<dc:title> Gazzetta Musicale di Milano, 1843 </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Autori vari</dc:creator><dc:date>1843</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._27&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20220110181734</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._27&oldid=-20220110181734
Gazzetta Musicale di Milano, 1843 - N. 27 - 2 luglio 1843 Autori variGazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu
[p. 111modifica]- 6AZZETTA
MUSICALE
ANNO II.
N. 27.
DOMENICA
2 Luglio 1843.
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso deH’anno si
danno ai signori Associati dodici pezzi di sedia musica
classica antica c moderna, destinati a comporre un volume’
in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale
apposito elegante frontespizio figurato
TOLOGIA CLASSICA J1U8ICALK.
intitolerà i
DI MILANO
La musique-par des inflexions vives, accentuées, et,
• pour ainsi dire. parlantes, exprime toutes les pas•
sions. peint-tous les tableaux, rend tous les objets.» soumet la nature entière à ses sarantes imitations.» et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen•
timents propres à l’émouvoir.»
J. J. Hocssexu.
Il prezzo dcH’associazionc alla Gazzetta c»Vdittologia
classica musicale è dicITcit. Aust. L. 12 per semestre,
cd cITetl. Aust. I,. 14 affrancata di porlo fino ai coiilinidella
Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale.
— La spedizione, dei pezzi di musica viene fatta
mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti
dello Studio Ricordi, nel modo indicalo nel Manifesto.
Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio
della Gazzetta in casa Ricordi, contraila degli Omcnotii
N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti
di musica c presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi,
ce. vorranno essere mandati franchi di porlo.
AI SIGNORI ASSOCIATI
Col presente numero della nostra Gazzella
Musicale. si chiudono le pubblicazioni
del primo semestre. I signori Associati
sono pertanto pregali a voler far
entrare l’importo della loro sottoscrizione
pel semestre secondo, col quale verrà compita
lannata in corso. - Coloro i quali
non daranno avviso in contrario enti o il
luglio vorranno ritenersi come iscritti a
tutto il -Ì845.
Col prossimo foglio si darà il pezzo
N. (i dell Antologia Musicale, e sarà Fantasia
Op. 18 di Ifummel. Unitamente, o
al più tardi nel foglio susseguente si darà
anche una Biografia dello stesso Hummel.
dello stato attuale della musica,ecc. - II. Lbttf.ra
dkl sto. FP.tis stille orchestre d’Italia. - III. Critica
Mklodhamjiatica, Il Conte di Lavagna, ecc.
- IV. 1 Fanciulli Viakksi al Teatro Re. - V. Cartrgoio.
- VI. Ankddoti Musicali. - VII. Norme. Musicali
Divkrsb.-Vili. Dizionario Musical*Critico- Umoristico.
- IX Nuovk Pubblicazioni Musicali.
ESAME
DUCILO STATO ATTUATE
MUSICA DRAMMATICA MALIA
(Pedi il IT. 19)
| uando si vuole raffrontare la
’musica di Rossini col tipo ideale
ideila perfezione drammatica
^conviene rammentare quanto ai.suoi giorni degenerato avesse,
non la sola arte del canto, ma la lirica poesia,
decaduta affatto da quello splendore a cui
l’avevano recata Apostolo ZenoeMetastasio.
I poeti vi avevano contribuito volendo seguire
troppo servilmente le traccie segnate
dal sommo romano senza studiare come
questi aveva fatto la musica per tener dietro
al progresso di questa e favorirlo. Vi
avevano contribuito i maestri, i quali arrogandosi
di far primeggiare la musica sulla
poesia, e non volendo darsi troppa briga
di adattare le- forme musicali alle forme
poetiche, pretendevano dettare ai poeti
troppo severe ed arbitrarie leggi. A questi
si erano aggiunti i cantanti e col corredo
dei più ridicoli pettegolezzi figli dell’ignoranza
volendo prescrivere luogo, forma, e
numero dei pezzi cantabili, e avendosi
adottalo un frasario proprio, e movendo
guerra a tre almeno delle cinque vocali,
avevano allontanato totalmente dalla poesia
melodrammatica i buoni ingegni, e ridottala
ad essere trattala solo dai più vili
ed inetti poetimi, la di cui non esperta
musa in tanta difficoltà vieppiù s’inceppava
(1).
