Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 3/Il marito della prima donna

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Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 3

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N. 3 N. 3 - Osservazioni alla Maria Padilla, Opera del maestro Donizetti
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COSTUMI MUSICALI

Il marito della prima donna.


Q
uando Goldoni scriveva il suo

Impresario delle Smirne e Sograli le sue Convenienze teatrali erano, l’uno e l’altro, lontani le cento miglia dal prevedere che sarebber venute, col volgere di pochi lustri, le prime donne cantanti da mille franchi per recita! e, celibatarj ostinati come erano, non potevano al certo formarsi una giusta idea d’un marito di prima donna nell’anno di salute e di grazia 1842. Questo marito è tutto, in fatti, del secolo in cui, fra le tante altre scoperte, si è fatta pur quella della superiorità della donna sull’uomo; esso giova a provare che il tema prediletto di Giorgio Sand non è un paradosso, e che i romanzi di questo illustre pseudonimo sono stati fatti a posteriori. E non crediate già, Lettori indulgenti, che il marito della prima donna cantante sia un tipo uniforme; oibò, esso può avere tutte le buone qualità o distinguersi per la mancanza di tutte, incominciando dalla migliore e terminando colla peggiore. Gli è anche permesso di appartenere a tutti gli stati. Però, in qualsiasi posizione voi lo vediate oppure lo imaginiate, s’egli è il marito di una vera cantante, è suo destino d’essere, per così dire, assorto da lei. Ad ogni modo, se la natura capricciosa di coteste regine del canto ammette la varietà illimitata delle professioni, in fatto di mariti, è d’uopo riconoscere al tempo stesso che la parte maggiore di questi uomini eletti è artista, o lo fu, o per lo meno sentì una specie di velleità di diventarlo. Si conoscon persino non pochi artisti, dotati di molto ingegno, i quali hanno acconsentito, dividendo la sorte loro con quella di una cantante, a perdere e il loro nome, che divenne quello della lor moglie, e la loro celebrità oscurata dalla gloria della radiante loro compagna. Converrete, lettori, essere questa una commovente annegazione, un nobile sacrificio che una prima donna non potrebbe degnamente rimeritare. Se non che, le cantanti di primo ordine non contraggono sempre sì dolci obbligazioni; e nella stessa guisa che la storia antica ci presenta alcuni grandi i quali si son maritati con semplici pastorelle, così la moderna ci offre parecchie cantanti di grido, diventate mogli di artisti mediocri, viziosi. e così via. Allorché la prima donna cantante ha sposato un uomo, qualunque ei sia, bisogna sapere innanzi tutto che cosa si debba farne. Chi dice grande cantante, cantante di gran cartello, dice una gloria ambulante, una specie di cometa splendente e vagante che sparge la sua luce, se non sopra tutti i secoli, per lo meno su tutti i popoli. Il marito deve per conseguenza poterla seguire in tutto l’universo dei teatri. Se egli è artista di canto. come accade frequentemente, le sue scritture passano di diritto insieme con quelle della sua sposa; sia egli compositore, accompagnatore, ripetitore, suggeritore, cantante o suonatore, è mestieri che il doppio contratto abbia effetto, e a patti assai vantaggiosi per la coppia melodiosa, assai duri talvolta pel povero impresario. Accade spesso che si conceda al marito una scrittura sotto condizione che non abbia a portar pesi, ma soltanto a goder beneficj; e il singolare si è, che la parte pagante è quella appunto che riserva a sé stessa il diritto di privarsi dei servigi di codesto ausiliare pagato a macca. Parecchi mariti di prime donne si trovano per tal guisa ridotti ad una perfetta neutralità, e sono, come si dice nel linguaggio dei mercati, come tara che l’impresario è obbligato pagare a peso, non a valore. In generale, questo marito consente a godere per qualche tempo della propria nullità si bizzarramente ricompensata, finché capita il giorno in cui gli viene in uggia siffatta inazione. Se è vano, leggero, piglia allora il suo contratto in sul serio, e lo sfortunato impresario è, suo malgrado, costretto a lasciarlo esordire e fischiare, od a farlo fischiare egli stesso affinché la cosa finisca più presto che sia possibile. Quando il malaccorto marito è stato fischiato, e in modo tale da non poter più presentarsi sopra le scene, esso rassegnasi, ma non rinunzia per questo a’ suoi quartali, disposto