Galateo ovvero de' costumi/XXVII

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Capitolo XXVII

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Cap. XXVII. Che le cose, che spiacciono a’ sensi ed all’appetito, spiacciono ancora all’intellelto: per qual cagione non ostante si sia di quelle separatamente parlato di sopra.

144. Convienti adunque guardare eziandio da queste disordinate e sconvenevoli maniere: con pari studio, anzi con maggiore che da quelle delle quali io t’ho fin qui detto; perciocchè egli è più malagevole a conoscer quando altri erra in queste, che quando si erra in quelle; conciossiachè più agevole cosa si veggia essere il sentire che lo ’ntendere: ma nondimeno può bene spesso avvenire, che quello che spiace a’ sensi, spiaccia eziandio allo ’ntelletto; ma non per la medesima cagione, come io ti dissi di sopra mostrandoti che l’uomo si deve vestire alla usanza che si vestono gli altri, acciocchè non mostri di riprendergli e di correggerli, la qual cosa è di noia allo appetito della più gente, che ama di esser lodata; ma ella dispiace eziandio al giudicio degli uomini intendenti; perciocchè i panni, che sono d’un altro millesimo, non si accordano con la persona che è pur di questo.

145. E similmente sono spiacevoli coloro che si vestono al rigattiere; che mostra che il farsetto si voglia azzuffar co’ calzari; sì male gli stanno i panni indosso. Sicchè molte di quelle cose che si sono dette di sopra, e per [p. 92 modifica]avventura tutte dirittamente si possono qui replicare: conciossiacosachè in quelle non si sia questa misura servata, della quale noi al presente favelliamo, nè recato in uno, e accordato insieme il tempo e ’l luogo e l’opera e la persona, come si convenia di fare; perciocchè la mente degli uomini lo aggradisce, e prendene piacere e diletto: ma holle volute piuttosto accozzare e divisare sotto quella quasi insegna de’ sensi e dello appetito, che assegnarle allo ’ntelletto, acciocchè ciascuno le possa riconoscere più agevolmente; conciossiachè il sentire e l’appetire sia cosa agevole a fare a ciascuno; ma intendere non possa così generalmente ognuno, e maggiormente questo, che noi chiamiamo bellezza e leggiadria, o avvenentezza.