Avendo pertanto trovate in tale statole
arti compagne, Rossini dovette trattare la
propria siccome arte principale, servendosi
per lo più del dramma come di pretesto, e
supplendo del proprio a quanto mancava
nella poesia. Del che molto deve lodarsi,
avendo il suo ingegno sostenuto con tal
mezzo l’arte melodrammatica italiana, e datole
anzi un novello splendore.
Nè, certamente, alcun altro può stargli
a paro nel vanto di aver saputo trarre dalla
propria fantasia mirabili bellezze musicali,
ove appunto la poesia era meno atla ad
ispirarlo. La qual cosa però, aggiungendosi
a quel suo genio intollerante di freno, venne
avvezzandolo a comporre colla libertà del
maestro istromenlista, e a farlo cadere alcune
volte in controsensi, i quali lo fecero
segno a censure bene spesso dall’invidia
esagerate (2).
f.ie diverse maniere che nella musica di
Rossini si sono ravvisate sono anch’esse
una conseguenza di questa libertà, della
quale usando trasfuse] sè stesso nelle sue
opere, con maggiore schiettezza di qualunque
altro compositore. Quindi, superata
ben tostq quella timidezza naturale a chi,
adolescente ancora, segna i primi passi
nella carriera del gran mondo, la sua musica
porta il carattere di un’età piena, traboccante
di vita, briosa, spensierata, a cui
tutto sorride; di un’età nella quale il dolore
passa come nube che un lieve aleggiare
di zeffiro disperde. Egli perciò trovavasi
allora meglio collocato nel dramma
giocoso che non nel serio, nel quale mancava
spesso di quella grandiosità tanto necessaria
a produrre impressioni profonde
e durevoli. In quella prima età il desiderio
di piacere era forse il solo che animava
il genio di Rossini; desiderio il quale convertissi
ben tosto in ambizione di dominare,
che si manifesta nella pompa sfarzosa
(1) V. Pananti. Il Poeta da teatro.
(2) Ci sovviene a questo proposito di aver udito un
maestro di non oscuro nome censurare Rossini altamente
per aver posto alle parole Di tanti palpili una
musica che non esprime ni palpili, nè pene. Fu inutile
fargli osservare, clic le parole spieganti l’affetto
erano spero mercè, le quali significavano una speranza
vicinissima a compiersi.
di ogni sorta di adornamenti clic caratterizza
la seconda maniera.
Egli applicossi allora più esclusivamente
al serio, e vi assunse forme più nobili e
grandiose, ma in pari tempo si valse soverchiamente
dell’agilità de’ suoi cantanti,
e ’adornò le melodie di troppo minuti frastagli
e tritumi, nocevoli per lo più alla
grandezza del genere. E questo errore mostrò
riconoscere egli medesimo assumendo
uno stile largo e semplice, cpperciò più
dignitoso, quando volle erigere a sè stesso
un monumento capace di attestare al mondo
la grandezza del suo genio, scrivendo il
Guglielmo Teli e il Nuovo Mosè.
Non è mestieri che noi parliamo del magico
potere della musica di Rossini. L’entusiasmo
che essa destò nel mondo civilizzato,
e la freschezza di cui risplende ancora
a fronte delle migliori opere recenti,
forma a lui un serto di gloria clic per lungo
tempo gli sarà invidiato. E una musica
piena di vita, che trascina senza violenza,
che s’intende senza stento, che s’imprime
nella memoria e tiene desta l’attenzione
senza affaticarla. Il ritmo svariato e vivace;
la perfetta euritmia; là modulazione elegante
e spesso ardita, ma non mai contorta;
la flessibilità e la grazia spontanea
della sempre dominante melodia sono pregi
eminenti e caratteristici di quelle ammirabili
creazioni. Tuttavia si potrebbe desiderare
maggior varietà di forme, e verità
di caratteri; si potrebbe desiderare
Oh si! molte cose; ma la maggiore di tutte
sarebbe che egli non avesse abbandonalo
intieramente il teatro e volesse vendicarsi
de’ suoi censori con qualche nuova opera
degna del suo nome e del suo genio.