a vantaggiar quanto può il suo ozio sforzato. Obbligato ad amministrare i beni comuni colla moglie, egli cerca ogni mezzo di rendersi esperto negli affari: litiga sulle clausole della scrittura di sua moglie e della propria, e in ogni città novella diviene il flagello dell’impresario, del direttore, e l’amico di qualche faccendiere forense. È desso che provoca mille controversie, tutte, più o meno, di mala fede; e se il loro risultamento è intieramente a suo scapito, allora si dà al traffico ed alle speculazioni; si pone alle costole degli estensori di giornali coi quali cerca del continuo di deprimere il merito delle rivali di sua moglie; accarezza gli schiamazzatori delle prime file, lusinga gli ammiratori esaltati e dirige non solo le abusate ovazioni delle corone e dei mazzi di fiori, ma persino le esclamazioni involontarie dei dilettanti. Infine, quando vi si può arrischiare con destrezza e al sicuro del secreto, ei fa zittire o fischiare le così dette giovani debuttanti il cui ingegno nascente annunzia una concorrenza che mette lo spavento nella sua associazione conjugale. Il colmo della felicità è da lui riposto nel trovare una cabala, composta per intiero di ammiratori e talvolta anche di adoratori di sua moglie, ch’egli coltiva e conserva insieme legata colle più lusinghiere sollecitudini. Quando la prima donna, rinunziando alla vita sedentaria, si mette a viaggiare, il marito, poco prima intendente della sua gloria, cassiere dei trilli e delle volate di lei, diventa a un tratto il maggiordomo di questo grande ingegno, e il corriere della sua rinomanza. Egli comanda ai mastri di posta, grida coi postiglioni, chiede negli alberghi gli appartamenti più caldi e i meglio difesi per la celebre ....; combina i posti secondo le prescrizioni prudenti dei medici teatrali i più acclamati, ed usa insomma le migliori precauzioni possibili a trasportare da un luogo all’altro la preziosa sua metà senza ch’ ella ne soffra nella salute. Però, viene il tempo in cui deve aver fine questa serie di trionfi e di felicità, in cui si deve troncare questa vita di capricciosa dominazione, questa tirannìa cosmopolitica. Gli dei se ne vanno, e con essi anche, le dee: i numi del canto si rinovellano con maggior frequenza degli altri. Arriva il giorno in cui la voce della cantante cala e le fioriture escono fuori con una leggerezza men facile. Non si vuol crederlo dapprincipio; ma passano i giorni, passano i mesi, e danno i medesimi avvertimenti. Il pubblico, il pubblico ingrato parla ancora più chiaramente del tempo distruttore; esso si è fatto indifferente, e l’entusiasmo si mostra a rari intervalli. La povera prima donna prova minor pena a confessare una grinza, di quello che il marito di lei a riconoscer l’arrivo di una fase tanto funesta nella sua esistenza. E frattanto, a proposito di sua moglie, egli incomincia ad udir parlare in tutti i luoghi di talento maturo, di lunghi servizj ... e della possibilità di ritirarsi. Bisogna ch’ei ci si rassegni. Non si tratta ormai più che di saper adattarvisi con calma e senza lamenti. Un bel giorno, il marito suscita accortamente col direttore del teatro una disputa, accettata dalla parte contraria con inusata premura. La scrittura della virtuosa e quella [p. 10 modifica]del marito importante sono alla fin lacerate; e questi dichiara fieramente alla porta del teatro, che sua moglie, non potendo più sopportare delle insolenze, ritirasi dalla scena e che l’universo si accomoderà quind’innanzi come potrà meglio.

La cantante non è più cantante; tutt’al più ella può promettere a sé medesima di farsi ammirare ancora dai curiosi in qualche pia beneficiata. Finché giungano intanto questi rari momenti d'illusione, è pur duopo far qualche cosa, diventar possidenti, farsi inscrivere nelle tavole censuarie, dar capitali a mutuo. Il marito della prima donna è creato allora d'un colpo, non solo marito di ricca proprietaria di beni, ma proprietario egli stesso. Siffatto istante, ch'esso ha temuto tanto, gli procaccia un’esistenza ed una considerazione indipendenti da quelle di sua moglie. Egli abbandonasi allora esclusivamente alla felicità di dire e di ripetere: la mia casa in contrada tale, i miei capitali, i miei beni, ecc. Nella sua casa, in mezzo alle sue ricchezze e a’ suoi beni, egli però si tien sulle spine, ed ama le società, i bigliardi pubblici, le botteghe da caffè, dove tuona, esclama, si pavoneggia da mattina a sera, narrando a chi va ed a chi viene i trionfi europei di sua moglie.