora intra li rapaci lupi. Ma, certo, amore mi conducerà a simigliante effetto, e come io ti sono stato cagione di morte, così mi credo ti sarò compagno. Io solo ti potea dare salute, la quale omai da te avere non posso. Gl’iddii e la fortuna e ’l mio padre e la morte hanno avuta invidia a’ nostri amori. Io, o morte perfidissima, s’io credessi che mi giovasse, il tuo aiuto dimanderei con benigna voce. Certo tu se’ stata in parte che essere dovresti pietosa e ascoltare i miseri; ma però che i miseri e quelli che più ti chiamano sono più da te rifiutati, io con aspra mano ti costrignerò di farti venire a me -. E posta la destra mano sopra l’aguto coltello, incominciò a dire: - O Biancifiore, leva su, guatami: apri gli occhi avanti ch’io muoia, e prendi di me quella consolazione che io di te avere non potei. Io ti farò fida compagnia. Io per seguirti userò l’uficio della dolente Tisbe, avvegna che ella più felicemente l’usasse ch’io non farò, in quanto ella fu dal suo amante veduta. Ma io non farò così. Io vengo: riceva la tua anima la mia graziosamente, e quello amore che tra noi nel mortale mondo è stato, sia nell’etterno -. Questo detto, si levò di sopra la sepoltura, la quale delle sue lagrime tutta era bagnata, e tratto fuori l’aguto ferro, dicendo: - Il misero titolo della tua sepoltura, o Biancifiore, sarà accompagnato di quello del tuo Florio -, si volle ferire con esso nello angoscioso petto. Ma la dolente madre con fortissimo grido, preso il giovane braccio, disse: - Non fare Florio, non fare, tempera la tua ira, né non voler morire per colei che ancora vive -. Il romore si levò grandissimo nel tempio, e ’l pianto e le grida non lasciavano udire niuna cosa. Ma poi che Florio da molti fu preso, e trattogli della crudele mano l’aguto coltello egli piangendo disse: - Perché non mi lasciate morire poi che la cagione m’avete porta? Questa morte potrà indugiarsi alquanto ma non fallire. Consentite innanzi ch’io muoia ora, ch’io viva con più dolore infino a quel termine che, sanza essere tenuto, mi fia licito d’uccidermi -. - O caro figliuolo, perché il tuo padre e me, e tutto il nostro regno tanto vuoi far miseri? Confortati, che la tua Biancifiore vive -. A cui Florio rivolto disse: - Le vostre parole non mi inganneranno più; con niuna falsità più potrete la mia vita prolungare -. - Certo - disse la reina - ciò che della sua morte abbiamo parlato, sanza dubbio è stato falsamente detto: ma al presente noi non ti mentiamo -. - E come poss’io credere - disse Florio - che voi ora diciate il vero, se per adietro siete usati di mentire? -. Disse la reina: - Di ciò veramente ci puoi al presente credere; e se ciò forse credere non volessi, i tuoi occhi te ne possono rendere testimonianza, che questa che qui giace è un’altra giovane, e non Biancifiore -. - E come può questo essere - disse Florio - che tutta Marmorina piange la morte sua, e ciascheduno rende testimonio d’averla veduta mettere in questo luogo? -. - Di ciò non mi maraviglio io - disse la reina - che certo quelli che qui la misero credono che ella sia. Ma noi per darti questo a credere, acciò che tu la dimenticassi, demmo la voce che morta era Biancifiore, e una giovane morta in quell’ora che tal voce demmo, tratta della sua sepoltura occultamente, ornata de’ vestimenti di Biancifiore, qui a sepellire la mandammo: e che questa sia un’altra, com’io ti dico, tu il puoi vedere -. E fatta aprire la sepoltura, a tutti si manifestò che questa non era Biancifiore, ma un’altra giovane. - Adunque - disse Florio - Biancifiore dove è -. - Ella non è qui al presente - disse la reina; - ov’ella sia, andianne al nostro palagio: io tel dirò -. - Certo, io dubito ancora de’ vostri inganni - disse Florio; - voi avete in alcuno altro luogo sotterrata la giovane, e ora col darmi ad intendere che viva sia, e che in altra parte mandata l’avete, volete la mia vita prolungare: ma ciò niente è a pensare -. - Fermamente - disse la reina - Biancifiore è viva. Partiamci di qui, che tutto ti dirò nel nostro palagio come la cosa è andata sanza parola mentirti -.