Mentre Rossini signoreggiava la scena
melodrammatica italiana, va rii altri si provarono
nel, diflicile aringo, ma quasi tutti
ebbero avversa fortuna se l’orme del Pesarese
non battevano e il suo stile non
imitavano sebbene valentissimi; avvegnaché
il pubblico italiano, invaso fino al fanatismo
di quella musica, ogni produzione
di lui a furore applaudiva, e chiunque dal
suo stile osasse tenersi lontano freddamente
accoglieva. Fra i maestri italiani e stranieri
che ebbero allora fortunato incontro
senza vestirsi alla rossiniana foggia, i più
notevoli sono Soliva, Morlacchi, Nicolini,
Stunz, Vinter, Coccia e Meyerbeer; ma
nessuno ebbe un’influenza sensibile sul
gusto del pubblico. Sovrattuiti felicissimo l*
fu l’esordire di Mercadante coll’Elisa e n
Claudio per l’opportuno innesto ch’ei seppe V
fare dello stile antico col rossiniano. L ar- &
gomento misto di comico e di serio. di (fj [p. 112modifica]- -H2 )
vivace e di patetico, fu per lui opportuj
riissimo, ed egli, vestendolo-di una musica, espressiva, e sommamente adatta alle ’dij
verse situazioni e al carattere de’ personaggi,
dimostrossi fin d’allora provetto maestro,
potente ingegno. La melodia chiara
e non -sovvc^chianiente adorna, fis’romentazione
significante e non troppo caricala,
il buon accordo delle parti col tutto collocarono
Mercadante in grado onorevolissimo,
e Io spartito fra i più pregiati del
teatro italiano.
Da quel tempo applicatosi Mercadante,
quasi esclusivamente al serio, produsse bensì
lodeyolissime opere} ma ossia che il pubblico
fosse divenuto troppo esigente a suo
riguardo’, o egli stesso alquanto negligente,
certo non appagò più cosi intieramente se
non se nella grandiósa opera I Normanni
in Parigi. Della nuova maniera alla quale
appigliossi in seguito parleremo più tardi:
ora l’ordine ci chiama a dire di Bellini,
intorno al quale essendosi discorso a lungo
nelle pagine di-questo giornale dal chiarissimo
sig. Vitali, e avendo noi stessi citate
molte sue produzioni, siccome modelli
di squisite bellezze, ci limiteremo ad
alcune brevi osservazioni.
Sottoscrivendo alle giuste lodi tributate
dal pubblico e dai giornali a questo interprete
per eócellenza dell’uman cuore,
non possiamo a meno di notare alcune
conseguenze non del tutto vantaggiose al
progresso dell’arte prodotte dalla suà musica,
o per dir meglio, dalla cattiva interpretazione
della medesima.
Bellini non era, dotato di fervida e pronta
immaginazione, ùon aveva neppure acquistalo
dall’educazione ^musicale quel franco
maneggio dell’arte che rende facile ed elegante
l’istrumentazione, facendone accorgere
gli effetti (■*) e, dà il nervo ai pezzi
d’insieme^ ma per compenso aveva un
lino sentire che lo fece accorto della nuova
direzione a cui andava volgendosi il gusto
comune.
L’indole sua, la sua fisica costituzione
a ciò lo spingevano e fu sua ventura che un
poeta degno di tal nome, non isdegnando
la scena lirica da tanto tempo tenuta a
vile, a lui si associasse studiando di uniformarsi
alle musicali esigenze. Bellini e
Romani formarono tal coppia che da lungo
tempo -non era stata l’eguale, e collegandosi
a loro una mano di artisti cantanti
di merito non comune, si poterono tentare
alcune utili novazioni. Senza scostarsi granfatto
dalle forme rossiniane alle quali erano
avvezzi gli Italiani, Bellini incominciò coll’attenersi
di preferenza al canto spianato,
restringendo 1 uso dei pezzi di bravura, e
adoperandoli solo ove potevano concorrere
all’espressione, o quanto poteva bastare
ad appagare l’ambizione dei cantanti:
quindi separò meglio il canto ideale dal
canto declamato. Tale separazione rendendo
più pronunciato l’uno e l’altro genere
fu ben accolta, perchè conforme al
gusto comune e perchè recava con sè
un’aria di novità. Operò infatti uff canili)
Tutti sanno quanto tempo impiegasse Bellini a
compiere un’.opcra, e con quanto stento egli giungesse
ad ottenere l’effetto voluto daH’istrumentazione.
Ciò può essere incontentabilità prodotta da squisito
scrìtiro, ma più probabilmente nasceva in lui dal non
conecpirc chiaramente coll’immaginazione l’effetto dell’orchestra,
c non accorgere i mezzi più opportuni ad
ottenerlo.
Pur troppo l’istrumentazione non ò abbastanza studiata
in Italia, cd ò perdio clic o si spreca inutilmente
l’orchestra; o si eccede in forza puramente materiale
ioti l’abuso di tutti i mezzi.
biamento notevole nel canto drammatico,
e ciò sarebbe stato più utile che non fu se
a questi tempi non fosse tanto decaduta
l’arte del canto, per l’ignoranza sempre
crescente dei cantanti. L’ideale purissimo
di Bellini, espansione del più squisito sentimento,
richiedendo una finitezza di esecuzione
ed una sicurezza e pieghevolezza
di voce, alla quale forse il solo Rubini era
pervenuto, non potè essere interpretato
colla dovuta esattezza che da Rubini. Epperò
invece di eccitare l’emulazione negli
altri cantanti ed‘ animarli allo studio, la
difficoltà di quel genere li disperò affatto,
e li determinò a prescegliere il canto declamato,
in apparenza più facile ed egualmente
ben accetto, e nel quale si erano
distinti artisti di altissima fama. Bellini
mutò faccia specialmente alle cadenze ad
libitum, e siccome i maestri che scrissero
dòpo di lui, seguirono in questo le sue
traccie ( noi Italiani siamo troppo sovente
imitatori), cosi, in poco tempo il nostro
canto drammatico subì una quasi totale
mutazione. La manìa della declamazione
divenne generale, e superò quella che prima
dominava di far pompa di agilità. Nè altrimenti
doveva accadere, avvegnaché se
dal gareggiare coi trilli, collè volate, colle
scale cromatiche ecc., molti anche fra i
buoni si trovavano naturalmente impediti,
non così fu nel nuovo stile. Gridare dimenando
i lombi, contorcendosi, smaniandosi
è facilissimo a tutti} persino a quei freddi
automi che nulla sentono così come nulla
intendono} e il pubblico che dal più al
meno è sempre un po’ superficiale, prendendo
per oro pretto l’orpello dell’affettazione,
fomenta l’esagerazione coll’applauso.
Nè queste sono esagerazioni, o fatti
solo osservabili nei teatri di provincia, ove è
gran ventura se si hanno artisti mediocri,
la qual cosa sarebbe già gran male essendo
quei teatri i più numerosi. Questi
fatti si verificano nei teatri primarii, in
quelli i quali per ogni titolo dovrebbero
essere modelli di perfezione.
Non è però da ascriversi tutto il male avvenuto
ad una sola causa: molte circostanze
concorsero a produrre un effetto,
e prima di tutte fu. l’uso di rappresentare
passioni quasi sempre eccessive e richiedenti
dalla musica un colorilo assai forte}
secondo l’ingrossarsi continuo delle orchestre,
le quali vennero sempre più impinguandosi
di stromenti clamorosi, e quasi
non bastassero, vi si aggiunse ad ogni poco
il lusso della banda sul. palco. Tutto ciò
si congiunse a danno del canto e dei cantanti,
perchè si dovettero per l’una e l’altra
ragione spingere le voci agli estremi
acuti, affinchè non rimanessero soffocate,
e l’espressione riuscisse adeguata.
Ora una tal musica esigendo un continuo
sforzo dalla maggior parte terminò
coll’indurire le voci per modo, che ben
pochi cantanti possiamo ora vantare capaci
di eseguire con grazia e finezza, non pure
le opere dei grandi scrittori antichi, ma
quelle dello stesso Rossini non ancora invecchiato.
Il danno, lo ripetiamo, è comune all’arte,
ed agli artisti. All’arte-perchè dovendo
esprimere lutti gli affetti dell’umana vita,
e questi non dovendo essere tutti smaniosi,
furenti, disperati, ha duopo non della
sola forza, ma delle più sfumate graduazioni}
e sarà invano che il maestro compositore
avrà tentato di esprimere le più
care, le più soavi emozioni, se la voce cui
spetta di interpretarle è ribelle e inflessibile.
Agli artisti, perchè quel continuo
sforzo affatica Soverchiamente l’organo voca’Ie,
e li riduce in pochi anni stanchi,
sfiatati, nell’impossibilità di proseguire una
carriera incominciata, molte volte còlle più
belle speranze.
(Sarà continualo).
R. B.
LETTERA
DEL SIGNOR FÉTIS
SULLE ORCHESTRE D’ITALIA
Il popolo italiano reca i difetti medesimi
e le doti stesse in tutte le cose ch’ei
fa. Meno serio, meno meditativo del popolo
tedesco, egli, ben diversamente da
questo, non venera punto l’arte che coltiva
come fosse una religione, nè vi si
dedica con passivo culto. Abbenchè entusiasta,
e facile ad esaltarsi alle bellezze di
quest’arte, ei vi si dedica più per forza di
temperamento che non per convinzione.
Mutabile nelle sue impressioni, meglio dotalo
di sensibilità che. di logica, nelle sue
artistiche inclinazioni ei reca ben più dei
gusti che.non.delle opinioni; egli gode e
non giudica; insomma ei non si reputa
punto impegnato dal passato contro il presente, e di buon grado si fa a spezzare
la statua innalzata da lui ieri, per elevare
sul piedestallo quella cui concede oggi i
suoi incensi 0).
Mi sembra che queste considerazioni spieghino
abbastanza non solo le trasformazioni
della musica italiana, nia ed anche
l’instabilità dei gusti della nazione. Per
ultimo, penso ch’esse danno a comprendere
per qual ragione la scienza delParte ha sì
poco valore nel giudizio di questo popolo
tutto d’istinto,’e perchè avvenga che mentre
la sua educazione musicale viene affievolendosi
ogni dì più, esso conservi ancora
i tesori della ammirabile sua organizzazione.
Conformemente a quanto ebbi a dire
nell’ultima mia lettera, codesta organizzazione,
che sì agevole- rende agli italiani il
concepimento musicale, è notevole presso
i meno istruiti dilettanti, presso.gli artisti
meno valenti. Ma per questa stessa ragione
che pronta è la loro facoltà di concepimento
ed energico il loro sentire, ei vi si
abbandonano con piena fidanza, e mal sanno
persuadersi che la perfezione relativa non
in altro modo si ottiene se non colle cure
studiose e- coll’elaborazione. A cagion d’esempio
far delle prove è, per tutti i cantanti
e per tutte Torehestre d’Italia, l’ufficio
il più penoso, la più ripugnante fatica.
Per quanti sforzi adoperi il maestro
che li dirige, ei non otterrà mai di vincere
l’avversioùe ch’essi hanno a questo genere
d’esercizio, e l’idea di una esecuzione più
precisa non ha un’attrattiva sufficiente per
indurli a superarla.
Non è fatta veruna eccezione a queste
loro abitudini neppure nelle occasioni più
solenni, e questo lo dessumo dal fatto seguente.
Un festival musicale avendo avuto
(1) Dobbiamo confessare clic ci è riuscito un pochino
difficile il tradurre queste righe. del signor Fétis,
c ciò pel timore clic volendo dare ai concetli la
forma italiana avessero essi a perdere la rigorosa loro
significazione. Però ci siamo allentili a rendere poco
meno che lellcralmenlc il senso delle parole. Se questo
non c tale che possa gradire al tulio al lellorc
italiano, voglia.egli non darcene veruna responsabilità.
SEGUE IL SUPPLEMENTO